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Bancarotta impropria extraneus: la Cassazione decide

Un professionista è stato condannato per concorso in bancarotta impropria extraneus per aver redatto una perizia che sopravvalutava un marchio societario, consentendo un fittizio aumento di capitale. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, specificando che per la responsabilità del concorrente esterno è sufficiente il dolo di dissesto, ovvero la consapevolezza di contribuire al peggioramento della situazione finanziaria della società, senza che sia necessario il dolo specifico di fallimento.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Impropria Extraneus: La Responsabilità del Professionista per Falsa Perizia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21854 del 2024, ha affrontato un caso di grande rilevanza pratica, delineando i contorni della responsabilità penale del professionista esterno nel reato di bancarotta impropria extraneus. La pronuncia chiarisce quale sia l’elemento psicologico necessario per la condanna e il nesso causale tra una perizia di stima falsa e il dissesto di una società. Questo caso serve da monito per tutti i professionisti che, con la loro attività, possono influenzare le sorti di un’azienda.

Il Caso: Una Sovrastima Milionaria e le Sue Conseguenze

I fatti al centro della vicenda giudiziaria riguardano un professionista accusato di aver concorso, quale soggetto extraneus, nel reato di bancarotta impropria di una società a responsabilità limitata. Il suo contributo si sarebbe concretizzato nella redazione di una falsa perizia giurata di stima.

La Falsa Perizia del Marchio

Il professionista aveva attestato un valore di oltre 8 milioni di euro per un marchio che, solo pochi giorni prima, era stato acquistato dall’amministratore della società per la cifra irrisoria di 10.000 euro. Questa macroscopica e ingiustificata discrepanza di valore è stata uno degli elementi chiave dell’accusa.

L’Aumento Fittizio del Capitale Sociale

La perizia è stata utilizzata dall’amministratore per conferire il marchio nella società, deliberando un conseguente aumento di capitale. Questa operazione ha permesso di mascherare la reale situazione di dissesto dell’azienda, che presentava già perdite ingenti. Invece di procedere con la liquidazione o una reale ricapitalizzazione, la società ha potuto continuare a operare, aggravando la propria posizione debitoria e posticipando un fallimento ormai inevitabile.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Bancarotta Impropria

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso del professionista, confermando le condanne dei gradi di merito. La sentenza si sofferma su due aspetti fondamentali: il ruolo del concorrente esterno e l’elemento psicologico del reato.

Il Ruolo del Concorrente Esterno (Extraneus)

La Cassazione ribadisce che anche un soggetto esterno alla compagine sociale, come un perito o un consulente, può concorrere al reato di bancarotta impropria. Il suo contributo, materiale o morale, deve essere consapevole e funzionale alla realizzazione dell’illecito da parte degli amministratori.

L’Elemento Psicologico: Basta il Dolo di Dissesto

Il punto cruciale della decisione riguarda il dolo. Per la configurabilità del reato di bancarotta impropria extraneus, non è necessaria la volontà specifica di cagionare il fallimento dell’impresa (dolo specifico di fallimento). È invece sufficiente il cosiddetto “dolo di dissesto”, che consiste nella consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia per i creditori e del conseguente squilibrio economico. In altre parole, il professionista deve essere consapevole che la sua azione (la falsa perizia) contribuirà a peggiorare la salute finanziaria della società, anche se non vuole direttamente il suo fallimento. Tale consapevolezza può manifestarsi anche nella forma del dolo eventuale, ossia l’accettazione del rischio che l’evento si verifichi.

Le Motivazioni della Sentenza

Secondo i giudici, il professionista non poteva non essere consapevole della natura fraudolenta dell’operazione. Diversi elementi lo dimostravano: l’esorbitante sproporzione tra il valore di acquisto del marchio e il valore stimato, a distanza di soli quattro giorni; il fatto di aver accettato l’incarico e le informazioni fornite dall’amministratore senza condurre verifiche autonome e indipendenti; il suo ruolo di commercialista, quindi tecnicamente attrezzato per comprendere le implicazioni delle sue azioni. La perizia non era un atto neutro, ma era funzionale all’aumento di capitale e, di conseguenza, a prolungare artificialmente la vita della società, con l’effetto di accumulare ulteriori perdite e aggravare il dissesto.

Le Conclusioni

La sentenza n. 21854/2024 rafforza un principio fondamentale: i professionisti esterni hanno un obbligo di diligenza e correttezza che trascende il rapporto fiduciario con il cliente. La loro attività, se contribuisce consapevolmente a operazioni illecite che danneggiano i creditori e il mercato, può integrare una grave responsabilità penale. Il caso in esame dimostra che anche un singolo atto professionale, come una perizia, può essere il tassello decisivo in una complessa operazione di bancarotta, e che l’ordinamento non richiede la prova di un’intenzione diretta di fallimento, ma ritiene sufficiente la lucida accettazione del rischio di dissesto.

Un professionista esterno (extraneus) può essere ritenuto responsabile di bancarotta impropria?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che anche un soggetto estraneo alla gestione della società, come un perito, può concorrere nel reato di bancarotta impropria fornendo un contributo consapevole, materiale o morale, alla realizzazione dell’illecito da parte degli amministratori.

Quale tipo di dolo è necessario per condannare un extraneus per concorso in bancarotta impropria da reato societario?
Non è necessario il dolo specifico di fallimento (la volontà di far fallire la società), ma è sufficiente il cosiddetto “dolo di dissesto”. Questo consiste nella consapevolezza, anche sotto forma di accettazione del rischio (dolo eventuale), che la propria condotta possa causare una diminuzione della garanzia per i creditori e aggravare lo squilibrio economico della società.

In che modo una falsa perizia di stima può causare o aggravare il dissesto di una società?
Una perizia che sopravvaluta un bene consente un aumento fittizio del capitale sociale. Questo artificio contabile può mascherare perdite esistenti, evitare l’obbligo legale di sciogliere o ricapitalizzare la società, e permetterle di continuare a operare. In tal modo, si consente l’accumulo di ulteriori perdite e si aggrava il dissesto, che si sarebbe manifestato prima se la reale situazione patrimoniale fosse emersa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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