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Bancarotta per mancata compensazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20736/2024, ha stabilito che gli amministratori di una società, poi fallita, che pagano un debito a una società collegata (e in stato di decozione) senza avvalersi della compensazione legale con un controcredito, commettono il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. L’atto distrattivo non è l’omissione, ma il pagamento di un debito già estinto ‘ipso iure’, che sottrae liquidità alla garanzia dei creditori. La consapevolezza dello stato di difficoltà della società beneficiaria è un elemento chiave.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta per mancata compensazione: quando pagare un debito diventa reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20736/2024 affronta un tema cruciale per gli amministratori di società: la gestione dei rapporti di debito e credito con parti correlate, specialmente in contesti di crisi. Il caso esaminato chiarisce come la scelta di pagare un debito, ignorando la possibilità di estinguerlo tramite compensazione, possa configurare il grave reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Questa decisione sottolinea l’importanza di una gestione prudente e finalizzata alla tutela del patrimonio sociale, che funge da garanzia per i creditori. L’analisi della Corte offre un importante monito sulla bancarotta per mancata compensazione e sulle sue gravi conseguenze.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda gli amministratori di una società a responsabilità limitata, successivamente dichiarata fallita. Questi ultimi erano anche soci di un’altra società in nome collettivo, che si trovava in uno stato di difficoltà finanziaria (decozione). La società fallita aveva stipulato con la s.n.c. un contratto di affitto d’azienda e di locazione immobiliare, dai quali scaturivano dei canoni da pagare. Allo stesso tempo, la società fallita vantava dei crediti nei confronti della medesima s.n.c.
Nonostante la coesistenza di debiti e crediti reciproci, gli amministratori della s.r.l. hanno proceduto al pagamento dei canoni, senza eccepire la compensazione legale. Questa condotta, secondo l’accusa, ha causato la dissipazione di ingenti risorse finanziarie, sottraendole alla massa dei creditori della società poi fallita.

La Decisione della Corte di Cassazione

I ricorrenti avevano sostenuto che la loro condotta fosse, al più, una bancarotta preferenziale e non fraudolenta, e che mancassero i presupposti tecnici per la compensazione legale. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione.
La Corte ha chiarito che il fulcro del reato non risiede nella mera omissione di eccepire la compensazione, bensì nel conseguente atto positivo del pagamento. Pagare un debito che, per legge, si sarebbe dovuto considerare già estinto, equivale a sottrarre (distrarre) denaro liquido dal patrimonio della società a danno dei suoi creditori.

Le Motivazioni della Corte sulla bancarotta per mancata compensazione

Il ragionamento della Cassazione si articola su due punti fondamentali.
Il primo riguarda la natura della compensazione legale. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1241 c.c., quando due debiti coesistono e sono omogenei (entrambi in denaro), liquidi (determinati nel loro ammontare) ed esigibili, essi si estinguono ipso iure, cioè per effetto automatico della legge, dal giorno della loro coesistenza. Una eventuale sentenza del giudice ha solo valore dichiarativo di un effetto già avvenuto. Le argomentazioni dei ricorrenti sulla diversità di titolo o scadenze sono state ritenute irrilevanti di fronte alla comune natura pecuniaria e alla loro concreta esigibilità.
Il secondo punto, che è il cuore della decisione, collega questo meccanismo civilistico al diritto penale fallimentare. La Corte afferma che il reato di distrazione non è la condotta omissiva (il non aver eccepito la compensazione), ma la condotta attiva del pagamento. Effettuare un pagamento per un debito già estinto per legge è un atto privo di giustificazione economica, che realizza un’effettiva diminuzione del patrimonio sociale. Tale atto, compiuto con la consapevolezza di favorire una società collegata e in difficoltà finanziaria, integra pienamente la fattispecie della bancarotta per mancata compensazione, in quanto sottrae deliberatamente risorse alla garanzia patrimoniale dei creditori (art. 2740 c.c.).

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza invia un messaggio chiaro agli amministratori: la gestione dei flussi finanziari, soprattutto con parti correlate, deve essere improntata alla massima diligenza per la salvaguardia del patrimonio sociale. La scelta di non avvalersi di strumenti legali come la compensazione, se porta a un depauperamento della società a favore di un’altra entità collegata, non è una semplice scelta gestionale, ma può avere pesanti conseguenze penali. Ignorare un credito esigibile per pagare un debito, quando sussistono le condizioni per la compensazione, è una condotta ad altissimo rischio. Gli amministratori devono quindi valutare attentamente tutte le partite creditorie e debitorie, specialmente in contesti di crisi, per non incorrere nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Pagare un debito invece di compensarlo con un credito reciproco può essere considerato bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il pagamento di un debito che si sarebbe dovuto considerare estinto per effetto della compensazione legale integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché sottrae risorse liquide dal patrimonio destinato a garanzia dei creditori.

La compensazione tra debiti reciproci è automatica?
Sì, la compensazione legale opera ‘ipso iure’, cioè per effetto della legge stessa, dal momento in cui i due debiti coesistono e presentano i requisiti di omogeneità (es. entrambi in denaro), liquidità ed esigibilità. La parte deve solo dichiarare di volersene avvalere.

Qual è l’elemento che trasforma la mancata compensazione in un reato?
Non è l’omissione a costituire reato, ma l’atto positivo del pagamento che ne consegue. Pagare un debito già estinto per legge è considerato un’azione priva di causa economica che realizza la distrazione di fondi, soprattutto se effettuata con la consapevolezza di favorire una parte correlata in difficoltà finanziaria a danno dei creditori della propria società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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