Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34718 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34718 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato atto che il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, comma $, di. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, senza l’intervento delle parti che hanno concluso per iscritto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore, che ha chiesto dichiararsi l’estinzione dei reati per prescrizione;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14 novembre 2023, la Corte di appello di Perugia, in sede di giudizio di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Fermo in composizione collègiale in data
09/07/2014 a carico di NOME COGNOME e, concessegli le circosta ze attenuanti . generiche con giudizio di equivalenza sull’aggravante contestata, ha ridotto la pena principale a suo carico inflitta ad anni tre di reclusione e alla tessa misura tutte le pene accessorie previste dall’art. 261, ultimo comma, L.F.
COGNOME era titolare di omonima ditta individuale operante in Massignano, dichiarata fallita dal Tribunale di Fermo il 02/08/2011, e gli erano stati contestati due capi di imputazione: l’illecito di cui all’art. 216, comma 1 n. 2, .F. per avere tenuto i libri e le scritture contabili obbligatorie in maniera irregolare e incompleta in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto con danno dei creditori; e l’illecito di cui all’art. 216, comma 1 n. 1, L.F. per avere distratto l somma di C 57.000,00 mediante prelevamenti dai conti correnti di cui era titola e nel periodo 01/01/2010-31/08/2010, nonché i beni mobili oggetto di vendita ffettuata nel 2010 in favore della “RAGIONE_SOCIALE” di Massignaho di cui era amministratrice la moglie NOME COGNOME per un valore di € 11400,00.
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del 5uo difensore, articolando tre motivi:
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e oli altre norme giuridiche, in particolare gli articoli 216 e seguenti, 223 della legge fallimentare, 110, 191 e 192 cod. proc. pen., perché la Corte di appello non ha temuto conto del fatto che il COGNOME nella sua qualità di amministratore COGNOME diritto alla retribuzione per l’attività svolta e ha automaticamente ritenuto distratte le so da lui prelevate per C 57.000,00 anziché valutarne la congruità rispet o all’onorario spettanteg li ;
nza del fatto b) inosservanza delle medesime norme, perché la Corte di appe lo ha ritenuto provata la condotta di occultamento o distruzione della docunnentazine contabile, senza tenere conto del fatto che il fallito ha depositato in Tribunale qUanto previsto dalla legge (bilanci e scritture contabili), lasciando nella disponibilità del curatore tutta la documentazione presso l’azienda, e senza valutare che la doCumentazione indicata come mancante dai consulenti del pubblico ministero non rientra tra quella obbligatoria e quella a disposizione degli inquirenti non COGNOME impedito la ricostruzione del patrimonio e degli affari della società; in ogni casb non vi erano elementi dai quali inferire il dolo di cui all’art. 216 legge fallimentar e la Corte appello lo COGNOME ritenuto dimostrato solo in ragione della sussist materiale;
veva essere c) inosservanza dell’art. 157 cod. pen., perché il reato d dichiarato prescritto.
si
Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso perché richiede una rivalutazione nel merito su punti tutti ampiam nte trattati in motivazione dal giudice di merito.
Il difensore dell’imputato ha depositato memoria con la quale in iste tra l’altro dichiararsi estinto il reato essendo maturato il termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Va in ogni caso e preliminarmente respinta la richiesta di dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione.
La difesa deduce che il termine prorogato di prescrizione in rel zione ai reati contestati, puniti con pena massima di dieci anni di reclusione, è pari a dodici anni e sei mesi ed essendo stati gli illeciti asseritamente commessi in dat 02/08/2011, il termine sarebbe decorso alla data il 02/02/2024. Dagli atti, tuttavia, risulta che all’udienza del 10/07/2013 è stato disposto un rinvio della trattazio e del giudizio sino al 18/06/2014, ordinando la sospensione dei termini di prescri ione per 343 giorni come legittimamente consente in tali casi il disposto dell’art. 1[59, comma 1 n. 3, cod. pen.: quindi la scadenza corretta è il 10/01/2025 e i reati jontestati non sono estinti.
Le ,altre due censure, per quanto attinenti a diverse imputazioni, possono essere trattate congiuntamente.
Occorre anzitutto ricordare che la sentenza impugnata è stata emessa in sede di giudizio di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione che, con sentenza del 31/01/2022, COGNOME annullato una precedente decisione della Corte q:li appello con la quale COGNOME era riconosciuto responsabile di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva. Aveva in particolare accolto le censure che lamentavano che la sentenza non COGNOME offerto alcuna specifica risposta ai mot vi di appello, limitandosi a riprodurre formule argomentative sganciate da qualunque riferimento alle condotte contestate e citare precedenti di giurisprudenza.
Nel giudizio di rinvio la Corte di appello perugina COGNOME cònfrontato gli elementi agli atti con gli argomenti della difesa.
Con riguardo alla bancarotta documentale evidenziava che il fallito, convocato più volte dal curatore, non si era presentato al curatore e quando vi si presentò il 24/01/2012 non fornì alcun elemento utile.
La documentazione, ricevuta dal curatore, gli era pervenuta dopo sue richieste (perché non ne era stata agevolmente rinvenuta alcuna) ed era tata agli anni 2009/2010, peraltro in più parti incompleta.
Con riguardo alla bancarotta distrattiva, sottolineava che COGNOME COGNOME venduto nel corso dell’anno 2010 beni mobili alla ditta “RAGIONE_SOCIALE“, con socio unico e amministratore la propria moglie, NOME COGNOME, per un valore di € 11.875,00, somma di cui è del tutto ignota la destinazibne, visto non risulta dalla documentazione contabile.
Inoltre tra 1’01/01/2010 e il 31/08/2010 risultavano diversi prelevamenti dai conti a favore del COGNOME e della moglie per un importo complesSivo pari ad C 57.000,00.
Sulla cessione dei beni la Corte sottolineava che alla circostanza della cessi dei beni alla coniuge quando la ditta cominciava a versare in difficoltà economica si accompagnava il fatto che della somma asseritamente ricavata dall’operazione non vi era alcuna traccia in alcun documento né in altri passaggi di denaro. assenza di elementi il quadro veniva ritenuto univocamente indicativo della fittizietà dell’operazione e della volontà distrattiva.
La Corte esaminava anche la giustificazione addotta dalla difesa per i complessivi prelievi di C 57.000,00 e riteneva eccessiva la somma per remunerare per soli dieci mesi l’amministratore, risultando invece sintomatico I fatto che in passato non avesse mai prelevato somme per tali ragioni e tutto quell’ammontare lo avesse prelevato quando l’impresa versava in condizioni finanziar ,e precarie.
A chiusura del proprio argomentare la Corte COGNOME posto il dato relativo ai prelievi effettuati dalla moglie del COGNOME, la quale non poteva avere alcun titolo per essere remunerata; tale circostanza veniva considerata decisiva nel disattendere la ricostruzione difensiva.
Quanto alla bancarotta fallimentare, la sentenza impugnata si è confrontata con la tesi della difesa, che ritiene che la documentazione fornita COGNOME comunque consentito di ricostruzione del patrimonio, e l’ha disattesa mettendd in evide che il curatore era stato chiaro nel riferire come quella documentazione fosse scarsa e frammentaria, e pertanto del tutto inidonea a ricostruire il movimento degli affari.
Infine l’accertata condotta distrattiva valeva a supportare il quadro indiziario anche con riguardo alla connessa condotta di bancarotta documentale in ordine alla sussistenza del dolo di impedire la ricostruzione del patrimonio consentendo il rinvenimento della documentazione o consegnandola incompleta e anche in ordine al dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e arrecare danno ai creditori.
A fronte di questa coerente ricostruzione logica, intessuta specirici a dati rattuali, il ricorrente ripropone gli stessi argomenti g giudice di merito: la necessità di tenere conto dei compensi cui a di riferimenti à valutati dal veva diritto il COGNOME COGNOME la sua attività nei confronti dell’impresa, l’avvenuta consegna dei libri contabili obbligatori e la loro idoneità a ricostruire il patrimonio e gli a dell’impresa, l’assenza di prova del dolo.
Il ricorso invece non si confronta con gli argomenti spesi dal giudice del rinvio per disattendere già e ampiamente le tesi della difesa, che peraltro non spiegano nemmeno i dati più sintomatici della volontà distrattiva e del dolo di arrecare danno ai creditori: i prelievi immotivati della moglie del COGNOME e la vendita dei beni alla società a socio unico della moglie del COGNOME, senza cie del prezzo versato si sia mai trovata traccia.
Il ricorso, quindi, reintroduce, in sede di legittimità, questioni di merito peraltro in maniera incompleta e assertiva, con censure in alcun modo agganciate agli snodi argomentativi della motivazione, che appare in ogni caso completa e scevra da qualsivoglia vizio logico.
Il ricorso mira quindi ad una rivalutazione dei medesimi elementi gi esaminati dalla Corte di appello e propone mere critiche argornentative alle valutazioni del giudice di . merito.
Ne consegue che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e dalla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 26 giugno 2024 Consigliere estensore
Il Presidente