Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35866 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35866 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a San Benedetto Del Tronto il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Pistoia in data 7 aprile 2022 nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commesso nella qualità di socio illimitatamente responsabile della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dichiarata fallita dal Tribunale di Pistoia in data 23 ottobre 2012, ha assolto l’imputato dalle condotte di distrazione della somma di euro 170.000,00, di un’autovettura Smart Cabrio e di un motociclo Harley Davison, confermando nel resto la sentenza
appellata – quanto alle residue condotte di sottrazione o distruzione dele scritture contabili societarie di cui al capo A) e di distrazione degli ulteriori beni societari di cui al capo B) – e rideterminando la pena principale e le pene accessorie fallimentari applicategli.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, affidando l’impugnativa a quattro motivi, enunciati nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo ha censurato la sentenza impugnata, sotto il profilo del vizio di motivazione, in punto di prova del dolo specifico richiesto per l’integrazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo A). Ha dedotto, a sostegno, che la scelta dell’imputato di disinteressarsi della gestione contabile della società a far data dal 2009, affidando l’incarico di occuparsene alla moglie, non poteva essere interpretata come espressiva della sua coscienza e volontà di omettere la tenuta delle scritture contabili della fallita ‘RAGIONE_SOCIALE‘ allo scopo di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori, ma, piuttosto, di quella stessa negligenza riconosciuta in capo alla consorte, pure socia illimitatamente responsabile della società, in ragione della quale la bancarotta fraudolenta documentale contestatole era stata derubricata in bancarotta documentale semplice.
Con il secondo motivo ha contestato, denunciando il vizio di motivazione, l’affermazione di responsabilità di NOME per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale in riferimento alla distrazione della somma di euro 25.000,00. Ha dedotto che, se la stessa somma, percepita dalla consorte NOME COGNOME, era stata ritenuta congruo compenso dell’attività svolta da NOME per la gestione del bar dal 2009 al 2012, non si sarebbe potuto applicare un diverso criterio di valutazione per la somma percepita dal ricorrente, che non si era limitato a svolgere un’attività prettamente manuale, ma si era impegnato in un’attività amministrativa e imprenditoriale.
Con il terzo motivo ha contestato, sotto l’egida del vizio di motivazione, l’affermazione di responsabilità di NOME per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale in riferimento alla distrazione della somma di euro 175.000,00, ricevuta dalla RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di un’autovettura Ferrari. Ha dedotto, a sostegno, che la conferma della condanna del ricorrente in relazione alla detta condotta sarebbe il frutto di un mancato approfondito confronto del giudice di appello con il motivo di gravame articolato sul punto, che aveva evidenziato come il ricorrente fosse stato vittima di un raggiro da parte della società venditrice dell’autovettura, la quale, pur avendone percepito il prezzo, non ne aveva
formalizzato il trasferimento in capo alla società acquirente e ne aveva, indebitamente, riacquistato il possesso.
Con il quarto motivo ha denunciato il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’entità del trattamento sanzionatorio applicato all’imputato. Ha dedotto che nella rideterminazione dello stesso la Corte territoriale si sarebbe limitata a decurtarlo solo dell’importo corrispondente all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto all’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, L.F., senza tener conto dell’assoluzione di COGNOME da due delle condotte distrattive contestategli.
Con requisitoria in data 15 settembre 2025 il Procuratore generale, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Infondato è il primo motivo.
1.1. La conferma dell’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo A), ritenuto integrato per non avere egli, da socio illimitatamente responsabile della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dichiarata fallita dal Tribunale di Pistoia il 23 ottobre 2012, omesso di consegnare alla Curatela la documentazione contabile societaria relativa al biennio 2009/2011, è stata giustificata nella sentenza impugnata rilevandosi: come il commercialista della società avesse riferito che COGNOME, il quale si era sempre occupato dell’amministrazione del bar almeno sin dal 2003, aveva continuato a gestirlo «almeno fino al 2011»; come l’imputato, pur avendo allegato di essersi assentato dalla gestione del bar dal 2009 in poi, a causa di sue vicissitudini personali, non avesse mai documentato qualsivoglia impedimento nella prosecuzione della gestione stessa; come egli, pur consapevole degli obblighi gravanti a suo carico, si era astenuto dalla verifica dell’operato della moglie, socia al 50% della compagine, pur conscio dell’assoluta inesperienza di NOME; di come egli non si sarebbe dovuto disinteressare della gestione contabile della società, vuoi perché questa aveva continuato ad operare, vuoi perché la stessa era stata destinataria di un ingente finanziamento per l’acquisto in leasing di una Ferrari che l’aveva esposta per il pagamento delle relative rate.
