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Bancarotta impropria: non pagare le tasse è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11740/2025, ha annullato l’assoluzione di un amministratore accusato di bancarotta impropria. La Corte ha stabilito che l’omissione sistematica e protratta del versamento delle imposte costituisce un’operazione dolosa che, se causa il fallimento, integra il reato. La richiesta di rateizzazione del debito, in un contesto di dissesto già conclamato, non è sufficiente a escludere il dolo, potendo essere considerata un mero espediente per ritardare la dichiarazione di fallimento.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta impropria per omesso versamento di imposte: la Cassazione fa chiarezza

L’omissione sistematica del pagamento delle imposte può portare a una condanna per bancarotta impropria? E se l’amministratore tenta di rateizzare il debito, è sufficiente a salvarlo da un’accusa penale? A queste domande ha risposto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11740 del 2025, delineando i confini tra una gestione aziendale in crisi e una condotta penalmente rilevante che causa il fallimento della società.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un amministratore unico di una società, dichiarata fallita, accusato di aver causato il dissesto attraverso il sistematico e protratto omesso versamento di imposte dirette e indirette per un importo superiore a cinque milioni di euro. Tale debito fiscale costituiva la quasi totalità del passivo fallimentare.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva condannato l’amministratore, la Corte d’Appello lo aveva assolto. Secondo i giudici di secondo grado, la richiesta di dilazione e rateizzazione del debito erariale, unita al pagamento di alcune rate, dimostrava l’assenza di un intento fraudolento, configurando un tentativo, seppur fallito, di far fronte alla crisi di liquidità.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha però impugnato la sentenza di assoluzione, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla bancarotta impropria

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il processo ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Secondo la Cassazione, la valutazione della Corte territoriale è stata errata nel ritenere che la richiesta di rateizzazione escludesse automaticamente il dolo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di bancarotta impropria da operazioni dolose:

1. La Natura delle ‘Operazioni Dolose’: La nozione di ‘operazione dolosa’ è ampia e non si limita ad atti attivi di distrazione di beni. Include anche condotte omissive, come la deliberata, sistematica e protratta violazione dell’obbligo di versare i tributi e i contributi previdenziali. Tale comportamento, infatti, aumenta l’esposizione debitoria della società in modo prevedibile e ingiustificato, mettendo a rischio la sua sopravvivenza.

2. L’Elemento Soggettivo: il Dolo Generico: Per la configurabilità del reato non è richiesto il ‘dolo specifico’, ovvero l’intenzione di causare il fallimento. È sufficiente il ‘dolo generico’, che consiste nella coscienza e volontà di compiere le singole operazioni dannose (in questo caso, l’omissione dei versamenti fiscali) con la consapevolezza della loro pericolosità per la salute economica dell’impresa e la prevedibilità del dissesto come conseguenza.

3. La Rateizzazione come ‘Escamotage’: La Cassazione ha chiarito che, di fronte a un debito già ingente e insostenibile, la richiesta di rateizzazione non può essere interpretata come una legittima iniziativa di risanamento. Al contrario, può rivelarsi un mero ‘escamotage’, una strategia per ritardare la declaratoria di fallimento e proseguire l’attività economica, continuando però ad accumulare passività. Il vero intento non è salvare l’azienda, ma manipolare uno strumento lecito (la rateizzazione) per una finalità illecita (aggravare il dissesto).

4. La Scelta Selettiva dei Pagamenti: Un elemento chiave, evidenziato già dal giudice di primo grado, era la condotta dell’amministratore che, mentre ometteva i versamenti all’Erario, continuava a pagare regolarmente dipendenti e fornitori. Questa scelta selettiva dimostra la volontà di far gravare le conseguenze delle proprie decisioni imprenditoriali solo sullo Stato, accettando il rischio del dissesto pur di mantenere operativa l’azienda.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di grande importanza per gli amministratori di società: la gestione della crisi aziendale deve avvenire nel rispetto degli obblighi di legge, inclusi quelli fiscali e contributivi. Il mancato versamento sistematico delle imposte non è una mera irregolarità gestionale, ma una condotta che può integrare il grave reato di bancarotta impropria. L’utilizzo di strumenti come la rateizzazione del debito non funge da scudo automatico contro la responsabilità penale se, analizzando il contesto, emerge che si tratta di una mossa tattica per prolungare un’agonia finanziaria ormai inevitabile, aggravando ulteriormente la posizione debitoria della società. Gli amministratori sono quindi chiamati a un’attenta e onesta valutazione della sostenibilità del debito, prima di intraprendere azioni che potrebbero essere interpretate come tentativi di mascherare un’insolvenza conclamata.

Il mancato pagamento sistematico delle tasse può configurare il reato di bancarotta impropria?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’omissione deliberata, sistematica e protratta del versamento di obblighi fiscali e previdenziali costituisce un’operazione dolosa che, se causa il dissesto e il conseguente fallimento, integra il reato di bancarotta impropria.

Tentare di rateizzare il debito con il Fisco esclude sempre il dolo di bancarotta?
No. Secondo la sentenza, se il debito è già ingente e insostenibile, la richiesta di rateizzazione non esclude il dolo. Anzi, può essere considerata un ‘escamotage’ per proseguire illecitamente l’attività economica e ritardare la declaratoria di fallimento, continuando a generare passività.

Per la condanna per bancarotta impropria, l’amministratore deve aver voluto specificamente il fallimento?
No. La Corte ha ribadito che non è necessario il dolo specifico (la volontà di fallire), ma è sufficiente il dolo generico. Questo significa che basta la coscienza e la volontà di compiere gli atti dannosi (come non pagare le tasse) con la prevedibilità che questi possano condurre al dissesto della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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