Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21001 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21001 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CHIETI il 07/07/1939
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto
1.E’ stata impugnata la sentenza della Corte d’appello de L’Aquila che, per quanto di interesse per il presente procedimento, ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara, che ha dichiarato la penale responsabilità di NOME Mario, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE fino alla data del 8 marzo 2013 (in realtà fino al 17 ottobre 2011), società dichiarata fallita i luglio 2014, in ordine al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 223 comma 2 n. 1 r.d. n. 267 1942, in relazione all’art. 2621 cod. civ. – capo B) della rubrica – commessi, in concorso con COGNOME
NOME NOME, in relazione ai bilanci di esercizio della società al 31 dicembre 2012 ed al dicembre 2013; ed in ordine ai delitti di cui agli artt. 110 cod. pen., 223 comma 1 e 216 comma 1 r.d. n. 267 del 1942, commesso in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE e in concorso con il poi deceduto NOME COGNOME NOME, amministratore della RAGIONE_SOCIALE, per aver distratto crediti a titolo gratuito a . favore della RAGIONE_SOCIALE, riconducibile al patrimonio del Di COGNOME.
Il ricorso per cassazione, a firma di difensore abilitato, consta di tre motivi, sintetiz sensi dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen., tutti evocanti i vizi di cui all’a comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
2.2.. Il secondo motivo – che concerne l’affermazione di reità per il capo C) – ha precisat come i contratti di cessione di credito stipulati dalla LIBRA in favore della FIDELIO fossero “i
conto futuro aumento di capitale sociale”, con l’effetto che quest’ultima avrebbe dovuto iscrivere un debito in contabilità a fronte della “futura trasformazione” di essi credi aumento di capitale della RAGIONE_SOCIALE stessa. I crediti erano vantati nei confronti di società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE – in concordato preventivo e, pertanto, essi erano “pari all’importo che si sarebbe dovuto incassare dalle procedure di concordato, sulla base del piano proposto”. La cessione non sarebbe a titolo gratuito, in quanto la RAGIONE_SOCIALE avrebbe aumentato la partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima avrebbe aumentato il capitale sociale.
Ancora, la sentenza sarebbe carente nell’individuazione degli elementi a supporto del contributo concorsuale di NOME, che sarebbe terzo estraneo rispetto alla formale contestazione di un reato “proprio” dell’amministratore della fallita, figura riconducibile al NOMECOGNOME
2.3. Il terzo motivo ha posto l’accento sulla assenza di prova dell’elemento soggettivo del reato, in quanto l’impostazione della motivazione della sentenza impugnata propenderebbe per un atteggiamento essenzialmente colposo, in presenza di un addebito di tipo esclusivamente doloso.
Considerato in diritto
Il ricorso è parzialmente fondato a riguardo dell’affermazione di responsabilità del ricorrent per il delitto di bancarotta impropria di cui a capo b), che determina l’annullamento senza rinvio del relativo verdetto di condanna, mentre, nel resto, il ricorso deve essere respinto.
1. La giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi di doppia conforme, è radicata nel riconoscere il principio della reciproca integrazione motivazionale delle sentenze di primo e di secondo grado, ammettendosi cioè che la sentenza di appello si saldi con quella precedente, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni e, ancor più, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; da ultimo v. Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME, non mass.).
1.1. Inoltre, specie in presenza di una “doppia conforme” sulla responsabilità, come nel caso di specie, il giudice di appello, nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando
di aver tenuto presente i fatti decisivi che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593 – 01; Sez. 5, n. 5123 del 16/01/2024).
