Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37840 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37840 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Vico Equense il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Secondo la prospettazione accusatoria, ritenuta fondata dalle conformi decisioni di merito, il COGNOME, titolare dell’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE, che esercitava attività di commercio di macchine e attrezzature agricole, dichiarata fallita il 4 febbraio 2016, nonché gestore di fatto dell’impresa individuale della moglie NOME COGNOME, avreb be venduto a questa l’immobile con annesso locale deposito ubicato in BoscotrecaseINDIRIZZO, al prezzo di euro 220.000,00, non ricevendo integralmente lo
stesso, utilizzando gli importi corrisposti per finalità estranee all’attività dell ‘ impresa.
Inoltre, avrebbe ceduto i beni strumentali della fallita a ll’impresa della moglie, presso l ‘azienda della quale proseguiva l’attività già svolta in precedenza.
Avverso la richiamata pronuncia l’imputato ha proposto ricorso per cassazione affidandosi, con il suo difensore di fiducia, a due motivi, di seguito ripercorsi nei limiti strettamente necessari per la decisione.
2.1. Con il primo, denuncia erronea applicazione dell’art. 41 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, d’ora innanzi TUB) in relazione al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e vizio di manifesta illogicità della motivazione. Sottolinea, in particolare, la natura solo processuale del c.d. privilegio fondiario e, di qui, la possibilità per i creditori della fallita di rivalersi sulle somme eccedenti rispetto a quelle spettanti al creditore munito dello stesso. Con la conseguenza che la cessione dell’immobile all’impresa della RAGIONE_SOCIALE avrebbe solo procurato liquidità alla fallita, senza ridurre le garanzie dei creditori della medesima.
Evidenzia, inoltre, che non costituiva dispersione della garanzia patrimoniale dei creditori la cessione alla COGNOME di pochi beni strumentali dell’azienda perché obsoleti e dunque di scarso valore economico.
2.2. Con il secondo motivo deduce , rispetto a quanto evidenziato nell’ultima parte del motivo, che non sussisterebbe, dunque, la circostanza aggravante della c.d. continuazione fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo non è fondato, per le ragioni di seguito indicate.
1.1.Occorre premettere, avendo riguardo alle censure formulate dal ricorrente, che l’ipoteca è un diritto reale di garanzia che può avere ad oggetto determinati beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri del debitore.
Il creditore che è munito della garanzia ipotecaria conserva la stessa, in forza del c.d. diritto di seguito riconosciuto dall’art. 2808 cod. civ. , anche nell’ipotesi di cessione successiva del bene ad altri soggetti.
Una forma peculiare di ipoteca è quella che vanta il creditore nell’ipotesi di mutuo c.d. fondiario. Per quel che rileva in questa sede, tra le facoltà attribuite al creditore, in questo caso, vi è anche il privilegio, ritraibile dall’art. 41 TUB, nel caso di fallimento del debitore, di proseguire, in deroga alle regole generali,
l’azione esecutiva individuale o, addirittura, di dare corso alla stessa dopo tale momento.
Tale privilegio ha peraltro natura solo processuale ( ex plurimis , Sez. 3 civ., n. 23482 del 28/09/2018, Rv. 652465 -02; Sez. 1 civ., n. 17368 del 11/10/2012, Rv. 623735), sicché, come dedotto dalla difesa del COGNOME, le somme ritratte dalla vendita del bene nell’esecuzione singolare sono attribuite solo in via provvisoria al creditore fondiario, perché il ricavato di tale vendita rientra nella massa attiva della procedura concorsuale ed è poi ripartito tra i creditori in base alle regole del concorso formale e sostanziale ex art. 52 l. fall. (con l’onere dello stesso istituto di credito fondiario di insinuarsi al passivo fallimentare). Con la conseguenza che un’eventuale eccedenza del ricavato dalla vendita rispetto alle spese pre-deducibili e alle somme spettanti al creditore fondiario può effettivamente essere ripartita tra gli altri creditori dell’impresa fallita.
Ciò premesso in termini generali, l’imputato trascura di considerare che la propria impostazione difensiva non si attaglia in alcuna misura alla fattispecie concreta.
