Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7261 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7261 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 22/05/1970
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilita’ del ricorso.
uditi i difensori:
L’avvocato COGNOME dopo essersi soffermato su alcuni punti del ricorso, ne chiede l’accoglimento.
L’avvocato COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
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v
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Crotone – che aveva dichiarato NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico e l.r. della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 06/08/2014, colpevole dei di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario per false comunicazioni sociali, d bancarotta preferenziale, e di bancarotta impropria da operazioni dolose – ha assolto l’imputato dalla bancarotta da reato societario, perché il fatto non costituisce reato, ha dichiarato n doversi procedere per la bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione e ha rideterminato ia pena principale e quella accessoria fallimentare inflitte per il residuo reato di bancaro impropria da operazioni dolose.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite dei difensori di fiducia, avvoc NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali svolgono quattro motivi, di seguito enunciati ne limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
2.1. Motivazione apparente per omessa replica alle analitiche deduzioni dell’appellante aventi riguardo:
alla circostanza che il COGNOME non avesse alcuna funzione amministrativa nella società nell’anno 2009, quando la fallita aveva ceduto, a titolo oneroso, un ramo di azienda alla società RAGIONE_SOCIALE di cui mai è stata messa in discussione la economicità dell’operazione;
all’efficacia causale della condotta del ricorrente rispetto alla bancarotta della società, momento che, nel giudizio di merito, risulta accertato che il RAGIONE_SOCIALE aveva cercato di ripianare i debiti sociali facendo ricorso, nell’anno 2010, a beni e risorse personali per circa 600.000 euro.
ai totale difetto di motivazione in merito alle deduzioni formulate con il primo motivo nuov dell’appello, in merito alla circostanza che l’intera debitoria tributaria e previdenziale – pe fisiologica almeno fino al 2011, ( 4%-16%) – fosse stata esposta in bilancio in coerenza con le risultanze degli estratti di ruolo, che nessun avviso di accertamento fosse stato notificato a società e che non si trattasse di ommesso pagamento sistematico e pluriennale.
2.2. Violazione delle regole di giudizio poste a garanzia della motivazione, anche per travisamento delle risultanze documentali, per avere la Corte di appello omesso di confrontarsi con l’intero compendio probatorio disponibile, in specie, mancando di considerare, anche alla luce della consulenza di parte, – ai fini della verifica della sussistenza delle operazioni dolo che l’addebito di omesso pagamento di somme dovute all’Erario abbraccia un decennio di vita della società, dal 2001( in cui ebbe a manifestarsi la crisi di impresa) al 2010, laddove l’odierno ilcorrente si è posto alla guida della stessa solo nel 2010, facendo ricorso a ingenti risorse personali per fronteggiare il pagamento dei debiti sociali, ottenendo anche la rateizzazione dei debito erariale. Non ha chiarito la Corte di appello se il debito fiscale e previdenziale costitui
•
l’intero o una parte della complessiva esposizione debitoria della società; se e in qual percentuale il passivo erariale accertato al momento della concorsualità sia addebitabile alla condotta del ricorrente, che ha assunto la carica di amministratore solo dal 2010, né ha adeguatamente scrutinato l’elemento soggettivo, alla luce dell’immissione dell’ingente quantità di iiquidità, che avrebbe dovuto condurre alla insussistenza dell’elemento volitivo in quant dimostrativa dell’assenza di un originario disegno in grado di supportate il dissesto.
2.3. Assenza di motivazione in merito al motivo di appello concernente la sussistenza deila circostanza aggravante di cui all’art. 219 L.F. del danno di rilevante gravità.
2.4. Erronea applicazione della legge e correlati vizi di motivazione in merito al giudizio prevalenza delle circostanze attenuanti, invocato con l’atto di gravame.
Letta la memoria nell’interesse della curatela fallimentare, costituita parte civile, con c difensore, avvocato NOME COGNOME conclude per la conferma della sentenza impugnata, e deposita nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Sono fondati, in modo assorbente, i primi due motivi, tra loro connessi. La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
2.Lamenta il ricorrente che, nella specie, venendo in rilievo una fattispecie per la quale i fallimento assume la natura giuridica di evento del reato, con tutte le conseguenze giuridiche in tema di nesso di causalità e di elemento soggettivo del reato, i Giudici di merito non abbiano valutato come decisiva la circostanza che egli fu nominato amministratore di diritto quando la società era già inattiva e che il fallimento si sarebbe comunque verificato, anche senza i’omissione nei pagamenti dei debiti tributi pregressi da parte del medesimo COGNOME, impossibilitato allo stesso, stante l’assenza di disponibilità finanziarie della società. Per alt Corte territoriale non avrebbe accertato quale sia stato il contributo, causale e soggettivo, d ricorrente al dissesto che procurò il fallimento, anche alla luce della condotta da lui tenu apparentemente finalizzata ad evitare il fallimento.
