Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12362 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12362 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a CATANIA il 26/07/1977 COGNOME nato a CATANIA il 17/09/1961
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità ricors;i;
letta la memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che si riporta al ricorso e alla memoria di replica.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Monza del 2.03.2023 che condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il primo, quale
amministratore unico dal 24.01.2018 alla data del fallimento, il secondo, quale procuratore speciale dal 4.06.2018 alla data del fallimento, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Monza del 24.04.2019, per avere distratto, sottratto e/o occultato, in tutto o in parte i ben della fallita ed in particolare, l’autovettura RAGIONE_SOCIALE, tg CODICE_FISCALE, oggetto del contratto di locazione a lungo termine stipulato in data 1.06.2018 con la RAGIONE_SOCIALE, bene non rinvenuto dal curatore fallimentare, mai restituito alla società locataria e sottratto con pregiudizio per la massa fallimentare, ed oggetto di sequestro preventivo del 25.11.2019, nonché per avere, nelle rispettive qualità, con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, sottratto, occultato, distrutto o comunque omesso di tenere ab initio, in tutto o in parte, i libri e le altre scritture contabili della so omettendo di consegnarli al curatore fallimentare, anche dopo essere venuti formalmente a conoscenza della notifica del decreto di sequestro preventivo di cui al capo 1).
Contro l’anzidetta sentenza, l’imputato NOME COGNOME propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME affidato a tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 II primo motivo di ricorso lamenta violazione ed erronea applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli ar 110 cod. pen., 216 co. primo n.1, 223, comma primo, RD 267/1942, nonché vizio di mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere la Corte territoriale fondato la prova della responsabilità penale del ricorrente sul ruolo apicale di amministratore di diritto all’interno della società, sulla indicazione dei suoi dati anagrafici nel contratto di locazione della autovettura, sul suo totale disinteressamento 4. n .’ la sorte del mezzo cessata la misura cautelare, e non tenuto conto che, al momento della stipula di tale contratto, il ricorrente non rivestiva più alcun potere gestorio nella società fallita, in quanto sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari sino al 28.11.2018, senza potere svolgere attività lavorativa, non potendo dunque avere conoscenza del contratto di locazione; nonché vizio di travisamento della prova per non avere considerato che il mezzo veniva consegnato al procuratore, coimputato, NOME COGNOME che sottoscriveva il contratto di locazione, le condizioni generali del contratto, i preventivo ed il verbale di consegna della autovettura, circostanza questa riscontrata dalla denuncia-querela in atti, mentre l’imputato sarebbe estraneo alla
locazione e non avrebbe mai avuto disponibilità e possesso del mezzo, deducendo che in tale periodo la società era gestita dall’COGNOME che acquisiva anche la materiale disponibilità del veicolo; che i fatti di cui alla sentenza n.44/2022 del Tribunale di Bergamo, depositata dal coimputato, non potrebbero essere utilizzati per trarre elementi di prova in quanto diversi da quelli oggetto del presente procedimento; che l’imputato è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dal 18.04.2018 al 28.11.2018; che l’autovettura non è mai stata cercata attraverso una visura al PRA per risalire all’attuale proprietario del mezzo; nonché in punto di elemento soggettivo del reato, deducendo carenza di motivazione.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 11 cod. pen., 216 co. primo, 223 n.2, comma primo, RD 267/1942, nonché vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale, deducendo mancanza di prova della omessa redazione e tenuta delle scritture contabili dagli amministratori della fallita nonché vizio di mancanza di motivazione sul puntof che il ricorrente non è stato mai messo in condizione di interloquire con il curatore perché trasferito che la Corte di appello si pronuncia soltanto sul motivo afferente la riqualificazione del reato nella fattispecie di cui all’art.217, comma 2, L.F. nonché vizio di carenza di motivazione in punto di elemento soggettivo del reato.
2.3 n terzo motivo di ricorso lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di determinazione della pena e di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza.
Contro l’anzidetta sentenza, l’imputato NOME COGNOME propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME affidato a tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1 n primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge ai sensi dell’art.606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.216, comma 1 e 2, L.F., e vizio di mancanza, illogicità della motivazione e di travisamento della prova in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, deducendo che l’affermazione di responsabilità si basa sulla ritenuta qualifica di amministratore di
3 GLYPH
n
5k
fatto dell’Innpellizzeri in ragione degli ampi poteri gestori indicati nella procur speciale e della vicenda della ricezione in data 20.06.2018 della vettura Mini Countrynnan, oggetto del contratto di locazione a lungo termine, sottoscritto in data 1/06/2018 dall’COGNOME e nel quale erano indicati i dati personali di quest’ultimo, vettura non rinvenuta, con nocumento per i creditori; ahis, jfle considerazioni estrapolate dalla sentenza del Tribunale di Bergamo, confermata dalla Corte di appello di Brescia, di condanna degli imputati per truffe commesse nei mesi di giugno, luglio e agosto 2018, nelle qualità di amministratore unico e di procuratore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima partecipata per il 50% dall’COGNOME, di cui l’COGNOME veniva nominato procuratore speciale, richiamando i motivi di appello sulle ragioni della insussistenza del ruolo di amministratore di fatto quanto alla funzione operativa ed esecutiva dell’incarico assegnato al ricorrente, per un periodo di poco più di cinque mesi, cessando alla fine di novembre 2018, limitato a sporadiche attività di carattere pratico e materiale senza alcuna funzione decisionale o gestionale, rimaste prerogative dell’amministratore di diritto, quali la sottoscrizione delle parti accessorie e la sola presa in consegna del veicolo che la condotta di sottoscrizione del contratto di locazione finanziaria era successiva di pochi giorni alla nomina del procuratore, preordinata e nota all’COGNOME, deducendo vizio di carenza di motivazione in punto di elemento soggettivo, estendendo le medesime censure anche al reato di bancarotta fraudolenta documentale, deducendo che la sentenza del Tribunale di Bergamo attiene a fatti diversi (sottoscrizione di contratto di locazione finanziaria da parte del procuratore generale e non già solo presa in consegna del bene noleggiato da altri), evidenziando l’errore in cui è incorsa la Corte di appello, deducendo vizio di carenza di motivazione per travisamento della prova.
3.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge ai sensi dell’art.606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 e 133 cod. pen deducendo assenza di motivazione in punto di quantificazione dell’aumento a titolo di continuazione tra i delitti di bancarotta fraudolenta oggetto del presente giudizio e gli episodi di truffa e appropriazione indebita già giudicati dal Tribunale di Bergamo (con sentenza confermata dalla Corte di appello di Brescia, irrevocabile 1113.10.2023) per i reati satellite non offrendo alcuna giustificazione alla decisione, chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio.
3.3 II terzo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art.606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.216 R.D.267/1942 e 133 cod. Pen., deducendo omessa pronuncia sulla richiesta di rivisitazione delle pene accessorie,
chiedendo l’annullamento con rinvio in parte qua ed esorbitanza della sanzione accessoria difforme dalla pena principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME.
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato per le ragioni indicate puntualmente nelle pag. da 6 a 9 del provvedimento impugnato.
Il primo motivo di ricorso ripropone in sostanza censure già sviluppate in appello riconducibili all’assenza dell’elemento psicologico del reato contestato nella imputazione per avere il ricorrente rivestito il ruolo di amministratore di diritt della società fallita solo in via formale. Le deduzioni svolte sono meramente reiterative, non ravvisandosi vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello, che hanno ricavato la consapevolezza del ruolo svolto dal ricorrente e dell’attività illecita della società da precisi elementi, idonei al fine dimostrare l’elemento psicologico in capo all’imputato.
2.1 Deve, in primo luogo, rammentarsi il principio secondo il quale quando le sentenze di primo e secondo grado concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizza nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale, sicché è possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello (Sez. 2, Sentenza n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735). Il principio va riaffermato e condiviso, con la precisazione che l’integrazione delle motivazioni è ammissibile, nel caso in esame, per avere la Corte d’appello ripercorso, sulla base degli atti d’appello, l’iter motivazionale della sentenza di primo grado per verificarne la coerenza e la tenuta con il compendio probatorio (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 30838 del 10/03/2013, Rv 257056) ed esaminato le censure svolte. I giudici di merito hanno ricostruito nel dettaglio tutte le vicende societarie sulla base delle prove acquisite nel corso delle indagini preliminari e ne hanno dato atto con motivazione precisa, congrua e priva di illogicità, tantonneno manifesta, peraltro in doppia conforme.
Eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti
nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei già menzionati vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile. (Sez. 6, n. 5334 del 1993, Rv. 194203-01; Sez. 3, Sentenza n. 17395 del 24/01/2023).
Ne consegue l’inammissibilità dei motivi, per quanto ribadito anche dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), in ragione del principio per cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
Invero, nel caso in esame, il motivo si limita a riprodurre le censure dedotte in appello, solo con il riferimento in premessa alla richiesta di annullamento della sentenza impugnata, difettando del tutto di critica argomentata avverso il provvedimento ‘attaccato’ e dell’indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico-giuridico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 – dep. 21/02/2013, Leonardo e al tri, Rv. 254584).
2.2 All’uopo, va premesso, che i giudici d’appello hanno fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta, l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo di impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, la quale non può dedursi dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore; tuttavia, allorché, si tratti di soggetto che accetti ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza potendosi configurare l’elemento soggettivo che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato come dolo diretto (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l’affermazione della responsabilità penale (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Rv. 271754) (Sez. 5, Sentenza n. 19182 del 31/01/2022, Rv. 283136 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 32413 del 24/09/2020, Rv.
GLYPH
279831 – 01; Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv, 262767; Sez. 5, sentenza n. 38712/2008 e Sez. 5, Sentenza n. 17670 del 2011).
2.2.1 Nella specie, il motivo non si confronta con la sentenza impugnata che, con motivazione immune da censure e vizi di illogicità, richiamando la sentenza del primo giudice, ha fondato la penale responsabilità del ricorrente per la bancarotta fraudolenta patrimoniale non solo sul ruolo di socio unico e di amministratore unico di diritto della società dal medesimo ricoperto bensì sul concreto esercizio di compiti gestori e di vigilanza propri dell’amministratore di una società tanto da nominare, nel periodo di sottoposizione a misura cautelare degli arresti domiciliari, un procuratore speciale della società nel coimputato COGNOME, soggetto pluripregiudicato per associazione a delinquere, truffe e falsi, che rivestiva la medesima qualifica anche in altra società (RAGIONE_SOCIALE sempre con sede in Arcene) di cui l’COGNOME era socio, da sottoscrivere il contratto di locazione finanziaria della autovettura oggetto della distrazione, contratto che riporta i dati anagrafici dell’COGNOME, da apporre le proprie sottoscrizioni sul documento denominato appendice alle condizioni generali di locazione a lungo termine e su quello denominato condizioni economiche° nonché ) , sia sulla omessa vigilanza ed omesso impedimento dell’operato illecito del procuratore speciale che agiva in nome e per conto della società, disinteressandosi completamente della sorte dell’autovettura anche dopo la cessazione della misura degli arresti domiciliari, che a titolo di concorso commissivo nella distrazione, sulla scorta dei fatti accettati della sentenza del Tribunale di Bergamo, prodotta dalla difesa dell’COGNOME, relativa ad una serie di accorgimenti volti ad indurre nei fornitori la convinzione di contrarre con imprenditori seriamente intenzionati ad esercitare attività di impresa e in grado di sostenere le obbligazioni contratte, al fine di ingannarli ed impossessarsi dei beni oggetto di locazione o compravendita. Sul punto si rimanda alla pag.16 della sentenza impugnata che richiama la vicenda della stipula da parte dell’COGNOME, amministratore della RAGIONE_SOCIALE, con la RAGIONE_SOCIALE di un contratto di locazione commerciale di una porzione di immobile industriale ad uso ufficio e magazzino sito in Arcene, sede operativa della RAGIONE_SOCIALE nonché sede legale di RAGIONE_SOCIALE e la condotta distrattiva delle forniture di materiale edile ivi contenute da parte dell’imputato che era fisicamente presente nello stabile dal 18.04.2018 sino alla fine del mese in quanto sottoposto alla misura degli arresti donniciliari disposti dal Tribunale di Catania. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sul punto si richiamano gli insegnamenti di questa Corte secondo i quali – in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale ed in caso di bene pervenuto all’impresa a seguito di contratto di “leasing” – qualsiasi manomissione del medesimo che ne impedisca l’acquisizione alla massa integra il reato determinando
la distrazione dei diritti esercitabili dal fallimento con contestuale pregiudizio per creditori a causa dell’inadempimento delle obbligazioni assunte verso il concedente (Sez. 5, Ordinanza n. 9427 del 03/11/2011, dep. 2012, Rv. 251995). Invero, quel che rileva, al fine di verificare l’integrazione del reato distrattivo, è la disponibi di fatto, in capo all’utilizzatore, dei beni successivamente distratti, considerato che, comunque, la sottrazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene gravata dell’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione (Sez. 5, Sentenza n. 44350 del 17/06/2016, Rv. 268469).
E’ noto che il contratto di leasing, o locazione finanziaria, è il negozio atipico col quale una parte denominata concedente, dietro corrispettivo di un canone periodico, concede ad un’altra parte (utilizzatore) il godimento di un bene, con facoltà di restituirlo al termine prefissato ovvero di “riscattarlo” dietro pagamento di una specificata somma residua. Tale essendo la struttura del rapporto giuridico, ne deriva che la proprietà del bene, in pendenza del termine di durata, rimane in capo al concedente e il relativo trasferimento è solo eventuale in quanto dipende dalla scelta dell’utilizzazione, che sarà effettuata in base a una valutazione della residua utilità economica della cosa, in rapporto all’ammontare del prezzo di “riscatto”. Ne consegue, ancora, che, in caso di successivo fallimento, qualunque manomissione da parte dell’utilizzatore, tale da impedire l’acquisizione del bene alla massa, comporta distrazione non già del bene medesimo, ma dei diritti esercitabili dal fallimento al termine del contratto, determinando altresì per i creditori il pregiudizio derivante dall’inadempimento delle obbligazioni verso il concedente (v. sez. 5, n. 33380 del 18/07/2008, COGNOME, Rv. 241397; Sez. 5, n. 6882 del 08/04/1999, COGNOME, Rv. 213604; Sez. 5, Sentenza n. 21933 del 17/04/2018, Rv. 272992 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La configurabilità del reato di bancarotta per distrazione postula, infatti, che i beni non rinvenuti in sede di inventario siano entrati realmente nella sfera patrimoniale della società fallita, di talché possa ipotizzarsi quel distacco ingiustificato che integra sul piano oggettivo la fattispecie incriminatrice”. La sentenza Sez. V, n. 29757 del 21/05/2010, COGNOME condivisibilmente, aggiunge che, ove il fallimento, come nel caso di specie, riguardi l’utilizzatore, può venire in rilievo la sola disponibilità di fatto, essendo pacifico che il soggetto non realizza la disponibilità giuridica del bene in leasing almeno sino alla fine rapporto e, cioè, sino a quando, previo esercizio del diritto di opzione, il medesimo utilizzatore non abbia corrisposto il prezzo di riscatto, acquisendo così la proprietà del bene. Ne consegue che anche la mera disponibilità di fatto giuridicamente qualificata ex art.72 L. Fall. del bene che entra a far parte del patrimonio dello stesso, postula, pur sempre, l’avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di
8 GLYPH
!qk
leasing. Orbene, verificatosi tale indefettibile presupposto, la relativa appropriazione da parte sua integra distrazione, la sottrazione o la dissipazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore – che avrebbe potuto essere conseguito mediante riscatto al termine del rapporto negoziale – e, al tempo stesso, gravata di ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione (per l’affermazione degli stessi principi, v. anche, già in precedenza, Cass., Sez. V, n. 33380 del 18/07/2008, Bottamedi, nonché Cass., Sez. V, n. 9427/2012 del 03/11/2011, Ca n na rozzo).
Ne deriva che laddove l’imprenditore utilizzatore del bene fallisca, la fattispecie incriminatrice ex art. 216 I. fall. deve ritenersi applicabile ogniqualvolt sia stata, nel concreto, posta in essere con dolo una delle condotte alternativamente descritte dalla suddetta disposizione normativa, condotte che comportino un nocumento della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., innpendendo, dunque, al curatore un’integrale ricostruzione ed una efficiente liquidazione del patrimonio del fallito, con conseguente pregiudizio delle ragioni creditorie.
Con motivazione congrua e condivisibile, la Corte di appello ha correttamente ravvisato l’elemento soggettivo del dolo generico nella consapevolezza delle attività poste in essere dal procuratore speciale, tenuto conto della prossimità temporale tra il rilascio della procura (30.05.2018), la sua iscrizione nel registro delle imprese (4/06/2018), e la stipula del contratto di locazione della autovettura (1/06/2018), ritenuta indicativa della preordinazione alla conclusione dello specifico negozio giuridico.
Sul punto, è immune da censure la decisione della Corte territoriale che, senza incorrere nel travisamento della prova, ha ritenuto irrilevanti ai fini della decisione le deduzioni difensive in relazione al ruolo di prestanome del ricorrente desumibile dalla circostanza che, al momento della stipula della locazione, l’COGNOME non rivestiva più alcun potere gestorio nella società fallita, in quanto sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari sino al 28.11.2018, non poteva svolgere attività lavorativa e non poteva avere conoscenza del contratto di locazione, in quanto dagli elementi sopra indicati (quali la prossimità temporale tra il rilascio della procura (30.05.2018), la sua iscrizione nel registro delle imprese (4/06/2018), e la stipula del contratto di locazione della autovettura (1/06/2018), la sottoscrizione del documento appendice alle condizioni generali di locazione a lungo termine, e del documento denominato condizioni economiche, da parte dell’Amato, la sottoscrizione del preventivo e del verbale di consegna della autovettura, la sottoscrizione delle condizioni generali della locazione, da parte dell’COGNOME), ha desunto la piena condivisione da parte degli imputati di un
piano criminale volto alla distrazione del bene mobile registrato, concorrendo entrambi, con ruoli e condotte diverse, alla commissione del reato, avendo l’imputato preordinato con il conferimento della procura speciale all’COGNOME ad attuare il proposito criminoso.
Quanto all’inutilizzabilità, nel presente giudizio, della sentenza n.44/2022 del Tribunale di Bergamo, depositata dal coimputato, perché fondata su elementi di prova diversi da quelli oggetto del presente procedimento, la Corte territoriale ha risposto con motivazione immune da censure indicando una serie di accorgimenti posti in essere dagli imputati volti ad indure nei fornitori la convinzione di contrarre con imprenditori seriamente intenzionati ad esercitare attività di impresa e in grado di sostenere le obbligazioni contratte, al fine di ingannarli ed impossessarsi dei beni oggetto di locazione o compravendita, richiamando, a pag.16, la vicenda di altra attività distrattiva in cui l’COGNOME, poco prima della sottoposizione a misura cautelare, concludeva con la società RAGIONE_SOCIALE un contratto di locazione commerciale avente ad oggetto un immobile commerciale, dove lo stesso veniva per un periodo sottoposto alla misura degli arresti donniciliari, sottraendo un rilevante ammontare di forniture di materiale edile.
Ulteriore elemento correttamente valutato dalla Corte di appello ai fini della sussistenza della condotta distrattiva è costituito dalla approvazione da parte dell’Amato di bilanci totalmente inattendibili per gli anni 2016 e 2017, rispettivamente in data 31.02.2018 e 8.02.2018, periodi in cui lo stesso era l’unico soggetto ad amministrare la società, che la Corte ha inquadrato nella complessiva finalità perseguita dal ricorrente di costruire una credibilità di facciata che gl permettesse di utilizzare la società a proprio piacimento.
2.2 II secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
La bancarotta fraudolenta documentale da omessa tenuta, sottrazione od occultamento delle scritture contabili, prevista dall’art. 216, comma primo, n. 2, prima parte, I. fall., configura un reato a dolo specifico; viceversa, è sufficiente i dolo generico nell’ipotesi prevista dalla seconda parte della medesima disposizione per le condotte di infedele tenuta delle scritture contabili in guisa da rendere impossibile la ricostruzione degli affari e del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838).
Ciò posto, i giudici di merito hanno condannato il ricorrente per la omessa tenuta ab initio, in tutto o in parte, dei libri e delle scritture contabili della soci ed omessa consegna al curatore di qualsivoglia documentazione, anche dopo essere venuti formalmente a conoscenza, a seguito della notifica del sequestro
GLYPH
k
preventivo e della condotta di bancarotta fraudolenta contestata, riportando i rilievi sollevati dal curatore nel corso delle sue attività di verifica, valorizzando ruolo di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, il disinteresse di entrambi gli imputati di interloquire con il curatore e di consegnargli le scritture contabili, irreperibilità di entrambi i ricorrenti, la complessità della vicenda distrattiva, qua indici del dolo specifico, ossia dello scopo di arrecare pregiudizio ai creditori in quanto il comportamento omissivo degli imputati era finalizzato all’occultamento delle vicende gestionali.
La ricostruzione dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, nella sua duplice declinazione, si fonda sull’ovvia constatazione secondo cui, alla luce degli artt. 2214 e segg. cod. civ., la conservazione e la fedele redazione delle scritture di impresa è preciso ed indefettibile onere dell’imprenditore, sia individuale che associato, nonché, di conseguenza, anche dell’amministratore di fatto, individuato ai sensi dell’art. 2639 cod. civ.
Nella specie, la Corte di merito richiama il ruolo svolto dall’imputato, quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE occupandosi, in via esclusiva, della gestione della società fallita, salvo un periodo di cinque mesi in cui conferiva procura speciale in favore del coimputato COGNOME per la sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari, esercitando in modo continuativo e significativo i poteri tipici relativi alla qualifica o alle funzioni dell’amministr di diritto, e sul quale incombeva lo specifico obbligo di consegna al curatore.
Sulla scorta delle superiori considerazioni, con motivazione logica ed immune da vizi ha ritenuto che l’COGNOME, nella qualità, unico depositario delle scritture contabili dalla data di costituzione della società sino alla data del fallimento, nonché vero e proprio dominus della società fallita con poteri gestori, di disposizione e decisori, era consapevole della omessa consegna delle scritture contabili relative alla vita della società amministrata.
Quanto alla riqualificazione del fatto nella fattispecie di bancarotta documentale semplice di cui all’art.217 L.F., la Corte ha richiamato le considerazioni di cui al punto 5.1 della sentenza in tema di integrazione del dolo specifico della bancarotta fraudolenta documentale.
Questa Corte di legittimità ha più volte ribadito che, a differenza che nel reato di bancarotta semplice, in cui l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritt obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, nel delitto di bancarotta fraudolent documentale, l’elemento oggettivo riguarda tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi, ancorché non obbligatori (Sez. 5, n. 55065 del 14/11/2016, Incalza, Rv. 268867). L’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale, cioè, può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione,
GLYPH
k
diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie (Sez. 5, n. 44886 del 23/9/2015, COGNOME, Rv. 265508; Sez. 5, n. 22593 del 20/4/2012, COGNOME, Rv. 252973; Sez. 5, n. 7165 del 29/1/1977, COGNOME, Rv. 136073).
2.3 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Cass. III, n. 44071/2014), posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, sicché la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza.
Nella specie, la motivazione offerta dalla Corte territoriale in punto di diniego del riconoscimento delle attenuanti generiche, che, confrontandosi con il motivo di appello, ha ritenuto che la pena irrogata dal primo giudice congrua alla gravità dei fatti complessivamente considerati e si attesta sul minimo edittale e l’aver optato per il giudizio abbreviato puro è un elemento che incide sul trattamento sanzionatorio in quanto comporta una riduzione della pena inflitta di 1/3, è corretta ed immune da vizi.
NOME COGNOME.
3.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il motivo è reiterativo e non si confronta con la sentenza impugnata che, con motivazione immune da censure e vizi di illogicità, richiamando la sentenza del Tribunale, per la coerenza della ricostruzione dei fatti con le risultanze probatorie e non scalfita dalle censure mosse della difesa, mera riproposizione di argomenti dedotti dinanzi al Tribunale e confutati dal primo giudice, ha fondato il ruolo dell’COGNOME di amministratore di fatto della società valorizzando l’ampiezza dei poteri conferiti all’imputato a mezzo di procura speciale nonché il pieno esercizio dei poteri gestori.
L’amministratore di fatto è il soggetto che, pur non essendo stato investito formalmente della carica di amministratore della società, tuttavia, esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici relativi alla qualifica o alle funzi
dell’amministratore di diritto. D’altronde, in termini logici, non è in alcun modo configurabile un amministratore di fatto estraneo alla gestione imprenditoriale: proprio in quanto titolare (di fatto) delle funzioni gestorie, concorre (in termini d causalità commissiva o omissiva) alla realizzazione degli atti di amministrazione, dei quali si assume la piena responsabilità.
La conseguenza principale del riconoscimento della figura dell’amministratore di fatto consiste nel suo assoggettamento al rispetto dei doveri previsti dall’ordinamento con specifico riferimento all’amministratore di diritto, la cui violazione comporta la configurabilità delle fattispecie di responsabilità configurabili, con i conseguenti obblighi risarcitori nei confronti della società, dei soci, dei creditori sociali e del singolo socio o terzo, ai sensi degli artico rispettivamente, 2392, 2393-bis, 2394 e 2395 c.c.
La nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., dunque non postula necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiede l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive – in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settor gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare – il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 5, Sentenza n. 35346 del 20/06/2013, Rv. 256534 – 01; Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279497; Sez. 5, Sentenza n. 25021 del 2023; Sez. 5, del 14 aprile 2003, n. 22413, Rv. 224948; Sez. 1, del 12 maggio 2006, n. 18464, Rv. 234254; Sez. 5, n. 25075 del 2023; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, Rv. 269101; Sez. 5, n. 35346 del 20106/2013 Rv. 256534; Sez. 5, n. 25030 del 2023; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101; Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540; Sez. 5, n. 35346 del 20/6/2013, COGNOME, Rv. 256534; Sez. 3, n.22108 del 19/12/2014, COGNOME e altri, Rv. 264009; Sez. 2, n. 36556 del 24/05/2022, Rv. 283850). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ai fini dell’individuazione della figura dell’amministratore di fatto della società non è necessario che l’attività attuata dal soggetto che si è ingerito nella gestione sociale in assenza di qualsivoglia investitura sia caratterizzata da completezza e, cioè, che sia svolta in tutti gli ambiti tipici della funzione gestoria e attraverso a conformativi dell’operato della società aventi valenza esterna. In definitiva, l’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: a) mancanza di una formale investitura; b)
attività di gestione svolta in maniera continuativa, non episodica od occasionale; c) autonomia decisionale interna ed esterna, con funzioni operative e di rappresentanza.
Nella ricorrenza delle suindicate condizioni, l’amministratore “di fatto”, in base alla disciplina dettata dal novellato art. 2639 cod. civ., è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili (Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Rv. 250844; Sez. 3, n. 33385 del 5/7/2012, COGNOME, Rv. 253269), anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall’art. 40, comma secondo, cod. pen.
Spetta al giudice del merito valutare e perimetrare il novero e la significatività delle attività concretamente svolte, potenzialmente idonee a delineare il ruolo dell’amministratore di fatto, anche nei limiti delle responsabilità gestionali espletate al vertice di uno specifico comparto dell’operatività dell’impresa (Sez. 5, n. 19145 del 13/4/2006, COGNOME, Rv. 234428, che ha ritenuto corretta l’attribuzione effettuata dai giudici di merito della qualifica di amministratore di fatto al preposto al settore commerciale di un piccolo organismo operante nel mercato del commercio, in considerazione del peso decisivo rivestito da costui nella conduzione della società).
La Corte territoriale, confrontandosi con il motivo di ricorso, indica quale fonte dei poteri gestori, la procura speciale conferita dall’amministratore unico della società, con atto scritto del 30.05.2018, iscritta nel registro delle imprese il successivo 4.06.2018, che attribuiva all’Impellizzeri ogni più ampio potere per l’ordinaria e straordinaria amministrazione limitatamente agli atti ed operazioni espressamente indicati nella procura (poteri di rappresentanza, poteri gestori, compresa la gestione finanziaria della società), a causa della impossibilità dell’COGNOME di provvedere all’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE in quanto sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, nonché, quali atti concreti compiuti dal ricorrente in nome e per conto della società, la vicenda della sottrazione della autovettura, oggetto di locazione finanziaria dell’1.06.2018, consegnata al ricorrente, nella qualità, il 20.06.2018, le cui rate non venivano pagate dal gennaio 2019, omettendone la restituzione e, comunque, non consentendone il reperimento.
Con motivazione congrua ed immune da censure, la Corte di appello, confrontandosi con il ricorso, ha ritenuto irrilevanti le deduzioni difensive relative alla durata limitata nel tempo (poco più di cinque mesi) dell’attività gestoria, che oltre al concorso nella vicenda della sottrazione della autovettura oggetto della
locazione finanziaria, è consistita nel compimento di attività commerciali di acquisto di consistenti quantitativi di merce, compiuta nel periodo di validità della procura ed in cui l’COGNOME era ristretto agli arresti domiciliari, riscontrati da fattu per acquisto merce, mai rinvenuta, e rimaste innpagate, generando un debito accertato dal curatore pari ad euro 216.789,73, che attestano, tenuto conto della varietà e del numero dei fornitori (otto) rimasti insoddisfatti, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, lo svolgimento di funzioni decisionali e gestionali e l’assunzione almeno di una parte di tali debiti come si evince dall’assegno dell’importo di euro 36.759,13 emesso dalla società fallita il 3 agosto 2018, in un periodo in cui necessariamente la gestione era in mano al procuratore.
Quanto alla deduzione secondo cui il ricorrente si sarebbe limitato alla sottoscrizione delle parti accessorie del contratto di locazione finanziaria e alla sola presa in consegna del veicolo, e che la sottoscrizione di tale contratto era successiva di pochi giorni alla nomina del procuratore, preordinata e nota all’COGNOME, la Corte territoriale ha individuato una piena condivisione da parte degli imputati di un piano criminale volto alla commissione di una pluralità di atti depauperativi del patrimonio di una società che fin dall’inizio era stata utilizzata dal socio unico COGNOME per finalità fraudolente, con ripartizione di ruoli, occupandosi il ricorrente della presa in carico dell’auto il 20.06.2018 nonché alla corresponsione di alcune rate del canone mensile di locazione.
Quanto alla deduzione di carenza di motivazione in punto di elemento soggettivo, estendendo le medesime censure anche al reato di bancarotta fraudolenta documentale, il motivo non si confronta con la motivazione della sentenza della Corte di appello che richiama la pronunzia del Tribunale, (RJeSk) la responsabilità dell’COGNOME sul ruolo di amministratore di fatto che deduce dalla sostanziale amministrazione della società in forza della procura speciale rilasciatagli dall’amministratore formale, valorizzando l’ampiezza dei poteri conferiti all’imputato ed il pieno esercizio degli stessi. rip
Quanto all’utilizzo delle risultanze probatorie della sentenza del Tribunale di Bergamo che riguarderebbe fatti diversi (sottoscrizione di contratto di locazione finanziaria da parte del procuratore generale e non già solo presa in consegna del bene noleggiato da altri), evidenziando l’errore in cui è incorsa la Corte di appello, e deducendo vizio di assenza di motivazione per travisamento della prova, il motivo non si confronta con la motivazione, che richiama la procura generale conferitagli dall’amministratore unico della fallita e della RAGIONE_SOCIALE co atto del 18.06.2018, in virtù della quale il ricorrente riceveva la merce oggetto del contratto di locazione stipulato con RAGIONE_SOCIALE e sottoscriveva il verbale di consegna ed i documenti di trasporto della merce ed intratteneva rapporti commerciali con i responsabili della RAGIONE_SOCIALE rassicurandoli sui
pagamenti dei corrispettivi pattuiti per la cessione della merce oggetto della appropriazione, compiendo dunque attività di gestione della società, utilizzando gli imputati società pulite ma da anni inoperanti per indurre i fornitori nella convinzione di contrarre con imprenditori seriamente intenzionati ad esercitare attività d’impresa tant’è che dopo essersi appropriato della merce da questi consegnata in virtù di contratti di locazione o compravendita ometteva di corrispondere il prezzo o il canone rendendosi irreperibile.
In punto di elemento soggettivo del dolo specifico, la motivazione della sentenza impugnata, che richiama i medesimi indici di valutazione (qualifica di amministratore di fatto, esercizio degli ampi poteri conferitigli con la procura ad negotia), nonché la irreperibilità dello stesso al curatore, desumendo lo scopo di recare pregiudizio ai creditori dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, è immune da vizi e censure.
3.2 II secondo motivo di ricorso è fondato.
Con riferimento alla ritenuta continuazione tra i fatti giudicati con sentenza 44/22 e quelli oggetto del presente giudizio, la Corte di appello omette qualsiasi valutazione in termini di adeguatezza e congruità dell’aumento di pena disposto nella misura di anno uno mesi tre di reclusione per la continuazione esterna.
3.3 Il terzo motivo di ricorso è fondato.
3.1. La sentenza impugnata risulti2 oggettivamente arbitraria nella parte relativa alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, non avendo i giudici di appello fornito alcuna giustificazione neppure con richiamo dei parametri di congruità ed adeguatezza della pena accessoria applicata, alla stregua dei parametri di cui all’art.133 cod. pen., in correlazione con il disvalore del fatto di reato e con la personalità del responsabile”, tenuto conto dello specifico finalismo preventivo, al quale sono preordinate le pene complementari ( Sez. U., Sentenza n. 28910 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 276286 – 01).
La sentenza impugnata va annullata nei confronti di COGNOME limitatamente al trattamento, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Nel resto, il ricorso di tale imputato va rigettato.
Alla inammissibilità del ricorso di COGNOME segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa della Ammende.
Annulla la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso di tale imputato.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME Vincenzo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19/12/2024.