Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15055 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15055 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 412/2025
NOME COGNOME
UP Ð 28/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 2337/2025
NOME COGNOME
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da NOME nato a Reggio Calabria il 27 agosto 1969; NOME NOME nato a Reggio Calabria il 22 novembre 1969; COGNOME NOME nato a Locri il 2 febbraio 1968;
avverso la sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte dÕappello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi i ricorsi; udito lÕavv. NOME COGNOME che ha insistito per lÕaccoglimento dei ricorsi.
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte dÕappello di Roma, confermando la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di trattamento sanzionatorio riservato ad uno dei coimputati), ha ritenuto
NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di bancarotta impropria da operazioni dolose perchŽ, nelle loro qualitˆ di amministratori unici della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 31 maggio 2018), il primo, dal 3 gennaio 2003 al 22 luglio 2005 e dal 10 settembre 2007 al 6 marzo 2013, e il secondo dal 22 luglio 2005 al 10 settembre 2007 e dal 6 marzo 2013 al 22 giugno 2017, avrebbero omesso sistematicamente, dal 2003, il versamento di contributi e imposte, cumulando un debito erariale di oltre un milione e cinquecentomila euro, sino alla dismissione di fatto di ogni attivitˆ gestionale e al conseguente abbandono della societˆ, e cos’ concorrendo a causare il dissesto della societˆ e la conseguente dichiarazione di fallimento;
NOME COGNOME responsabile del reato di bancarotta semplice documentale, perchŽ, nella sua qualitˆ di liquidatore della predetta societˆ dal 23 gennaio 2018 alla data del fallimento non avrebbe tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritte dalla legge.
Ricorrono per cassazione tutti gli imputati. Il ricorso proposto da NOME COGNOME si compone di due motivi dÕimpugnazione, entrambi formulati in termini di violazione di legge e connesso vizio di motivazione.
2.1. Il primo attiene alla sussistenza del reato di bancarotta semplice e deduce che non sarebbe stata raggiunta la prova in ordine allÕintenzionalitˆ dellÕomessa o dellÕirregolare tenuta delle scritture contabili non essendo stato accertata lÕeffettiva ricezione della missiva con la quale il curatore aveva richiesto, al ricorrente, la documentazione contabile.
2.2. Il secondo attiene alla sussistenza dellÕinvocata causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131cod. pen. e deduce che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in conto il limitato periodo nel corso del quale il COGNOME sarebbe stato officiato delle funzioni di liquidatore.
I ricorsi proposti da NOME COGNOME e da NOME COGNOME sono formulati in termini integralmente sovrapponibili e si compongono, ciascuno, di tre motivi dÕimpugnazione, tutti formulati sotto i profili della violazione di legge e del connesso vizio di motivazione.
3.1. Il primo deduce che la Corte dÕappello si sarebbe adagiata acriticamente sulle argomentazioni offerte in primo grado: a) senza spiegare le ragioni per le quali gli omessi versamenti (che, in sŽ, non determinano un decremento patrimoniale, ma un risparmio di spesa) sarebbero da considerare un antecedente causale del fallimento; b) senza considerare come neanche lo stesso curatore è stato in grado di identificare le cause del dissesto; c) senza valutare la parziale estinzione delle poste debitorie (circostanza, in sŽ, incompatibile, quanto
meno sotto il profilo soggettivo, con la ritenuta sussistenza del reato di bancarotta).
3.2. Il secondo deduce la contraddittorietˆ della sentenza impugnata nella parte in cui, pur non escludendo profili di colpa, ha ritenuto, comunque, di non poter riqualificare il reato contestato in quello di bancarotta semplice cui allÕart. 224, comma 1 n. 2 della legge fallimentare. E ci˜ nonostante che lÕomesso versamento delle imposte non fosse sorretto da alcuna specifica volontˆ di non adempiere, ma ad una semplice inosservanza degli obblighi fiscali, condotta necessitata dalle condizioni economiche nelle quali versava la societˆ.
3.3. Il terzo attiene al trattamento sanzionatorio e, in particolare, al giudizio di bilanciamento delle circostanze, lamentando il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche, in ipotesi difensiva giustificabile proprio in ragione del giˆ invocato parziale adempimento dei debiti.
I ricorsi proposti dai due amministratori (COGNOME e COGNOME) sono complessivamente infondati.
1.1. I primi due motivi, entrambi afferenti al profilo della responsabilitˆ, possono essere trattati congiuntamente.
Va premesso, in linea generale, che il reato di cui al secondo comma, n. 2, dellÕart. 223 l. fall. è un reato a forma libera ed è integrato da una condotta (attiva o omissiva) costituente inosservanza dei doveri imposti ai soggetti indicati dalla legge; strutturato intorno ad una modalitˆ di pregiudizio patrimoniale discendente da una pluralitˆ di atti funzionalmente coordinati nella loro complessiva ed unitaria causa concreta ed eziologicamente idonei alla causazione del fallimento (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Rv. 279071; Sez. 5, n. 44103 del 27/06/2016, Rv. 268207). Non rileva, nŽ è sempre immediatamente percepibile, il compimento di una singola azione dannosa, ma solo, appunto, una pluralitˆ di atti (astrattamente legittimi nella loro dimensione individuale), tra loro funzionalmente concatenati. Ed è solo dalla valutazione sistematica di questi atti che è possibile cogliere la causa concreta dellÕoperazione posta in essere e, con essa, il pregiudizio subito dalla societˆ.
Nella sua dimensione oggettiva, ci˜ che rileva è lÕincidenza causale della condotta rispetto al fallimento: nŽ la genesi dei debiti societari, nŽ l’asserito equilibrio finanziario in ipotesi vissuto dalla societˆ in tempi antecedenti. CosicchŽ, la preesistenza di una causa in sŽ efficiente del dissesto (e, quindi, il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto giˆ in atto), valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 cod. pen., non è circostanza idonea ad interrompere il nesso di causalitˆ tra
l’operazione dolosa e il successivo fallimento della societˆ (Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Rv. 262189) e, con esso, il perfezionamento del reato.
Parallelamente, sotto il profilo soggettivo, la fattispecie normativa costruisce il reato come un delitto a dolo generico, dove il fallimento è solo l’effetto, dal punto di vista della causalitˆ materiale, di una condotta volontaria. Non è necessaria, quindi, una volontˆ diretta a provocare il dissesto: è sufficiente la consapevolezza di porre in essere un’operazione che, concretandosi in un abuso o in un’infedeltˆ nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la salute economico-finanziaria della societˆ, determini l’astratta prevedibilitˆ della decozione (Sez. 5 n. n. 45672 del 1/10/2015, Rv. 265510; Sez. 5 n. 38728 del 3/04/2014, Rv. 262207). Una sorta di bancarotta ÒpreterintenzionaleÓ, dove ci˜ che rileva è il collegamento puramente causale con lÕevento dipendente da una condotta volontaria intrinsecamente idonea alla causazione dellÕevento, accettato nella sua dimensione anche solo potenziale (Sez. 5 n. 38728 del 03/04/2014, Rv. 262207; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Rv. 247315; Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998, Rv. 212613).
Ebbene, la pacifica entitˆ del debito accumulato Ð certificata da unÕinsinuazione al fallimento dellÕAgenzia delle Entrate per un importo di circa 1.500.000 euro rispetto a un passivo complessivo di tre milioni di euro e a un attivo pari a zero Ð dˆ conto tanto dellÕefficacia causale delle condotte rispetto al successivo fallimento, quanto della sua oggettiva prevedibilitˆ (peraltro, ove ve ne fosse necessitˆ, ampiamente deducibile dalle ulteriori condotte accertate: lÕazzeramento del magazzino giˆ nel 2013 e il trasferimento della societˆ nel 2015 da Messina a Roma).
In questo contesto: a) la deduzione afferente ad unÕasserita parziale estinzione della posta debitoria è rimasta allo stato di mera allegazione ed è, per la sua genericitˆ, indeducibile; b) lÕinvocata derubricazione non solo è incompatibile con lÕaccertata piena consapevolezza della condotta posta in essere e con la prevedibilitˆ delle relative conseguenze (non esclusa dallÕeventuale coesistenza di profili di colpa), ma, nei limiti in cui riconducono lÕinadempimento alla crisi economica vissuta dalla societˆ, confliggono con lo specifico obbligo dellÕimprenditore, a fronte di un conclamato stato di insolvenza, di interrompere lÕesercizio delle attivitˆ economiche e chiedere il fallimento.
In ci˜ lÕinfondatezza degli assunti difensivi prospettati con i primi due motivi di ricorso.
1.2. Indeducibile, invece, il terzo motivo di ricorso. Il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce, infatti, esercizio di un potere valutativo riservato al giudice di merito, le cui statuizioni, implicando un apprezzamento in fatto e una conseguente valutazione discrezionale, quindi,
sfuggono al sindacato di legittimitˆ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
In ogni caso, la Corte d’appello, nel valutare il relativo motivo d’impugnazione, ha evidenziato la congruitˆ del trattamento sanzionatorio irrogato, motivando specificamente in ordine alla invocata prevalenza delle pur riconosciute circostanze attenuanti generiche, esclusa alla luce delle particolari modalitˆ della condotta (lÕazzeramento del magazzino, il trasferimento delle funzioni gestorie in prossimitˆ del fallimento e il connesso spostamento della sede sociale) e della negativa personalitˆ degli imputati (gravati da precedenti specifici). E la discrezionalitˆ della relativa valutazione sfugge, per come si è detto, al sindacato di legittimitˆ. Tanto più che il ricorrente invoca la valutazione di condotte indicate in termini assolutamente generici (eventuali pregressi versamenti parziali, giˆ ritenuti insignificanti dalle sentenze di merito).