1.2. Di tanto dato atto, va ricordato che l’art. 2257 cod. civ., richiamato dall’art. 2293 cod. civ. in tema di società in nome collettivo, dopo avere stabilito che: «Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri» (comma 1), precisa che: «Se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta» (comma 2). Questo comporta che il singolo socio amministratore, vieppiù perché illimitatamente e solidamente responsabile – come emerge dal tenore letterale del combinato disposto degli artt. 2260 e 2297, comma 1, cod. civ. -, non può disinteressarsi dell’operato degli altri soci-amministratori, a maggior ragione quando emergano chiari segnali di condotte pregiudizievoli per l’integrità del patrimonio da costoro attuate, salvo che non sussistano specifiche e documentate ragioni che diano conto dell’inesigibilità dell’esercizio del potere-dovere di vigilanza sulla complessiva gestione sociale. Al di là dell’esercizio disgiunto dei poteri gestori, gravano, infatti, indistintamente, su tutti i soci-amministratori obblighi di vigilanza – direttamente discendenti dalla posizione di garanzia delineata dagli artt. 2260 e 2267 cod. civ. – che impongono loro di controllare di continuo l’andamento della gestione ed intervenire per evitare che condotte pericolose per la prosecuzione dell’attività sociale e per gli interessi dei creditori possano essere poste in essere.
In forza di tale statuto disciplinare della responsabilità dei soci di una società di persone, NOME COGNOME, nella veste di socio amministratore della società in nome collettivo ‘RAGIONE_SOCIALE‘, che, peraltro, secondo quanto annotato dalla Corte territoriale, non aveva documentato alcun impedimento tale da rendere inesigibile la sua ingerenza nella conduzione della società, avrebbe dovuto vigilare sulla gestione contabile del bar da parte dell’altra socia-amministratrice, la moglie NOME COGNOME, della quale egli ben conosceva l’inesperienza in materia: dovere di vigilanza cui egli non si sarebbe dovuto sottrarre tanto più che la società si trovava gravemente esposta nei confronti di una società di leasing in riferimento alla restituzione delle rate del finanziamento ricevuto per l’acquisto di un’autovettura neppure utile per il perseguimento dei fini aziendali.
1.3. Non implausibilmente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto che COGNOME nell’«abbandonare la tenuta della contabilità» nelle mani della moglie, ben sapendo che NOME «non era in grado di tenerla» (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata), se ne fosse prefigurato la dispersione o, comunque, l’omessa consegna agli organi della Curatela finalizzate allo scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori.
2. Anche il secondo motivo è infondato.
2.1. La Corte territoriale ha ritenuto che la somma di Euro 25.000, destinata a NOME COGNOME a titolo di compenso per l’attività lavorativa prestata a favore della società non potesse costituire oggetto del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, avendo ella svolto funzioni che esulavano dal rapporto di immedesimazione organica. Ha, invece, affermato che l’appropriazione della medesima somma da parte di NOME COGNOME fosse tale da integrare un fatto distrattivo in danno della società fallita, perché egli non aveva svolto a favore di questa un lavoro che giustificasse un tale compenso. COGNOME, infatti, aveva riferito di essersi occupato dal 2003 della gestione amministrativa del bar, attività non assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un lavoro subordinato o parasubordinato, suscettibile di generare un credito da emolumenti verso la società.
2.2. Si tratta di affermazione corretta in diritto, perché aderente al principio secondo cui «Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica» (Sez. 5, n. 25183 del 13/05/2025, Arlandi, Rv. 288204 – 01), e rispetto alla quale il ricorrente non oppone una specifica confutazione.
3. Inammissibile è, invece, il terzo motivo.
Con argomentazioni interamente versate in fatto il motivo in disamina riproduce le stesse generiche deduzioni già sviluppate con il gravame. Omette, infatti, di confrontarsi con la ratio decidendi della condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME per la condotta di distrazione della somma di euro 175.000,00, oggetto di un finanziamento erogato alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ma da lui utilizzato per l’acquisto di un’autovettura Ferrari, evidentemente non destinata ad un uso aziendale: finanziamento che aveva lasciato la società obbligata al pagamento delle rate relative alla restituzione dello
stesso, benché non avesse tratto nessuna concreta utilità dal mezzo, destinato all’uso personale di NOME.
Inammissibile è, pure, il quarto motivo di ricorso.
In esito all’operazione di rideterminazione del trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha applicato a NOME COGNOME la pena principale di anni due di reclusione e le pene accessorie nella stessa misura della durata della pena principale: donde, l’importo delle sanzioni inflitte al ricorrente non poteva essere ulteriormente ridotto.
Per le argomentazioni che precedono il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere il rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 09/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME