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Bancarotta impropria: dolo generico è sufficiente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11402/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta impropria. La Corte ha ribadito che, per configurare il reato, è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di compiere operazioni pericolose per la salute finanziaria della società, senza che sia necessario l’intento specifico di causarne il fallimento. Anche le condotte omissive possono integrare il reato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta impropria: non serve voler il fallimento, basta la consapevolezza del rischio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema cruciale del diritto penale societario: la bancarotta impropria. Con questa decisione, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: per essere condannati non è necessario aver agito con lo scopo preciso di far fallire l’azienda. È sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’, ovvero la consapevolezza di porre in essere operazioni rischiose che possono portare, anche solo come probabilità, al dissesto finanziario. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un amministratore, condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta. L’imputato aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello lamentando, tra le altre cose, un’errata interpretazione della legge penale riguardo all’elemento soggettivo del reato e alla nozione di ‘operazioni dolose’. In particolare, sosteneva che una condotta omissiva non potesse rientrare in tale categoria e sollevava una questione di legittimità costituzionale riguardo alle nuove norme introdotte con il Codice della Crisi d’Impresa.

L’Analisi della Corte sulla bancarotta impropria

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per consolidare alcuni orientamenti giurisprudenziali di grande rilevanza pratica. I giudici hanno chiarito che la questione di costituzionalità era manifestamente infondata. La nuova normativa (art. 329 del D.Lgs. 14/2019) non ha fatto altro che ‘positivizzare’, cioè mettere per iscritto, un principio già ampiamente consolidato nel diritto vivente. Vi è, quindi, una sostanziale continuità normativa tra la vecchia e la nuova disciplina.

Il punto centrale della decisione riguarda l’elemento psicologico del reato. La Corte ha specificato che per la bancarotta impropria da operazioni dolose non è richiesto il dolo specifico, ovvero l’intenzione mirata a causare il fallimento. È sufficiente il dolo generico: l’amministratore deve avere la coscienza e la volontà di compiere le singole operazioni e la prevedibilità che da queste possa derivare il dissesto. In altre parole, basta la consapevolezza di attuare un’operazione abusiva o infedele, accettando il rischio che questa possa portare alla decozione dell’impresa.

Infine, è stato confermato che le ‘operazioni dolose’ possono includere anche condotte omissive, purché queste si traducano in un atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della società, causando un impoverimento non giustificato dall’interesse aziendale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità su più fronti. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati ritenuti generici e ripetitivi rispetto a quelli già presentati in appello, senza una critica argomentata alla sentenza impugnata. In secondo luogo, il ricorrente cercava di ottenere una rilettura dei fatti e delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità.

Nel merito, i giudici hanno ribadito con forza la distinzione tra dolo specifico e dolo generico nel contesto della bancarotta impropria. La condotta punibile non è quella finalizzata a provocare il dissesto, ma quella volontaria che, per sua natura, ne è la causa materiale. L’amministratore risponde penalmente perché, pur potendolo prevedere, accetta il rischio che la sua gestione sconsiderata porti l’azienda al collasso. Questa interpretazione garantisce una tutela più ampia ai creditori e al mercato, punendo non solo chi vuole deliberatamente distruggere un’azienda, ma anche chi la gestisce in modo sconsiderato e pericoloso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per tutti gli amministratori e i manager. La responsabilità penale per bancarotta impropria non è limitata a chi agisce con l’intento fraudolento di spogliare l’azienda. Si estende anche a chi, pur senza questo fine ultimo, compie scelte gestionali avventate, abusive o in conflitto di interessi, consapevole del pericolo che tali scelte rappresentano per la sopravvivenza economica della società. La gestione di un’impresa richiede prudenza e diligenza; ignorare i rischi e le conseguenze delle proprie azioni può avere gravi conseguenze, non solo civili ma anche penali.

Per il reato di bancarotta impropria è necessario voler causare il fallimento della società?
No, non è necessario il dolo specifico di causare il fallimento. È sufficiente il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di compiere operazioni rischiose, accettando la probabilità che da esse derivi il dissesto della società.

Anche una condotta omissiva può configurare il reato di bancarotta impropria?
Sì. Secondo la giurisprudenza consolidata, le ‘operazioni dolose’ possono consistere nel compimento di qualsiasi atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria dell’impresa, inclusa una condotta omissiva che porti a un impoverimento ingiustificato.

La nuova normativa sulla crisi d’impresa ha modificato i requisiti della bancarotta impropria?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nuova norma (art. 329 del d.lgs. n. 14 del 2019) si pone in continuità con l’orientamento precedente, limitandosi a codificare un principio già affermato dalla giurisprudenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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