Fondato, nei limiti di seguito indicati, invece, è il ricorso proposto nellÕinteresse del Carabetta.
2.1. Il primo motivo è infondato. Il reato di bancarotta semplice documentale è un reato di pura condotta, che si struttura intorno al mero inadempimento di un precetto formale (il comportamento imposto all’imprenditore dall’art. 2214 cod. civ.), a prescindere dalla produzione , in concreto, di un danno per i creditori, in quanto l’offensivitˆ della condotta discende non da una effettiva idoneitˆ dellÕomessa tenuta delle scritture contabili ad arrecare pregiudizio ai creditori, bens’ dal potenziale rischio che la condotta arreca allÕinteresse dei creditori in relazione alla funzione tipica Ð di accertamento assolta dalla documentazione (Sez. 5, n. 18482 del 22/03/2023, COGNOME, Rv. 284514). Si tratta, infatti, di un reato di pericolo presunto che, mirando ad evitare che sussistano ostacoli alla attivitˆ di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito, persegue la finalitˆ di consentire ai creditori l’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale, sulla quale possano soddisfarsi (Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261).
In questa ottica, l’obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno nŽ nel caso in cui manchino passivitˆ insolute, nŽ quando l’attivitˆ di impresa della fallita sia cessata di fatto, venendo meno solo allorquando l’azienda abbia interrotto anche formalmente la propria attivitˆ con la cancellazione dal registro delle imprese ( Sez. 5, n. 4727 del 15/3/2000, COGNOME, Rv. 215985; Sez.
5, n. 35168 del 11/7/2005, COGNOME, Rv. 232572; Sez. 5, n. 15516 del 11/2/2011, COGNOME, Rv. 250086).
Ci˜ considerato, la difesa si limita ad evocare unÕasserita omessa ricezione della raccomandata con la quale il curatore richiedeva, al liquidatore, la consegna della documentazione. Ebbene, a prescindere dalla dirimente circostanza per cui il ricorrente non ha neanche dedotto di aver correttamente tenuto le scritture contabili (peraltro non consegnate neppure nel corso del procedimento penale), lÕimprenditore dichiarato fallito ha lo specifico obbligo di consegnare agli organi della procedura tutte le scritture contabili inerenti allÕimpresa e ogni ulteriore documentazione da lui richiesta (art. 86 l. fall., oggi 194 CCI); una consegna finalizzata alla necessaria ricostruzione della consistenza patrimoniale dellÕimpresa, nelle sue componenti attive e passive, statiche e dinamiche, quale attivitˆ prodromica alla successiva liquidazione. Attivitˆ che, allÕevidenza, presuppone una completa ed attendibile ricostruzione della documentazione contabile (ed extracontabile) e che trova il suo logico nelle disposizioni normative contenute nellÕart. 2214 cod. civ. e, sotto il profilo tributario e fiscale, nelle norme riportate nel d.P.R. 600/73. E che tale obbligo (quello della consegna di tutta la documentazione contabile) discenda direttamente dalla legge e prescinda da una specifica richiesta formulata dal curatore è logica conseguenza della necessaria strumentalitˆ, nei termini evidenziati, della documentazione stessa rispetto alle ineludibili attivitˆ di accertamento e liquidazione strutturalmente connesse alla procedura fallimentare.
2.2. Fondato, invece, il secondo motivo di ricorso. Va premesso che la valutazione della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 131cod. pen. deve essere operata alla luce dei criteri di cui allÕart. 133 cod. pen., non impone necessariamente la disamina di tutti gli elementi di valutazione indicati nella norma richiamata, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647) ed è frutto di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimitˆ, se immune da vizi logici e giuridici (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Rv. 265685). La Corte territoriale, tuttavia, ha escluso lÕapplicabilitˆ dellÕinvocata causa di non punibilitˆ rilevando il particolare danno arrecato alla massa dei creditori; dato, tuttavia, che, per come formulato, è esso stesso generico in quanto non dˆ conto del limitato arco temporale durante il quale, pacificamente, è intervenuto il COGNOME, liquidatore nei quattro mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento, sostanzialmente durante il giudizio prefallimentare.
In conclusione, i ricorsi proposti nellÕinteresse dei due amministratori devono essere rigettati e i ricorrenti condannati, in solido, al pagamento delle
spese processuali; il ricorso proposto nellÕinteresse del liquidatore, invece, deve essere accolto nei termini indicati in precedenza e, conseguentemente, la sentenza annullata, limitatamente alla sua posizione e alla valutazione dei presupposti per lÕapplicazione della causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131-bis cod. pen., rigettato il ricorso nel resto.
Annulla la sentenza impugnata in relazione all’imputato COGNOME NOMECOGNOME limitatamente alla causa di non punibilitˆ di cui all’art. 131cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso del COGNOME.
Rigetta i ricorsi di NOME e NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso il 28 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME