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Bancarotta fraudolenta: ruoli e responsabilità

La Corte di Cassazione esamina un complesso caso di bancarotta fraudolenta orchestrato tramite lo svuotamento patrimoniale di una cooperativa. La sentenza analizza le responsabilità penali dei diversi soggetti coinvolti, tra cui amministratori con e senza delega, sindaci e terzi concorrenti. Viene confermato che una serie di operazioni, apparentemente distinte ma funzionalmente collegate, costituisce un’unica strategia distrattiva. La Corte si sofferma sul ruolo dell’amministratore senza delega, che risponde per concorso omissivo se, pur in presenza di segnali d’allarme, non interviene per impedire gli illeciti. Viene annullata con rinvio la condanna per un terzo, ritenuto mero prestanome, per approfondire la sua effettiva consapevolezza del piano criminoso fin dall’inizio.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta: la responsabilità di amministratori e sindaci

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11738 del 2025, si è pronunciata su un complesso caso di bancarotta fraudolenta, delineando i confini della responsabilità penale per amministratori, sindaci e terzi concorrenti. La decisione offre importanti chiarimenti su come una serie di operazioni societarie, seppur formalmente distinte, possa integrare un’unica strategia criminale finalizzata a svuotare il patrimonio di una società a danno dei creditori.

I fatti del caso: una complessa operazione di svuotamento societario

Il caso riguarda una società cooperativa agricola in grave crisi finanziaria. Gli amministratori, invece di intraprendere azioni di risanamento, hanno architettato un piano per spogliare la società di tutti i suoi beni. L’operazione si è articolata in più fasi:

1. Prima cessione: Tutti i beni strumentali e l’intero patrimonio immobiliare della cooperativa sono stati venduti a un socio, che era anche parente di un altro amministratore, a un prezzo notevolmente inferiore al loro valore di mercato. La delibera per questa vendita è stata presa senza informare l’assemblea dei soci.
2. Creazione di una società veicolo: Successivamente, l’acquirente ha ceduto gli stessi beni a una società di nuova costituzione, di fatto una ‘scatola vuota’ creata ad hoc, di cui lo stesso acquirente era amministratore.
3. Cessione di quote: Infine, le quote della società veicolo sono state trasferite a un altro socio della cooperativa originaria, completando il passaggio di mano dell’intero patrimonio all’interno della stessa cerchia familiare e societaria.

A queste operazioni si aggiungeva un’ulteriore distrazione di denaro, mascherata contabilmente come pagamento per lodi arbitrali mai avvenuti, azzerando la cassa della società.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla Bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha analizzato le posizioni dei vari imputati, distinguendo tra amministratori operativi, un’amministratrice senza delega, un componente del collegio sindacale e terzi concorrenti (definiti extraneus). I giudici hanno ritenuto che le diverse operazioni non fossero episodi isolati, ma tasselli di un unico disegno criminoso volto alla spoliazione della società.

La responsabilità dell’amministratore senza delega e del sindaco

Un punto centrale della sentenza riguarda la responsabilità dell’amministratrice senza deleghe e del sindaco. Secondo la Corte, anche chi non ha poteri gestionali diretti ha un obbligo di vigilanza e di intervento. Nel caso specifico, l’amministratrice, pur essendo entrata nel CdA quando il piano era già in parte avviato, ha partecipato alla delibera cruciale per la vendita dei beni. La sua colpa risiede nel non aver agito di fronte a evidenti ‘segnali di allarme’ sulla grave crisi e sulle anomalie gestionali, accettando il rischio che si verificasse l’evento illecito. Questo configura un concorso omissivo improprio nel reato. Un ragionamento analogo è stato applicato al sindaco, il quale avrebbe dovuto esercitare un controllo più penetrante, non limitandosi a una verifica formale dei conti, ma vigilando sul contenuto della gestione.

Il ruolo dei concorrenti esterni (extraneus)

Per quanto riguarda i terzi che hanno partecipato alle operazioni successive alla prima vendita, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: un’azione compiuta dopo la consumazione del reato (post factum) non è punibile, a meno che non sia il frutto di un accordo precedente. Se il terzo interviene in base a un piano unitario e preordinato, il suo contributo è considerato parte integrante del reato di bancarotta. Per uno degli imputati, considerato un mero ‘prestanome’ intervenuto a distanza di anni, la Corte ha annullato la condanna con rinvio, chiedendo ai giudici di merito di verificare più a fondo se esistessero prove della sua consapevole adesione al piano fraudolento fin dall’inizio.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su consolidati principi giuridici. In primo luogo, viene ribadita la natura unitaria del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, che può essere realizzato attraverso una pluralità di atti, se questi sono legati da un unico disegno criminoso. Anche se le singole operazioni si sono susseguite nel tempo, la loro connessione funzionale le rende parte di un’unica condotta illecita.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che, a seguito della riforma del diritto societario, l’amministratore senza delega ha un preciso ‘dovere di agire informato’ (art. 2381 c.c.). Questo significa che, di fronte a segnali di allarme evidenti, non può rimanere inerte ma deve attivarsi per impedire atti pregiudizievoli. La sua omissione, se causalmente legata all’evento, fonda la sua responsabilità penale. La Corte ha ritenuto che la crisi aziendale, i legami familiari tra i protagonisti e l’incongruità del prezzo di vendita fossero segnali inequivocabili che avrebbero dovuto allertare sia l’amministratrice che il sindaco.

Infine, per i concorrenti esterni, la motivazione distingue nettamente tra chi è partecipe del patto scellerato fin dall’inizio e chi interviene successivamente senza un previo accordo. Solo nel primo caso si configura il concorso in bancarotta; nel secondo, si potrebbe eventualmente parlare di altri reati, come la ricettazione fallimentare, ma non di concorso nella distrazione.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per tutti coloro che ricoprono cariche societarie. Essa chiarisce che la responsabilità penale per bancarotta fraudolenta non è limitata a chi compie materialmente gli atti di distrazione, ma si estende a chi, pur avendone l’obbligo, omette di vigilare e intervenire. Gli amministratori senza delega e i sindaci non possono trincerarsi dietro la mancanza di poteri operativi quando la gestione presenta palesi anomalie. La decisione conferma un approccio rigoroso della giurisprudenza, che guarda alla sostanza delle operazioni e alla consapevolezza dei singoli, sanzionando non solo le azioni, ma anche le omissioni colpevoli che contribuiscono a danneggiare il patrimonio sociale e i diritti dei creditori.

Qual è la responsabilità di un amministratore senza deleghe in un caso di bancarotta fraudolenta?
Un amministratore senza deleghe risponde per concorso omissivo improprio nel reato se, pur essendo a conoscenza di ‘segnali d’allarme’ inequivocabili sulla crisi della società e su operazioni gestionali illecite, omette di intervenire per impedire tali atti. Il suo dovere di ‘agire informato’ gli impone di attivarsi, e la sua inerzia volontaria, accettando il rischio del danno, fonda la sua responsabilità penale.

Quando un atto compiuto dopo la distrazione dei beni è considerato concorso in bancarotta?
Un atto compiuto dopo la principale operazione distrattiva (come una successiva compravendita dei beni già sottratti) costituisce concorso punibile nel reato di bancarotta fraudolenta solo se risulta essere parte di un accordo unitario e preesistente, finalizzato allo spoglio della società. Se l’atto è estemporaneo e non legato a un patto precedente, non integra il concorso e viene considerato un ‘post factum non punibile’ rispetto al reato di bancarotta.

In che modo un sindaco può essere ritenuto responsabile per il reato di bancarotta commesso dagli amministratori?
Un sindaco può essere ritenuto responsabile a titolo di concorso omissivo se non adempie ai suoi doveri di vigilanza. Il suo controllo non deve essere meramente formale, ma deve estendersi al contenuto della gestione. Di fronte a operazioni palesemente anomale, irrazionali e pregiudizievoli (come la vendita di beni a un prezzo irrisorio a un socio), il sindaco ha l’obbligo di intervenire. La sua omissione consapevole contribuisce causalmente alla realizzazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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