2.Ebbene, a riguardo del primo motivo di ricorso, la sentenza del primo giudice, ha sottolineato che la condizione di squilibrio economico-finanziario della fallita si è delineata 2009 e si è progressivamente accresciuta, tanto che – a fronte di un attivo fallimentare di euro 372.000, il passivo ha raggiunto l’acme di euro 6.789.000; le domande di concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE evidenziavano “la rappresentazione di crediti per circa 5 milioni di euro, la cui analisi, secondo il curatore, portava a verificar inconsistenza”, dal momento che “risultavano conferiti da società facenti capo al NOME COGNOME quale amministratore o liquidatore; persona che veniva poi ad acquisire anche la qualità di amministratore delle società cessionarie”; che tali cessioni erano singolarmente avvenute “senza corrispettivo”; RAGIONE_SOCIALE era stata cessionaria sin dal 16 settembre 2011 di un credito dalla RAGIONE_SOCIALE, vantato da quest’ultima nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, iscritto in bilancio per euro 1.649.999, che la società cessionaria, poi fallita nel luglio 2014, non aveva mai tentato di recuperare; RAGIONE_SOCIALE stessa “aveva precedentemente contratto un mutuo con Credito Sammarinese” ,garantito da ipoteca e tra le banche con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva debiti “vi era il Credito Sammarinese nei cui confronti aveva un debito di euro 330.990”; il Credito Sammarinese era in liquidazione coatta amministrativa e il credito, oggetto della cessione, risaliva a 27 anni prima; non avevano trovato riscontro, in questo contesto di presunti rapporti di credito-debito, gli assunti del debitore id est, la LIBRA “secondo cui erano in corso di attuazione le attività necessarie all’azzeramento della rapportualità ed all’inserimento, per la differenza, nella procedura liquidativa del CIS”.
Analogamente, il presunto credito di euro 2.692.323 pervenuto nel 2010 alla LIBRA, a titolo gratuito, dalla società RAGIONE_SOCIALE, amministrata dal Di COGNOME, era cartolarmente vantato nei confronti del Ministero dei Beni Culturali che, però, tramite l’Avvocatura dello Stato, lo ave integralmente disconosciuto; anche in questo caso la Libra non si era mai adoperata per la sua riscossione.
Infine, l’assunto credito di euro 982.490, di’ natura tributaria – ceduto gratuitamente n luglio 2011 alla LIBRA dalla COGNOME COGNOME di cui COGNOME era liquidatore – era stato totalmente contestato dall’Agenzia delle Entrate con l’opposizione a decreto ingiuntivo e nel giudizio di opposizione la curatela del fallimento, valutata l’irrecuperabilità del credito c parere di un legale, aveva rinunciato agli atti del giudizio civile. La decisione di primo grado dato risalto anche all’anomala figura del Di COGNOME che in base alle visure camerali risulta “ricoprire 37 cariche in diverse società e svolgere in sostanza un’attività consistent nell’assumere cariche di amministratore e/o liquidatore in società prossime alla chiusura”, in definitiva un “professionista” del settore non associabile, in altre parole, a prospett imprenditoriali e commerciali dotate di affidabilità.
Le conclusioni declinate dal giudice di prime cure sono state condivise dalla Corte territorial che, in estrema sintesi, ha riproposto il giudizio di fittizietà dei crediti iscritti in quantomeno nei termini della completa inesigibilità, di tal che la loro appostazione “aveva chiaramente solo scopo di creare un’apparenza di attiv(o)”; tale comportamento degli amministratori ha “avuto senza dubbio la conseguenza di aggravare il dissesto”, poiché la “falsa apparenza di attivo e di solidità finanziaria ha permesso di proseguire per anni nell’attività di impresa senza procedere all’apertura della procedura fallimentare”, così d consumare il reato di bancarotta impropria di cui all’art. 223 comma 2 n. 1) r.d. n. 267 de 1942. Ed integra il reato di bancarotta impropria da reato societario la condotta dell’amministratore che, esponendo nel bilancio dati non corrispondenti al vero, eviti che si manifesti la necessità di procedere ad interventi di rifinanziamento o di liquidazione, in modo consentendo alla fallita la prosecuzione dell’attività di impresa con accumulo di ulteriori perdite negli esercizi successivi (sez.5, n.1754 del 20/09/2021, COGNOME, Rv. 282537).
