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Bancarotta per distrazione e beni in comodato

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta per distrazione a carico di un’amministratrice che aveva trasferito l’intero compendio aziendale di una società, poi fallita, a un’altra entità da lei gestita. Il trasferimento era avvenuto tramite un contratto di comodato. La Corte ha stabilito che il reato di distrazione non riguarda solo i beni di proprietà, ma anche quelli nella piena disponibilità dell’impresa, la cui sottrazione senza corrispettivo impoverisce il patrimonio a danno dei creditori.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta per distrazione: la Cassazione chiarisce il concetto di ‘bene appartenente al fallito’

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9572/2025 affronta un tema cruciale in materia di reati fallimentari: la nozione di bancarotta per distrazione. Il caso esaminato offre lo spunto per chiarire che tale reato non si limita alla sottrazione di beni di proprietà dell’azienda, ma si estende a tutti quegli asset che, pur non essendo di proprietà, rientrano nella sua piena disponibilità e ne costituiscono il patrimonio operativo. La decisione sottolinea come anche la privazione del solo diritto di godimento su un bene, senza un’adeguata contropartita, integri una condotta penalmente rilevante.

I fatti del caso: la cessione di un’azienda in comodato

Il caso riguarda un’amministratrice, socia al 50% di una società (la ‘Società B’), condannata per aver contribuito a distrarre l’intero complesso aziendale di un’altra società (la ‘Società A’), poi dichiarata fallita. L’operazione era avvenuta tramite una scrittura privata con cui la ‘Società A’ concedeva in comodato d’uso gratuito l’intera sua azienda – comprensiva di macchinari, attrezzature, merci e liquidità per un valore superiore ai 2 milioni di euro – alla ‘Società B’.

In pratica, la ‘Società B’ iniziava a operare utilizzando tutte le risorse della ‘Società A’, di fatto svuotando quest’ultima della sua capacità produttiva. L’accordo prevedeva un generico obbligo per la ‘Società B’ di fornire prodotti finiti alla ‘Società A’ dietro pagamento, un elemento ritenuto insufficiente a giustificare la cessione gratuita dell’intero patrimonio aziendale.

La tesi difensiva e la risposta della Corte

La difesa dell’imputata sosteneva che non vi fosse stata alcuna distrazione, poiché i beni non erano stati trasferiti in proprietà e, in gran parte, non appartenevano nemmeno alla società fallita, ma ad altre aziende del medesimo gruppo familiare che li avevano concessi in uso. Si affermava, inoltre, che l’operazione non aveva causato un reale impoverimento del patrimonio della fallita.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato completamente questa linea difensiva, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando un principio di diritto fondamentale.

L’interpretazione estensiva della bancarotta per distrazione

La Suprema Corte ha ribadito che l’oggetto della bancarotta per distrazione non è limitato ai soli beni di cui la società fallita detiene il diritto di proprietà. Al contrario, il reato può configurarsi per tutti i beni che rientrano nella ‘disponibilità autonoma’ della società e che ne costituiscono il patrimonio attivo. Questo include anche beni detenuti in virtù di contratti come il leasing, il mandato fiduciario o, come in questo caso, il comodato.

La perdita del diritto di godimento è un danno per i creditori

Il punto centrale della decisione è che anche la perdita del solo ‘diritto di godimento’ su un bene, se avviene senza un’adeguata contropartita, costituisce un depauperamento del patrimonio aziendale. Privare una società della possibilità di utilizzare i propri mezzi di produzione significa azzerarne la capacità operativa e, di conseguenza, la sua capacità di generare reddito per soddisfare i creditori. Nel caso specifico, la cessione gratuita dell’intera azienda ha rappresentato un trasferimento di valore enorme, senza alcun beneficio economico reale per la società cedente, che anzi veniva privata di tutto il suo potenziale.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che l’imputata non fosse più amministratrice della società fallita al momento dei fatti. Essendo amministratrice della società beneficiaria e parte dello stesso gruppo familiare che controllava entrambe le entità, era pienamente consapevole del carattere illecito dell’operazione e del danno che questa avrebbe arrecato ai creditori della società fallita. La cessione dell’azienda senza corrispettivo è stata considerata una condotta palesemente finalizzata a svuotare una società a vantaggio di un’altra, al riparo dalle pretese dei creditori.

le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori e i soci di società in difficoltà. La nozione di patrimonio aziendale tutelato dalla legge fallimentare è ampia e funzionale: non si guarda solo alla titolarità formale dei beni, ma alla loro effettiva funzione nell’economia dell’impresa. Qualsiasi operazione che, senza una valida giustificazione economica, sottragga alla società la disponibilità dei beni necessari alla sua attività, esponendola al rischio di non poter pagare i propri debiti, può integrare il grave reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Si può commettere bancarotta per distrazione sottraendo beni che non sono di proprietà dell’azienda fallita?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di distrazione riguarda non solo i beni di proprietà, ma tutti quelli che rientrano nella disponibilità autonoma della società e ne costituiscono il patrimonio attivo, come quelli detenuti in leasing o in comodato.

La perdita del solo diritto di usare un bene (diritto di godimento) può costituire distrazione?
Sì. Secondo la sentenza, privare la società del diritto di godimento sui beni aziendali senza un’adeguata contropartita economica costituisce un depauperamento del patrimonio, in quanto ne azzera la capacità produttiva a danno dei creditori. Questa condotta integra il reato di bancarotta.

È rilevante che l’amministratore della società che riceve i beni non sia più amministratore della società fallita?
No. Nel caso di specie è stato ritenuto irrilevante, poiché l’imputata, essendo amministratrice della società beneficiaria e parte dello stesso gruppo familiare, era consapevole dell’effetto dannoso dell’operazione per la società fallita e i suoi creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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