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Bancarotta fraudolenta: ruolo dell’amministratore

La Corte di Cassazione annulla una condanna per bancarotta fraudolenta a carico dell’amministratrice di una ‘newco’. I giudici ritengono insufficiente basare la colpevolezza sul solo ruolo formale, richiedendo la prova di un contributo concreto e consapevole alla distrazione di beni e alla sottrazione di scritture contabili.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: La Carica Formale Non Basta per la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 27247/2025) ha riaffermato un principio cruciale in materia di bancarotta fraudolenta: per condannare un amministratore, non è sufficiente la sua carica formale, ma è necessaria la prova di un suo contributo concreto e consapevole al reato. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla valutazione della responsabilità penale all’interno di complesse vicende societarie e familiari.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda una complessa operazione societaria che ha portato al fallimento di una s.r.l. (la “società fallita”) e alla contemporanea costituzione di una nuova società (la “società cessionaria”), operante nel medesimo settore. L’amministratrice della nuova società, figlia degli amministratori di fatto di entrambe le entità, è stata condannata nei primi due gradi di giudizio per concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

L’accusa sosteneva che l’intero complesso aziendale della società fallita, inclusi beni strumentali, avviamento e contratti, fosse stato illecitamente trasferito alla nuova società senza alcun corrispettivo, al fine di sottrarlo alla garanzia dei creditori. Inoltre, le scritture contabili obbligatorie della società fallita erano state sottratte. L’imputata, in qualità di legale rappresentante e socia di maggioranza della società beneficiaria, era stata ritenuta corresponsabile di tali condotte.

La Responsabilità nella Bancarotta Fraudolenta

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione carente e illogica da parte della Corte d’Appello. La difesa ha sostenuto che la condanna si basava unicamente sul suo ruolo formale nella nuova società, senza alcuna prova del suo coinvolgimento attivo e consapevole nelle decisioni distrattive. In particolare, si evidenziava come la ricorrente fosse una semplice dipendente nella società fallita, gestita di fatto dai suoi genitori, e che la sua posizione nella nuova società non implicasse automaticamente una partecipazione cosciente al disegno criminoso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse gravemente carente proprio riguardo alla posizione individuale della ricorrente. La Corte d’Appello non aveva adeguatamente spiegato quali specifiche condotte l’imputata avesse posto in essere per contribuire alla distrazione dei beni e alla sottrazione dei documenti contabili.

Secondo la Cassazione, la responsabilità penale è personale e non può derivare automaticamente da una posizione formale o da un legame familiare. Per affermare il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta, è necessario dimostrare “oltre ogni ragionevole dubbio” che l’amministratore della società beneficiaria abbia fornito un contributo causale, materiale o morale, alla realizzazione del reato, con la piena consapevolezza della finalità illecita dell’operazione. Nel caso di specie, la Corte territoriale si era limitata a dedurre il suo consenso e la sua consapevolezza dal ruolo di legale rappresentante e socia di maggioranza della “newco”, un’argomentazione ritenuta insufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza.

In particolare, la sentenza non ha chiarito il ruolo dell’imputata nella distrazione di specifici beni, come sei automezzi, né nella sottrazione delle scritture contabili della società fallita, nell’ambito della quale lei non ricopriva ruoli gestori.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza il principio fondamentale secondo cui la colpevolezza deve essere provata attraverso elementi concreti e specifici, non tramite presunzioni basate su ruoli formali. Per i reati societari come la bancarotta fraudolenta, ciò significa che l’accusa deve dimostrare il contributo attivo e cosciente di ogni singolo concorrente. Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito a non trascurare un’analisi individualizzata delle posizioni processuali, specialmente in contesti familiari dove i ruoli formali possono non corrispondere alla reale gestione aziendale. Il caso torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare i fatti attenendosi a questi rigorosi principi.

Essere amministratore di una società che beneficia di una distrazione di beni da un’altra società fallita è sufficiente per essere condannati per bancarotta fraudolenta?
No, secondo la sentenza, la sola carica formale di amministratore o socio di maggioranza della società beneficiaria non è sufficiente. È necessario che l’accusa provi un contributo causale, concreto e consapevole dell’amministratore alla condotta illecita, dimostrando la sua piena consapevolezza della finalità distrattiva dell’operazione.

Quale errore ha commesso la Corte d’Appello secondo la Cassazione?
L’errore principale è stato quello di non fornire una motivazione adeguata e specifica sul ruolo concreto della ricorrente. La Corte d’Appello ha basato la condanna su presunzioni derivanti dal suo ruolo formale e dal legame familiare, senza individuare le specifiche condotte concorsuali, sia oggettive che soggettive, che dimostrassero la sua partecipazione al reato oltre ogni ragionevole dubbio.

Cosa deve essere provato per la bancarotta fraudolenta documentale a carico di un soggetto esterno alla società fallita?
Per addebitare la bancarotta documentale (sottrazione delle scritture contabili) a un soggetto che non aveva ruoli gestori nella società fallita, la Corte avrebbe dovuto chiarire quale fosse stato il suo ruolo specifico nella condotta di sottrazione. Non è sufficiente inserire genericamente tale condotta nell’ambito di una più ampia attività distrattiva, ma occorre provare il suo specifico contributo anche a questo reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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