In proposito, il motivo di ricorso è orientato a sollecitare una “rilettura” degli elementi di posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è, in via esclusiva, riservato al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di u diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (S.U. n. 640 del 30/04/1997, Dessinnone, Rv. 207944); assumono connotazione di taglio squisitamente “rivalutativo” le doglianze che nel complesso contestano la realizzabilità dei crediti, particolare quello vantato nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e la fondatezza dell’opzione d non coltivare il contenzioso giudiziario, assunta dalla curatela con il parere del legale designat in sede di procedura concorsuale. Merita di essere aggiunto, del resto, che il principio contabile OIC 15, vigente all’epoca, già enumerava una serie di parametri di catalogazione dei crediti nei bilanci di esercizio delle società di capitali ai fini della corretta applicazione dell’art. 8) cod. civ., tra i quali includeva le difficoltà finanziarie del debitore, il suo coinvolgime procedure concorsuali, la risalenza del credito non riscosso (c.d. crediti “incagliati”) pendenza di contestazioni da parte del debitore e/o di contenziosi tra le parti del rapport obbligatorio. Si tratta dei segnali correttamente predicati dalle deliberazioni in rassegna al f di calibrare l’esigibilità dei crediti appostati nei bilanci.
2.1. E tuttavia, l’art. 223, comma secondo, n. 1 legge fall. punisce gli amministratori direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno cagi concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621 e seguenti del codice civile. Viene in rilievo un reato proprio (non esclusivo) “soggettività ristretta” (come la gran parte dei reati fallimentari) che richiede la partecipazi di almeno un soggetto rientrante nelle categorie codificate dalla norma.
Ai sensi dell’art. 110 cod. pen., anche l’extraneus può concorrere nel reato con il soggetto dotato della qualifica, fornendo un consapevole contributo morale (es. istigazione, determinazione, rafforzamento dell’altrui proposito criminoso) o materiale (es.
confezionamento del bilancio falso) alla realizzazione dell’illecito, in presenza della necessari componente soggettiva.
I reati societari specificamente indicati – i quali, ‘a loro volta, sono reati prop rappresentano un elemento costitutivo della fattispecie di bancarotta in esame (cfr. Sez. 5, n. 37264 del 19/06/2023, Austa, non massimata). Il reato societario, come detto, deve perfezionarsi in tutti i requisiti oggettivi e soggettivi. I reati societari sono richiamati fattori, anche psicologici, come definiti dal codice civile: per “fatti” deve intendersi la “ti del reato, vale a dire l’insieme degli elementi descritti dal legislatore nell’ambito di una sin disposizione incriminatrice, all’interno della quale, dunque, è collocato anche il dolo (vedi motivazione Sez. 5 n. 28508 del 12/04/2013, COGNOME; Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Coatti).
L’amministratore della società successivamente fallita, al tempo del deposito dei bilanci falsi, era COGNOME divenuto amministratore unico della LIBRA il 17 ottobre 2011 (pag. 6 primo grado) e, sotto questo profilo, il motivo di ricorso coglie nel segno, dal momento che le uniche proposizioni rinvenibili in sentenza – e sul punto non soccorre in melíus quella del primo giudice – sono limitate a rappresentare che le cessioni dei crediti a favore della LIBRA, negl anni 2010 e 2011, sono state perfezionate quando amministratore unico era NOMECOGNOME prima che costui dismettesse la carica a favore del Di COGNOME. Nessun approfondimento è stato dedicato alla individuazione dei dati concreti che consentano di attribuire a NOME una responsabilità concorsuale, in qualità di extraneus, nel delitto di cui all’art. 2621 cod. civ. proprio dell’amministratore, perché l’acquisizione dei diritti di credito nel patrimonio d società, nel 2010 e nel 2011, in difetto di altri più specifici indicatori, non comp necessariamente la loro decettiva esposizione nei bilanci delle annualità successive, nel vigore di altra gestione amministrativa. Non vi è evidenza del ruolo eventualmente ricoperto dall’imputato nella fallita, di amministratore occulto, né vi è riferimento alla sussistenza di apporto causale da lui procurato ab extrinseco, nel frangente della predisposizione e presentazione dei bilanci del 2012 e 2013, perché è in relazione a questi ultimi, e non alle operazioni societarie pregresse, che l’esigibilità dei crediti deve essere classificata analizzata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.A diverse conclusioni deve condurre, invece, l’esame del secondo motivo del ricorso, che insorge contro l’affermazione di colpevolezza per il delitto di bancarotta distrattiva di cui capo c). Il motivo è generico e non consentito.
Il capo d’imputazione – v., in particolare, la descrizione della condotta di cui al capo g), pure riguarda la già coimputata COGNOME, v. anche pag. 12 sentenza di primo grado – riporta che fosse COGNOME a detenere una partecipazione in LIBRA e non viceversa, come sostenuto dal ricorrente e, d’altro canto, le argomentazioni della sentenza del Tribunale e della Corte d’appello – che, con enunciati non manifestamente illogici, ripercorrono le considerazioni del curatore del fallimento – sono allineate all’inquadramento del rapporto di collegamento tra i
due enti, e rimarcano l’inverosimiglianza di un conferimento in conto futuro aumento di capitale della RAGIONE_SOCIALE “con risorse della stessa società partecipata dalla RAGIONE_SOCIALE“; e ancora, l’implausibilità della potenziale conversione di un “debito” – che, in tesi difensiva, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto iscrivere in bilancio – in un “credito” della stessa RAGIONE_SOCIALE in relazione all’aspettativa di un futuro “aumento di capitale sociale” (pag. 11 primo grado, pagg. 7-8 appello, che solo per un refuso cita, a pag.7, “Toto NOME” in luogo di “NOME“), peraltr mai realizzato. Può essere aggiunto, in diritto, che il conferimento di crediti destinati a capit nelle società a responsabilità limitata, è di regola accompagnato dalla relazione di stima di un esperto, ai sensi dell’art. 2465 cod. civ. e che le obiezioni difensive, intese ad oppor l’intercorrenza di un rapporto negoziale a prestazioni corrispettive, non risultano accompagnate dalle allegazioni documentali indispensabili al sindacato di competenza del collegio, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso. Il giudizio di merito, che, nella cessione gratui un credito almeno parzialmente incamerabile, ha ravvisato la consumazione di un’operazione di spoliazione in danno dei creditori della fallita (v. sez.5, n. 28520 del 24/04/2013, Avesani Rv.257250), si rivela dunque incensurabile in sede di legittimità.
4.11 terzo e ultimo motivo a riguardo dell’addebito sub b) è assorbito dalle critiche mosse al provvedimento impugnato e gli elementi costitutivi del reato di bancarotta impropria dovranno essere nel loro insieme riesaminati, mentre, a riguardo dell’accusa sub c), la ragione di ricorso è per un verso indeducibile perché inedita violazione di legge, a norma dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen. e, per altro verso, caratterizzata da intima genericità.
I motivi di gravame (cfr. in particolare pagg. 11 e 12) non hanno affrontato il profi dell’elemento soggettivo del dolo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ed ontologicamente precipitano nell’alveo dell’inammissibilità; e tuttavia, il rilievo si pa epidermico e di assai debole impatto, perché gli elaborati del duplice grado hanno nel complesso evidenziato che NOME è stato l’amministratore unico della LIBRA fino al subentro del NOME (quando – pag. 5 primo grado – il dissesto, prodottosi dal 2009, era già conclamato, ed erano già state definite le atipiche operazioni di acquisizione di ingenti credi cartolari, a titolo gratuito) ed era l’amministratore della collegata RAGIONE_SOCIALE, beneficiaria trasferimento del credito vantato dalla prima, formalmente amministrata da COGNOME a seguito dell’avvicendamento, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
4.1.In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo de concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella delrintraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi d creditori (sez.5, n. 4710 del 14/10/2019, COGNOME, Rv. 278156) e la prova dell’elemento soggettivo dell’extraneus ben può essere ricavata dalle obbiettive caratteristiche della
transazione commerciale, come la natura dell’atto distrattivo o il prezzo di acquisto (i motivazione, sez.5, n. 26501 del 31/03/2021, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 281555).
La sentenza di primo grado (pag.10) ha convenientemente illustrato l’ampio patrimonio conoscitivo del prevenuto, esteso alle vicissitudini degli enti che hanno partecipato a
trasferimento di parte dell’attivo della fallita, in assenza di controprestazione, e, interpretazione non illogica, che resiste al presente vaglio, ne ha tratto indicator
complessiva padronanza dei connotati patologici di pertinenza dell’operazione.
5. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio relativamente all’imputazione di cui al capo b), mentre il ricorso deve essere altrimenti respinto. Nel giudiz
di rinvio dovrà essere parimenti riesaminato il trattamento sanzionatorio complessivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo b), con rinvio per nuovo giudizio alla
Corte di appello di Perugia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 23/05/2025
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