Bancarotta Fraudolenta Documentale: Quando la Mancata Ricostruzione Contabile Costa Caro
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1386/2024, ha affrontato un caso di bancarotta fraudolenta documentale, confermando la condanna di un imprenditore e dichiarando inammissibile il suo ricorso. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla gestione delle scritture contabili e sulla distinzione tra la condotta fraudolenta e quella colposa, offrendo spunti cruciali per chiunque operi nel mondo imprenditoriale.
I Fatti di Causa: La Duplice Condanna
L’imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. La contestazione riguardava la mancata tenuta e ricostruzione delle scritture contabili obbligatorie, una condotta che, secondo l’accusa, era stata posta in essere con lo scopo preciso di danneggiare i creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.
Primo Motivo: Genericità sulla Configurabilità del Reato
L’imputato sosteneva una violazione di legge riguardo alla sussistenza stessa del reato. La Cassazione ha ritenuto questo motivo generico, poiché la sentenza impugnata aveva chiarito, con una motivazione logica e coerente, che l’imputato, pur avendo ricevuto parte della documentazione contabile, non aveva provveduto a ricostituire quella mancante, integrando così pienamente gli estremi del reato.
Secondo Motivo: Il Travisamento della Prova sul Dolo
Il secondo motivo lamentava un vizio di motivazione, in particolare un travisamento della prova riguardo l’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico. Anche in questo caso, la Corte ha giudicato il motivo generico. La sentenza di appello, infatti, aveva adeguatamente argomentato sulla piena consapevolezza dell’imputato di realizzare un progetto in frode ai creditori, motivazione ritenuta né manifestamente illogica né contraddittoria.
Terzo Motivo: L’Errata Qualificazione Giuridica
Infine, il ricorrente chiedeva che la sua condotta venisse qualificata come l’ipotesi meno grave prevista dall’art. 220 della legge fallimentare (bancarotta semplice). La Cassazione ha definito questo motivo manifestamente infondato. La condotta richiesta all’imprenditore non si limitava al semplice deposito delle scritture contabili in suo possesso, ma includeva l’obbligo di istituire ex novo quelle mancanti. La sua omissione, quindi, non era un mero atto negligente, ma parte di un disegno fraudolento più ampio.
L’analisi della Corte sulla bancarotta fraudolenta documentale
La Suprema Corte ha sottolineato un punto cruciale: l’obbligo di tenuta delle scritture contabili non è solo un dovere formale. Esso è funzionale a garantire la trasparenza della gestione aziendale e a tutelare i terzi, in particolare i creditori. La bancarotta fraudolenta documentale si configura non solo con la distruzione o l’occultamento dei libri contabili, ma anche con la loro tenuta irregolare o incompleta, quando ciò sia fatto con l’intento di recare pregiudizio ai creditori.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Cassazione per dichiarare l’inammissibilità del ricorso sono state nette. I motivi presentati sono stati giudicati generici perché non si confrontavano specificamente con le argomentazioni logiche e ben fondate della Corte d’Appello. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito dei fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi e, pertanto, non censurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la responsabilità dell’amministratore per la corretta tenuta delle scritture contabili è un obbligo inderogabile. La mancata ricostruzione della contabilità, se inserita in un contesto volto a nascondere il patrimonio e a frodare i creditori, integra il grave reato di bancarotta fraudolenta documentale. La decisione serve da monito per gli imprenditori, evidenziando che l’omissione di obblighi contabili non viene trattata come una semplice negligenza, ma può essere interpretata come un atto doloso con conseguenze penali molto severe. Di conseguenza, viene confermata la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando la mancata tenuta delle scritture contabili configura la bancarotta fraudolenta documentale?
Secondo la Corte, si configura il reato di bancarotta fraudolenta documentale quando la condotta omissiva è supportata dal dolo specifico, ovvero dalla piena consapevolezza e volontà di realizzare un progetto in frode ai creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio aziendale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi addotti sono stati ritenuti generici. Essi non contestavano in modo specifico le argomentazioni logiche e coerenti della sentenza di appello, che aveva già chiarito la sussistenza del reato e del dolo specifico con una motivazione immune da vizi.
Qual è la differenza tra l’ipotesi di bancarotta fraudolenta (art. 216 l.f.) e quella semplice (art. 220 l.f.) in questo caso specifico?
La Corte ha stabilito che non si trattava della meno grave ipotesi di bancarotta semplice (art. 220), che sanziona l’omesso deposito delle scritture disponibili. La condotta dell’imputato era più grave perché consisteva nella mancata istituzione ex novo delle scritture contabili mancanti, un obbligo funzionale a consentire la ricostruzione patrimoniale, la cui violazione è stata considerata parte di un disegno fraudolento e quindi riconducibile alla fattispecie di bancarotta fraudolenta (art. 216).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1386 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1386 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ROMA il 22/09/1961
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
-Rilevato che COGNOME Leonardo ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 5 maggio 2023 che ha confermato la pronuncia di condanna del Tribunale cittadino del 21 ottobre 2022 per il reato di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216 della legge 267/194.
-Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce violazione di legge quanto alla configurabilità del reato contestato è generico in quanto la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici e dunque incensurabile in questa sede, ha chiarito come l’imputato avesse ricevuto parte della documentazione contabile e comunque non avesse ricostituito quella mancante (p.2).
-Considerato che il secondo motivo di ricorso che lamenta vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova risulta generico atteso che anche in tal caso la sentenza con motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria ha argomentato sulla sussistenza del dolo specifico avuto riguardo alla piena consapevolezza del ricorrente, nella sua qualità, della realizzazione di un progetto in frode ai creditori (p.3).
Considerato che il terzo motivo di ricorso che lamenta la mancata qualificazione della condotta nella meno grave ipotesi di cui all’art.220 legge fallimentare risulta manifestamente infondato atteso che la condotta doverosa non realizzata dal ricorrente consisteva altresì nella mancata istituzione ex novo delle scritture contabili mancanti e non si è quindi esaurita nel precetto di cui all’art.220 I. f. richiamato di omesso deposito delle scritture contabili che erano nella sua disponibilità.
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 6 dicembre 2023 Il consigliere estensore