Invero, il trasferimento dell’immobile all’impresa della RAGIONE_SOCIALE prima del fallimento certamente comporta che il creditore fondiario possa, perché munito di ipoteca (ma, a ben vedere, alla medesima stregua di qualsivoglia creditore con ipoteca anteriore alla cessione), soddisfarsi promuovendo azione esecutiva individuale sull’immobile.
E, tuttavia, l’anteriorità della cessione del bene al fallimento salvo il vittorioso esperimento da parte della Curatela di un’azione volta alla declaratoria di inefficacia dell’atto o alla revocatoria dello stesso non comporta anche che sulle somme eventualmente eccedenti ritratte dalla vendita in sede individuale possano soddisfarsi i creditori della fallita, poiché il bene, salvo per il creditore munito della garanzia corredata dallo ius sequelae, rientra ormai nel patrimonio dell’impresa cessionaria.
1.2. Per altro verso, quanto alla seconda parte del primo motivo, lo scarso valore dei beni strumentali ceduti senza pagamento di alcun corrispettivo alla COGNOME, come ammesso dallo stesso imputato, non è suscettibile di incidere sulla configurabilità del delitto ascritto.
Sennonché si presenta fondato il secondo motivo di ricorso.
E’ opportuno premettere che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai
soli fini sanzioNOMEri, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione che non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione, derogatoria rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249665).
In un primo momento, dal riferimento compiuto dalla richiamata pronuncia ‘Loy’ all’autonomia ontologica tra i reati, si è affermato, nella giurisprudenza di legittimità, che è configurabile l’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fall., anche nel caso di più condotte distrattive compiute in continuità temporale ed aventi ad oggetto lo stesso bene (Sez. 5, n. 42750 del 16/05/2017, Gaiba, Rv. 271013 – 01).
Successivamente è intervenuta, tuttavia, Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156 – 01, la quale ha escluso la configurabilità della continuazione nel caso di molteplici fatti di distrazione in quanto le singole condotte di cui all’art. 216 legge fall. possono essere realizzate con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell’ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati, trattandosi di reato a condotta eventualmente plurima per la cui realizzazione è sufficiente il compimento di uno solo dei fatti contemplati dalla legge, mentre la pluralità di essi non fa venire meno il suo carattere unitario.
Seguendo questa impostazione interpretativa si è più di recente puntualizzato che non è configurabile la circostanza aggravante di più fatti di bancarotta nel caso di una pluralità di condotte distrattive, temporalmente contigue, anche se aventi ad oggetto beni mobili differenti (cfr. Sez. 5, n. 41539 del 10/10/2024, Tafuro, Rv. 287170).
La questione che si pone, ora, è se la pluralità di condotte distrattive possa correlarsi ex se , nella fattispecie in esame, alla distrazione di beni sicuramente diversi quali sono il bene immobile e i beni mobili strumentali.
Il collegio ritiene di non poter rispondere all’interrogativo prospettato in modo affermativo poiché -in realtà non assume alcuna rilevanza l’eventuale diversa natura dei beni oggetto delle condotte distrattivo, ma esclusivamente l’autonomia ontologica o meno delle stesse , che a propria dipende dalla possibilità di considerarle, o no, in modo unitario, avendo riguardo al contesto temporale e alle modalità di realizzazione.
Autonomia ontologica che, in virtù del predetto criterio, manca nel caso considerato, atteso che il ricorrente ha posto in essere le condotte in un breve periodo di tempo e le stesse sono state connotate dalla medesima modalità, ovvero dalla cessione all’impresa della moglie presso la quale è risultato che il medesimo imputato continuava a svolgere l’attività oggetto della fallita.
Poiché nella fattispecie in esame il riconoscimento della circostanza aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta non ha condotto in concreto ad un aumento del trattamento sanzioNOMErio, stante la ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, che deve essere esclusa, in ragione di quanto evidenziato nel precedente paragrafo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta che esclude;
Rigetta nel resto il ricorso.
Così è deciso, 29/10/2025
Il AVV_NOTAIO Estensore Il Presidente NOME COGNOME