LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta: vendita simulata è reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che la vendita simulata di beni societari costituisce il reato consumato di bancarotta fraudolenta per dissimulazione, e non un semplice tentativo. Anche se una sentenza civile successiva accerta la simulazione e i beni non escono mai materialmente dal patrimonio sociale, l’atto di creare un’apparenza giuridica fittizia per sottrarre i beni ai creditori è sufficiente per integrare il reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: la Vendita Simulata è un Reato Consumato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 31694 del 2025, offre un importante chiarimento sul reato di bancarotta fraudolenta. Il caso analizzato riguarda la condotta di un amministratore che aveva simulato la vendita di immobili societari poco prima della dichiarazione di fallimento. La Corte ha stabilito che tale operazione, pur essendo fittizia e non avendo comportato un’effettiva uscita dei beni dal patrimonio aziendale, integra pienamente il reato consumato e non un semplice tentativo. Questa decisione rafforza la tutela dei creditori di fronte ad atti volti a celare i beni della società.

I fatti del caso

L’amministratore unico di una S.r.l., successivamente dichiarata fallita, veniva accusato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Nello specifico, un mese prima della dichiarazione di fallimento, aveva stipulato un contratto di vendita per alcuni immobili di proprietà della società in favore di un’altra azienda amministrata da suo fratello. Successivamente, un tribunale civile aveva accertato che tale vendita era una “simulazione assoluta”, ossia un atto puramente apparente che le parti non avevano mai voluto realmente concludere. Di conseguenza, i beni non erano mai effettivamente usciti dal patrimonio della società fallita.

L’amministratore ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo tre motivi principali:
1. Il reato non poteva sussistere, poiché i beni non erano mai usciti dal patrimonio sociale.
2. Mancava l’intento fraudolento (dolo), dato che l’operazione, se fosse andata a buon fine, avrebbe potuto portare liquidità alla società.
3. Al massimo, si sarebbe dovuto configurare un delitto tentato, non consumato, proprio perché la distrazione non si era mai perfezionata.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per l’amministratore. I giudici hanno chiarito che, sebbene non si sia verificata una “distrazione” materiale dei beni, la condotta rientra perfettamente in un’altra delle ipotesi previste dalla legge fallimentare: la “dissimulazione”.

La rilevanza penale della bancarotta fraudolenta tramite dissimulazione

La legge sulla bancarotta (art. 216 legge fallimentare) punisce diverse condotte alternative: distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e, appunto, dissimulazione. Queste non sono reati distinti, ma modalità diverse di commettere lo stesso crimine. La vendita simulata, secondo la Corte, è un classico esempio di dissimulazione e occultamento. Attraverso un contratto fittizio, l’amministratore ha fatto apparire che i beni non facessero più parte del patrimonio sociale, celandoli così alla garanzia dei creditori.

La Corte ha sottolineato che il reato si consuma nel momento stesso in cui viene posto in essere l’atto simulato, perché è in quel momento che si crea una situazione giuridica apparente e ingannevole. Non è necessario attendere l’effettiva perdita del bene. Il fatto che un giudice civile abbia successivamente smascherato la finzione non degrada il reato a un semplice tentativo, poiché il danno potenziale per i creditori si è già concretizzato con la stipula dell’atto fraudolento.

L’elemento psicologico del reato

Per quanto riguarda l’intento fraudolento, la Cassazione lo ha ritenuto palese. La vendita simulata a una società riconducibile a un familiare stretto (il fratello), effettuata a ridosso della dichiarazione di fallimento, manifestava in modo inequivocabile la volontà di sottrarre il patrimonio sociale alla garanzia dei creditori. L’argomentazione difensiva sulla potenziale liquidità è stata giudicata irrilevante, trattandosi di un’operazione fittizia e non di una reale transazione commerciale.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura della norma incriminatrice della bancarotta fraudolenta. L’obiettivo della legge è proteggere la garanzia patrimoniale dei creditori. Qualsiasi atto che, pur senza causare un’immediata diminuzione patrimoniale, crea un’apparenza giuridica falsa per nascondere i beni, è penalmente rilevante. La vendita simulata è un atto che, per sua natura, mira a ingannare i terzi (in questo caso, i creditori) sulla reale consistenza del patrimonio del debitore. Il reato si perfeziona con la creazione di questa apparenza, indipendentemente dal fatto che, in un secondo momento, l’inganno venga scoperto e l’atto dichiarato inefficace. Pertanto, non vi è spazio per configurare un tentativo, poiché la condotta di dissimulazione si è pienamente realizzata con la stipula del contratto simulato.

Le conclusioni

In conclusione, questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel reato di bancarotta fraudolenta, ciò che conta è la finalità dell’atto. Un’operazione fittizia, come una vendita simulata, è sufficiente a integrare il reato consumato di dissimulazione, anche se i beni non vengono materialmente spostati. La decisione serve da monito per gli amministratori, sottolineando che qualsiasi tentativo di alterare la realtà patrimoniale di una società in crisi per frodare i creditori sarà severamente punito, a prescindere dall’esito finale dell’operazione.

Una vendita simulata di immobili societari è considerata bancarotta fraudolenta anche se i beni non lasciano mai l’azienda?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la vendita simulata integra la condotta di “dissimulazione” o “occultamento” prevista dal reato di bancarotta fraudolenta. Non è necessaria l’effettiva uscita del bene dal patrimonio, essendo sufficiente creare un’apparenza giuridica fittizia per sottrarlo alla garanzia dei creditori.

Quando si considera consumato il reato di bancarotta per dissimulazione?
Il reato si considera consumato nel momento in cui viene posto in essere l’atto fraudolento, come la stipula del contratto di vendita simulato. È in quel momento che si realizza la condotta di occultamento dei beni, a prescindere dagli sviluppi futuri.

Se un tribunale civile dichiara la simulazione della vendita, il reato può essere considerato solo un tentativo?
No. La successiva dichiarazione di simulazione da parte del giudice civile, che rende l’atto inefficace, non fa regredire il reato a un semplice tentativo. La Corte ha chiarito che la condotta penalmente rilevante si è già perfezionata con la stipulazione dell’atto fittizio, che ha determinato la consumazione del reato di dissimulazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati