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Bancarotta impropria: il ruolo dell’ex amministratore

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una condanna per bancarotta impropria. Il caso riguardava un ex amministratore accusato di aver causato il dissesto societario tramite un falso in bilancio. La Corte ha stabilito che è decisivo il ruolo ricoperto al momento dell’approvazione del bilancio: poiché l’imputato si era dimesso prima di tale data, la sua responsabilità deve essere riesaminata, annullando la precedente decisione.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Impropria e Dimissioni: la Responsabilità dell’Ex Amministratore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale societario: la responsabilità di un amministratore dimissionario per il reato di bancarotta impropria derivante da false comunicazioni sociali. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale legato al momento in cui il reato si perfeziona, offrendo un’importante tutela per chi ha cessato la propria carica prima dell’atto illecito decisivo. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Bilancio Controverso

La vicenda giudiziaria ha origine dal fallimento di una società a responsabilità limitata. Un ex amministratore e consigliere delegato viene condannato in primo e secondo grado per bancarotta impropria. L’accusa si fonda sulla sovrastima delle rimanenze finali nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2016. Secondo l’accusa, questa operazione contabile aveva lo scopo di occultare le perdite, rappresentare uno stato di benessere fittizio e ritardare la dichiarazione di fallimento, aggravando così il dissesto finanziario dell’impresa.

La Difesa dell’Amministratore e la Decisione della Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Il punto centrale della difesa era tanto semplice quanto decisivo: al momento dell’approvazione del bilancio ‘incriminato’, avvenuta durante l’assemblea dei soci del 23 novembre 2017, egli non era più un componente del consiglio di amministrazione. Si era infatti dimesso con una missiva del 4 agosto 2017, diversi mesi prima. Inoltre, sosteneva di essere stato di fatto escluso dalla gestione societaria già dall’aprile 2016, a seguito della morte del socio di maggioranza e del subentro dei suoi eredi.

Il Principio di Diritto sulla Bancarotta Impropria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il motivo relativo alla cessazione della carica. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il delitto di bancarotta impropria da reato societario (nello specifico, da false comunicazioni sociali) è una fattispecie complessa. Il reato presupposto, ovvero il falso in bilancio, si consuma non al momento della redazione del documento contabile, ma nel momento e nel luogo in cui il bilancio viene illustrato e sottoposto all’approvazione dell’assemblea dei soci. È in quel preciso istante che la comunicazione sociale mendace viene portata a conoscenza dell’organo deliberativo, producendo i suoi effetti potenzialmente dannosi.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha censurato la decisione della Corte d’Appello per non aver adeguatamente considerato questo profilo di diritto. I giudici di merito avevano fondato la condanna sul ruolo che l’imputato aveva ricoperto in passato, senza affrontare la questione decisiva della sua assenza di poteri al momento della consumazione del reato. La sentenza impugnata presentava una ‘aporia motivazionale’, ovvero una grave lacuna nel percorso logico-giuridico, poiché attribuiva la responsabilità per un fatto (l’approvazione di un bilancio falso) a un soggetto che, in quel momento, non aveva più la qualifica né il potere per compierlo o impedirlo. La responsabilità penale, in questo contesto, è strettamente legata alla posizione di garanzia che l’amministratore ricopre. Se tale posizione viene meno prima del momento consumativo del reato, la responsabilità non può essere affermata.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: la responsabilità per la bancarotta impropria derivante da falso in bilancio non può essere attribuita a chi, al momento della presentazione del bilancio all’assemblea, aveva già formalmente rassegnato le proprie dimissioni. Questa sentenza riafferma l’importanza del nesso tra la carica ricoperta e il momento consumativo del reato, ponendo un chiaro limite alla responsabilità penale degli ex amministratori.

Quando si consuma il reato di false comunicazioni sociali che può portare a una bancarotta impropria?
Secondo la sentenza, il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui il bilancio contenente i dati falsi viene illustrato e sottoposto all’approvazione dell’assemblea dei soci.

Un amministratore che si è dimesso può essere responsabile per un bilancio falso approvato dopo le sue dimissioni?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la responsabilità penale è legata al ruolo ricoperto al momento della consumazione del reato. Se un individuo non è più amministratore quando il bilancio viene presentato all’assemblea, non può essere ritenuto responsabile per quel specifico atto.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza perché i giudici di merito non avevano correttamente valutato il fatto decisivo che l’imputato si era dimesso prima dell’assemblea che ha approvato il bilancio falso. La motivazione della condanna è stata ritenuta incompleta e giuridicamente errata su questo punto cruciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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