2.La sistematica omissione del pagamento di tasse e contributi (c.d. «autofinanziamento delle imprese») viene considerata di per sè una operazione dolosa penalmente rilevante, in quanto attraverso l’indebitamento fiscale s realizza fraudolentemente l’autofinanziamento della società. 2.1. Secondo costante orientamento di legittimità, (Sez. 5, n. 24752 de/ 19/02/2018, Rv. 273337), infatti, le operazioni dolose di cui all’alt 223, comma secondo, n. 2, L. fa attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecament pericolosi per la “salute” economico-finanziaria della impresa, e postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggior complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimen o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato ( Sez. 5, n. 17690 dei 18/02/20 Cassa di Risparmio di Rieti s.p.a., Rv. 247316 ; conf. Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Rv.
261684) come, ad esempio, il mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità (tra le più recenti, Sez. 5, n. 23067 del 29/07/2020, e Sez. 5 n. 1556, d 16/01/2020).
2.2. Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge che l’imputato ebbe ad acquisire l’incarico quando l’esposizione debitoria della società era già imponente e non vi era alcuna possibilità di risanamento, tanto che la società era rimasta inattiva fin dal 2009, dopo cessione del ramo di azienda costituente l’unico asset attivo della fallita, operazione portata avanti in un momento in cui l’imputato non rivestiva, nella società, alcun ruolo gestorio. H aggiunto la Corte territoriale, a proposito del debito erariale della società, che, come chiarito curatore fallimentare in udienza, “si trattava di un accumulo di debiti tributari iniziato negli ann 2007 e 2009”, e che “negli anni tra il 2010 e il 2014, mentre il debito fiscale cresceva, COGNOME NOME, pur a fronte della richiesta di rateizzazione del debito erariale, ha continua sistematicamente a non versare le somme dovute all’erario nonostante la sostanziale inattività della società conseguente alla precedente dismissione del ramo di azienda”. Sotto il profilo soggettivo, la sentenza impugnata ha tratto il dolo generico, costituito dalla prevedibilità dissesto come effetto della condotta anti doverosa, dalla circostanza che “all’atto dell’assunzione della carica (nell’ottobre 2010 n.d.e.) di amministratore tale situazione risultava nota al COGNOME“.
2.3. Ora, come si è visto, dalla sentenza impugnata emerge che la società, al momento dell’omissione incriminata, non era più in grado di svolgere la propria attività tipica e, dunq di produrre un reddito, atteso che i giudici di merito hanno rilevato – rimanendo incontestati s punto – che la fallita aveva cessato di operare subito dopo la stipula del contratto di cessione prima che il RAGIONE_SOCIALE assumesse la carica gestoria.
2.4. Le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono sì consister come si è ricordato, nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, ma, assumono rilievo penale, in quanto esse siano il frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.
2.5. E’ tale pianificazione da parte del ricorrente che, nel caso di specie, non è sta adeguatamente ricostruita dalla sentenza impugnata, la quale avrebbe dovuto spiegare come sia conciliabile la inattività della società e la conseguente assenza di reddito da produzione, co la strategia di fraudolento autofinanziamento sottesa alla scelta di omettere il pagamento delle imposte senza provvedere al relativo accantonamento, tanto più che qui, la società era stata lasciata in quiescenza, non svolgendo operazioni economiche, e la contestazione ha, infatti, a oggetto ii mancato pagamento di debito pregresso, e, stante l’inattività della società nel period di gestione del RAGIONE_SOCIALE, l’aumento del debito erariale correlato alla sola maturazione di interessi e sanzioni.
2.6. La sentenza impugnata non ha chiarito l’entità dello specifico contributo causale offerto da COGNOME all’aggravamento del dissesto. In merito al tema della prova necessaria per potere
affermare la penale responsabilità dell’imputato, valutando l’effettivo ruolo causale svolto ordine al dissesto della società che ne ha determinato il fallimento, va considerato che, nell bancarotta societaria per effetto delle operazioni dolose, la affermazione di responsabilit dell’amministratore presuppone la prova dell’incidenza causale del suo ruolo gestorio rispetto al debito preesistente ( cfr. sez. 5 n. 47376/2022 – depositata il 15/12/2022, n.m., in un fattispecie in cui la Corte di cassazione ha ritenuto che i giudici del doppio grado di merito c avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile del reato a lui ascritto, non avessero correttamente apprezzato la circostanza che il ricorrente per cassazione aveva assunto la qualità di amministratore subentrando quando la società era inattiva e decotta, per avere già accumulato un rilevante debito verso l’Erario al quale non poteva fare fronte.)
Nel caso in esame, le sentenze di merito non chiariscono quale sia il debito maturato nel periodo di amministrazione del COGNOME a fronte di quello complessivo preesistente perché già maturato prima del suo insediamento quale A.U., tanto più che la società aveva cessato l’attività già prima della nomina di COGNOME, cosicché avrebbe dovuto essere spiegato se, nonostante l’inattività, permanessero, e in quali termini, ulteriori doveri previdenziali e tributari in ca società. Questo perché, se pure anche il solo aggravamento del dissesto rileva penalmente, occorre però verificarne l’esistenza e la portata quanto al profilo causale, oltre che l’incide rispetto al complessivo dissesto, dovendosi indagare in concreto la sussistenza del nesso eziologico, anche per dare risposta – non intervenuta con la sentenza impugnata – alla censura in ordine alla assenza di incidenza, sull’entità del debito tributario, delle condotte del Ciampà quindi all’efficacia causale della sua condotta rispetto alla bancarotta della società, dal momento che, nel giudizio di merito, risulta accertato che il RAGIONE_SOCIALE aveva cercato di ripianare i deb sociali facendo ricorso, nell’anno 2010, a beni e risorse personali per circa 600.000 euro.
Dalla entità dell’aggravamento potranno trarsi elementi anche in ordine al dolo della condotta contestata, oltre a darsi risposta – non rinvenuta nella sentenza impugnata – in ordine al motivo di appello che sollecitava la riqualificazione della condotta in quella di bancarotta semplice.
3.1. A proposito dell’elemento psicologico del reato, nella fattispecie astratta in esame, dissesto, quanto al dolo, è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, d condotta volontaria avente ad oggetto l’operazione, e non è richiesta l’intenzionalità diretta produrre il dissesto medesimo. E’ questo il discrimen fra le due fattispecie previste dall’art. 223, comma 2, n. 2): dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre, da quello soggettivo, vanno tenute distinte perché nella ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissest fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio della stessa. prima fattispecie è dunque a dolo specifico, mentre la seconda è a dolo generico. In realtà, nella giurisprudenza della Suprema Corte si registra un consolidato un orientamento per cui la fattispecie in parola si caratterizzerebbe quale ipotesi eccezionale di fattispec preterintenzionale per la cui realizzazione occorre la dimostrazione della consapevolezza e
volontà della natura dolosa dell’azione, costitutiva dell’operazione, a cui segue il dissesto, in u con l’astratta GLYPH prevedibilità dell’evento scaturito per effetto dell’azione antidoverosa (Sez. 5, GLYPH n. 45672 del 01/10/2015, GLYPH COGNOME, GLYPH Rv. 265510; GLYPH conf. Sez. 5, n. 38728 del 03/04/2014, COGNOME, Rv. 262207). Non è cioè necessaria — secondo tale prospettiva – la rappresentazione e la volontà diretta a provocare il dissesto, essend sufficiente la consapevolezza di porre in essere un’operazione che, concretandosi in abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la sal economico- finanziaria della società, determini la concreta prevedibilità della decozione.
3.2. Nell’ambito di tali coordinate ermeneutiche la sentenza impugnata avrebbe dovuto confrontarsi con la circostanza, pacificamente emersa, che il ricorrente ha tenuto un atteggiamento apparentemente salvifico, giacchè, si è immesso nella società unipersonale solo nel 2010 ( a fronte di una esposizione debitoria risalente già a diversi anni prima), rimanendo in carica fino al 2013, prima del fallimento, ha immediatamente immesso 600.000 euro in contanti, ha poi ottenuto la rateizzazione del debito tributario e ha anche cercato di evitare fallimento liquidando il creditore che lo aveva chiesto.
3.3. Il mancato scrutinio dell’elemento soggettivo ha comportato che la sentenza impugnata non si è neppure confrontata, pur sollecitata dall’appellante, con la eventualità che, in assenza ricavi, la condotta contestata potesse al più assumere rilievo per avere ritardato il fallimento fronte di una ingente perdita e in assenza di entrate.
Nel rinnovato scrutinio, i Giudici territoriali dovranno, dunque, risolvere le segnalate ap motivazionali, chiarendo in particolare la natura del contributo causale offerto dall’imputato dissesto della società, indicando gli elementi di fatto che si reputano rappresentativi del dolo spiegare perché non si sia ritenuto di riqualificare la condotta in quella prevista dall’art. legge fall., potendo configurarsi il delitto di bancarotta semplice per grave imprudenza, pe operazioni manifestamente imprudenti, ovvero per aver aggravato il dissesto non avendo richiesto la dichiarazione di fallimento.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2024 Il Consigliere estensore