Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31854 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31854 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a LORETO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a PORTO RECANATI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a FERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
lette le memorie del difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito nella richiesta dell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 19.9.2023, la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, ha ritenuto NOME COGNOME, in qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita 10.9.2014, responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, mentre ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del medesimo in ordine
al reato di cui all’art. 217 I. fall. perché estinto per intervenuta prescrizione. inoltre ritenuto NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di membri del consiglio di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE (fallita il 14.1.2015), responsabili del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione della somma di euro 196.000 versata, mediante assegni bancari tratti sul conto corrente della fallita, in favore della società RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale sentenza tutti e tre gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto quattro motivi di censura di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, dis att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, concernente la parte della sentenza impugnata avente ad oggetto il procedimento relativo alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME era il legale rappresentante, deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla contestazione della distrazione della “cassa contanti”, nonché il vizio di travisamento delle risultanze istruttorie. La Corte territoriale avrebbe omesso di confrontarsi con le censure svolte nell’atto di appello con cui si contestava l’effettiva consistenza della cassa contanti. Rileva al riguardo il ricorrente che l’accertamento della previa disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità della contabilità, ma ne presuppone una stringente verifica. Nel caso di specie, la verosimiglianza del dato contabile era stata contestata dai testi assunti e, in particolare, da NOME COGNOME e NOME COGNOME, le cui dichiarazioni vengono riportate in forma riassuntiva nel ricorso, nonché dalle dichiarazioni rese in sede di esame da NOME COGNOME, dalle quali sarebbe emerso che la voce “cassa” era una posta fittizia generata da costi sostenuti e non contabilizzati.
Tali risultanze istruttorie sarebbero state travisate per omissione dalla sentenza impugnata, la quale avrebbe altresì omesso di verificare la credibilità della voce “cassa contanti”, prossima a euro 250.000, la quale sarebbe incompatibile con l’andamento societario della RAGIONE_SOCIALE, non essendo credibile che una società di dimensioni contenute potesse maturare in un solo anno di attività una liquidità così rilevante.
3.2. Le ulteriori censure svolte dal ricorrente si appuntano nei confronti della sentenza concernente il procedimento relativo alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME.era prima consigliere e poi amministratore.
Con il secondo motivo di censura il ricorrente deduce la violazione di legge, in relazione all’art. 216 I. fall., e il vizio di motivazione in relazione alla individuaz delle movimentazioni di denaro da parte della società RAGIONE_SOCIALE negli anni
2008 e 2009 in favore delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché con riguardo alla esistenza di operazioni infragruppo e di vantaggi compensativi tra le società. Oltre a non essersi pronunciata sull’ammontare delle distrazioni imputate a NOME COGNOME, la Corte d’appello avrebbe omesso di verificare, anche alla luce delle testimonianze assunte, l’esistenza di un gruppo societario, costituito dalle tre società tutte riconducibili alla famiglia COGNOME, e di operazioni infragruppo poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE nell’interesse del gruppo medesimo. Avrebbe altresì omesso di valutare l’esistenza di vantaggi reciproci delle società.
3.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’elemento materiale e all’elemento soggettivo del reato.
La Corte avrebbe arrestato le proprie valutazioni al solo dato fattuale delle movimentazioni di denaro, omettendo ogni considerazione sull’elemento soggettivo. In particolare, non avrebbe considerato che i trasferimenti di denaro erano avvenuti in un momento in cui la RAGIONE_SOCIALE era in salute, avendo conseguito un incremento dei ricavi a partire dal 2006, tale da far escludere il rischio di fallimento. Neppure avrebbe considerato che detti trasferimenti di denaro erano finalizzati a consentire alle altre società del gruppo RAGIONE_SOCIALE di far fronte alle spese necessarie per proseguire l’attività aziendale. Non sarebbero stati valorizzati, infine, i finanziamenti effettuati dai soci con risorse personali, per un importo prossimo alle uscite e ai versamenti di cui avevano beneficiato la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
3.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzioNOMErio, avendo la Corte territoriale omesso di valutare la condotta processuale dell’imputato, la sua sostanziale incensuratezza, nonché l’impegno monetario profuso in favore della società. Immotivato, inoltre, sarebbe l’aumento a titolo di continuazione applicato dai giudici di merito, che non avrebbero tenuto conto delle doglianze difensive.
NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso articolando quattro motivi di censura di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173, comm 1, disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Con il primo motivo di censura, il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla posizione di concorrente esterno dal medesimo rivestita, sia per quanto concerne l’elemento materiale che l’elemento soggettivo del reato. COGNOME NOME, infatti, non rivestiva la qualifica amministratore, né di fatto né di diritto della RAGIONE_SOCIALE, ma era l’amministratore delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, beneficiarie dei versamenti della fallita nelle annualità 2008-2009.
La Corte d’appello avrebbe fondato il giudizio di responsabilità nei confronti del ricorrente unicamente sul rapporto di parentela con COGNOME NOME, trascurando gli elementi probatori indicati dalla difesa e, in particolare, le buone condizion economiche e finanziarie in cui si trovava la società fallita al momento delle dazioni di denaro, il “carattere necessario” di tali dazioni nell’ottica di un gruppo di societ che aveva in comune l’oggetto sociale, i dipendenti e i fornitori, la ragionevole previsione della retrocessione delle somme, trattandosi appunto di operazioni infragruppo, nonché la notevole distanza di tempo rispetto al fallimento. Nessuna motivazione vi sarebbe in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, riguardo alla consapevolezza in capo al ricorrente del depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori.
4.2. Con il secondo motivo di censura il ricorrente deduce la violazione di legge, in relazione all’art. 216 I. fall., e il vizio di motivazione in relazione individuazione delle movimentazioni di denaro da parte della società RAGIONE_SOCIALE negli anni 2008 e 2009 in favore delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché con riguardo alla esistenza di operazioni infragruppo e di vantaggi compensativi tra le società. Oltre a non essersi pronunciata sull’ammontare delle distrazioni contestate, la Corte d’appello avrebbe omesso di verificare, anche alla luce delle testimonianze assunte, l’esistenza di un gruppo societario, costituito dalle tre società tutte riconducibili alla famiglia COGNOME, e di operazioni infragruppo poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE nell’interesse del gruppo medesimo. Avrebbe altresì omesso di valutare l’esistenza di vantaggi reciproci delle società.
4.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’elemento materiale e all’elemento soggettivo del reato.
La Corte avrebbe arrestato le proprie valutazioni al solo dato fattuale delle movimentazioni di denaro, omettendo ogni considerazione sull’elemento soggettivo. In particolare, non avrebbe considerato che i trasferimenti di denaro erano avvenuti in un momento in cui la RAGIONE_SOCIALE era in salute, avendo conseguito un incremento dei ricavi a partire dal 2006, tale da far escludere il rischio di fallimento. Neppure avrebbe considerato che detti trasferimenti di denaro erano finalizzati a consentire alle altre società del gruppo RAGIONE_SOCIALE di far fronte alle spese necessarie per proseguire l’attività aziendale. Non sarebbero stati valorizzati, infine, i finanziamenti effettuati dai soci con risorse personali, per un importo prossimo alle uscite e ai versamenti di cui avevano beneficiato la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
4.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzioNOMErio, avendo la Corte territoriale omesso di valutare la condotta processuale dell’imputato, la sua sostanziale incensuratezza, nonché l’impegno monetario profuso in favore della società. Immotivato, inoltre, sarebbe
l’aumento a titolo di continuazione applicato dai giudici di merito, che non avrebbero tenuto conto delle doglianze difensive.
NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso articolando tre motivi di censura di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorrente premette di essere stato proprietario, negli anni 2008-2009, di un terzo delle quote della società RAGIONE_SOCIALE e membro del consiglio di amministrazione, fino al 2011 quando era uscito dalla società. Rileva, inoltre come nel 2008-2009 le condizioni della società fossero floride.
5.1. Con il primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta. Secondo il ricorrente, nella specie non sarebbero rinvenibili quegli indici di fraudolenza cui, secondo la Corte di cassazione, è necessario ancorare la verifica dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato.
I giudici di merito avrebbero omesso di considerare che nel 2009 la società aveva avuto un guadagno netto di mezzo milione di euro e anche l’anno precedente era andata benissimo, sicché non vi erano ragioni di temere il fallimento. Non avrebbero tenuto conto del fatto che i fondi erano stati dati ad un’altra discoteca che lavorava solo nel periodo estivo allo scopo di mantenere unito lo staff che sarebbe stato poi reimpiegato nella RAGIONE_SOCIALE nella successiva stagione invernale.
Neppure avrebbe considerato che il ricorrente non faceva parte di nessun’altra società della famiglia COGNOME e dunque non aveva tratto alcun beneficio dal pagamento delle somme di denaro.
Secondo il ricorrente, non vi sarebbe stato alcun depauperamento della società, la quale, finché egli era stato amministratore e socio nel 2011 aveva continuato a guadagnare.
5.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge in quanto il comportamento del COGNOME integrerebbe, al più, il reato di bancarotta semp .lice per violazione degli artt. 217 e 224 I. fall. Il suo comportamento, infatti potrebbe essere qualificato semmai come imprudente, ma non fraudolento.
5.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche, non le avrebbe computate nella loro massima estensione, omettendo di considerare che l’unica condotta riferibile al ricorrente era consistita nella firma d un assegno di poche decine di migliaia di euro.
6. Si è proceduto con rito cartolare, giacché l’unica istanza di trattazione orale pervenuta in data 6 maggio 2024 è stata dichiarata tardiva.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, ha depositato anche una memoria con la quale ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, insistendo nei motivi di ricorso.
Considerato in diritto
I ricorsi sono nel loro complesso infondati e devono pertanto essere rigettati.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Esso si appunta sulla parte della sentenza impugnata concernente il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione contestato al capo 1) dell’imputazione, commesso dal ricorrente nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE
Trattasi di censura del tutto generica, la quale sostanzialmente riproduce le doglianze avanzate con l’atto di appello con riguardo alle condotte distrattive già correttamente confutate in diritto dai giudici di secondo grado.
2.1.1. Giova premettere che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei suddetti beni (ex multis Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, COGNOME, Rv. 279204; Sez. 5, n. 3400/05 del 15/12/2004, COGNOME, Rv. 231411; Sez. 5, n. 7048 del 27/11/ 2008, COGNOME, Rv. 243295).
L’imposizione in capo all’amministratore di un onere della prova in tali termini si giustifica a tutela del ceto creditorio perché l’amministratore è responsabile della gestione dei beni sociali e risponde nei confronti dei creditori della conservazione della garanzia dei loro crediti, con la conseguenza che solo lo stesso può chiarire, proprio in quanto artefice della gestione, quale destinazione effettiva abbiano avuto i beni sociali. Siffatto onere dimostrativo presuppone, invero, la prova dell’esistenza dei beni non rinvenuti dagli organi della curatela, la quale può essere desunta anche dal bilancio, ove risulti intrinsecamente attendibile perché redatto in conformità alle prescrizioni imposte dalla legge (Sez. 5, n. 20879 del 23/04/2021, Montella, Rv. 281181 – 01).
2.1.2 Nella specie, la sentenza impugnata, nel ritenere comprovata la distrazione del saldo di cassa della società RAGIONE_SOCIALE (pari ad euro 234.118,00), non si è limitata a dare aprioristicamente credito alle risultanze contabili, fondandosi dunque su un mero . dato contabile – come sostenuto dal ricorrente -, ma ne ha valutato in termini positivi l’attendibilità. A tal fine, la Corte d’appello ha preso
considerazione le dichiarazioni del curatore fallimentare, il quale aveva affermato che la contabilità era stata regolarmente tenuta fino al 31.12.2012. Ha altresì valutato le dichiarazioni rese dal commercialista della società RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva affermato che la cassa risultava gonfiata perché alcuni costi, per compensi o forniture, non venivano contabilizzati. Ha, tuttavia, escluso la rilevanza di tal ultime affermazioni, in quanto concernenti circostanze astratte e generiche, non essendo stato dimostrato alcun effettivo esborso e non essendovi pertanto alcuna prova del concreto utilizzo del denaro della società. Si tratta di una conclusione del tutto legittima e coerente, dal momento che l’imputato non è stato in grado di documentare i costi asseritamente sostenuti con gli importi presenti nella cassa, né di precisarne l’ammontare e fornire il dettaglio.
Ed invero, la prova delta distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, Aucello, Rv. 267710 – 01).
A sconfessare l’esistenza di tali somme di denaro la Corte ha correttamente ritenuto ininfluente la contestazione in ordine alla credibilità di un tale importo i relazione alle dimensioni e al periodo di attività della società, dal momento che, comunque, nessuna somma, sia pur minima, era stata consegnata al curatore.
2.2. Le ulteriori censure svolte da NOME COGNOME si appuntano sulla parte della sentenza impugnata concernente il procedimento relativo alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui il ricorrente era prima consigliere, e poi amministratore, e nel quale s contesta la distrazione della somma di euro 196.000 mediante assegni per importi versati alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
2.2.1 II secondo motivo, con il quale si deduce l’omessa considerazione dell’esistenza di un gruppo societario tra le suddette società e della riconducibilità delle operazioni poste in essere dalla fallita all’interesse di tale gruppo, è infondato La Corte territoriale, con motivazione chiara e adeguata, ha ritenuto che non sia stata fornita la prova dell’esistenza di un gruppo societario tra la RAGIONE_SOCIALE e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, beneficiarie delle dazioni di denaro da parte della prima, non risultando dimostrata l’esistenza di un accordo tra le stesse, diretto a creare un’impresa unica, né di una direzione unitaria e della destinazione dei patrimoni ad una finalità comune. Piuttosto, ha ipotizzato la sussistenza di un gruppo “di fatto”, trattandosi’ di società tutte riconducibili alla famiglia COGNOME. ogni caso, ha escluso l’esistenza di vantaggi compensativi che abbiano riequilibrato gli effetti immediatamente negativi per la RAGIONE_SOCIALE, conseguenti ai trasferimenti di denaro operati in favore delle altre due società. Tale conclusione è stata fondata sulle dichiarazioni rese dal commercialista delle società della
famiglia COGNOME in ordine alla circostanza che tali trasferimenti sono avvenuti in modo del tutto informale e RAGIONE_SOCIALE alcuna garanzia, come confermato anche dal curatore della fallita, nonché dal consulente del PM, concludendo che si era trattato di prestiti effettuati in modo del tutto informale a vantaggio esclusivo delle società destinatarie, avvenuti in un momento in cui vi era già una perdita di esercizio.
Tali argomentazioni sono coerenti con l’insegnamento della Corte di legittimità. Si è infatti affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è configurabile un “gruppo di imprese” – rilevante ai RAGIONE_SOCIALE della ipotizzabilità d eventuali “vantaggi compensativi” – anche tra enti che abbiano differente natura giuridica (società ed associazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE), purché tra loro si instauri un rapporto di direzione nonché di coordinamento e controllo delle rispettive attività facente capo al soggetto giuridico controllante (Sez. 5, Sentenza n. 31997 del 06/03/2018, Rv. 273635 – 01, la quale ha affermato il principio in fattispecie in cui ha escluso, in concreto, l’esistenza di un “gruppo di imprese” per l’asRAGIONE_SOCIALE di attività di direzione da parte dell’associazione RAGIONE_SOCIALE indicata come controllante, nonché di un centro unico di coordinamento delle attività e di un piano di azione imprenditoriale comune con le società fallite ad essa collegate).
2.2.2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha escluso che fosse stata fornita la prova di un’attività di coordinamento o di direzione tra le società, riconducibili alla famiglia COGNOME, e che il collegamento tra le medesime derivava unicamente dalla circostanza di fare riferimento alla medesima famiglia COGNOME.
I giudici d’appello hanno poi correttamente negato rilevanza in concreto alla esistenza di un tale gruppo, dal momento che non erano stati dimostrati vantaggi compensativi tali da escludere la natura distrattiva delle dazioni di denaro effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE in favore delle altre due società. E ciò ha fatto in coerenza con la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, il concetto dì gruppo di società ha solo valenza finanziaria e programmatica, ma lascia intatta la distinzione giuridicopatrimoniale tra le diverse società. Pertanto, la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pur collegata, integra perfettamente la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo strettamente sociale e configura la condotta del delitto sopra menzioNOME (Sez. 5, n. 1070 del 14/12/1999, COGNOME ed altri, Rv. 215668; si veda anche Sez. 5, n. 28520 del 24/04/2013, COGNOME e altro, Rv. 257250). Di contro, la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa solo in preRAGIONE_SOCIALE di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017, Magno, Rv. 26970201); ( 3 pertanto, l’interessato deve dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni n , compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società
depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. COGNOME e altri, Rv. 26867501; Sez. 5, n. 48518 del 2011, COGNOME, Rv. 251536; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, COGNOME, Rv. 253031; Sez. 5, n. 44963 del 27/09/2012, COGNOME, Rv. 254519). Si è inoltre precisato che, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Rv. 268675 – 01).
Orbene, l’interesse che può escludere l’effettività della distrazione non può ridursi al fatto stesso dell’esistenza di un gruppo societario, perché il collegamento tra le società e l’appartenenza a un gruppo imprenditoriale unitario è solo la premessa dalla quale muovere per individuare uno specifico e concreto vantaggio per la società che compie l’atto di disposizione del proprio patrimonio, perdurando l’autonomia soggettiva delle singole società (Sez. 5, n. 44963 del 27/09/2012, cit.; si vedano anche Sez. 5, n. 37370 del 07/06/2011, COGNOME e altri, Rv. 250492; Sez. 5, n. 21251 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247471; Sez. 5, n. 36595 del 16/04/2009, COGNOME ed altri, Rv. 245136; Sez. 5, n. 41293 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 241599). Pertanto, qualora il fatto si riferisca a rapporti intercorsi fra societ appartenenti al medesimo gruppo, solo il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo può consentire di ritenere legittima l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società sacrificata; nel qual caso è l’interessato a dover fornire la prova di tale circostanza (Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, Zanoni, Rv. 277545 – 01).
2.2.3. Nella specie, la sentenza impugnata, valorizzando proprio le dichiarazioni rese dagli imputati, ha rilevato come i prestiti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE fossero del tutto informali e non assistiti da alcuna garanzia, e si risolvessero in un vantaggio esclusivo per le società beneficiarie, non essendo stati mai restituiti. Tale conclusione trova, peraltro, specifico riscontro proprio nel ricorso, laddove riporta le dichiarazioni del coimputato NOME COGNOME, il quale ha affermato che, «essendo un gruppo di famiglia, ci si aiutava vicendevolmente».
Tutto ciò, dunque, conferma la riconducibilità della condotta contestata nella fattispecie di cui all’art. 216, comma 1, I. fall. dal momento che integra distrazione rilevante quale ipotesi di bancarotta fraudolenta anche il finanziamento erogato in favore di una società dello stesso gruppo che presenti una situazione economica tale da non potere corrispondere gli interessi o garantire la conservazione della garanzia del credito e, dunque, in asRAGIONE_SOCIALE di qualsiasi vantaggio compensativo
per la società finanziatrice (Sez. 5, n. 10633 del 30/01/2019, Scambia, Rv. 27602901).
2.3. Anche il terzo motivo è infondato.
Esso, oltre ad essere reiterativo delle analoghe censure svolte in appello, non si confronta con la sentenza impugnata, la quale ha puntualmente valutato tutti gli elementi indicati dalla difesa disattendendoli, in coerente applicazione agli arresti della giurisprudenza di legittimità.
La Corte territoriale, invero, ha considerato le condizioni economiche della RAGIONE_SOCIALE, osservando che i costi di produzione erano superiori ai ricavi, pur presenti, e che nell’anno 2009 vi era stata una perdita di esercizio e debiti consistenti. Inoltre, ha escluso che le condizioni economiche della società al momento dei trasferimenti di denaro potessero avere rilevanza ai RAGIONE_SOCIALE della sussistenza del reato. In tal modo la sentenza impugnata si è conformata all’orientamento di questa Corte, secondo cui, ai RAGIONE_SOCIALE della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagioNOME il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, i fatti di distrazione assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804 – 01).
I giudici d’appello hanno, altresì, preso in considerazione i versamenti effettuati dai soci, ritenendo tuttavia che essi non potessero costituire restituzione degli importi usciti dalla RAGIONE_SOCIALE, non solo in quanto essi erano inferiori agli importi usciti dalla società, ma altresì perché, essendo avvenuti nella forma di finanziamenti, avevano in realtà generato un debito per la società nei confronti dei soci.
Sulla base di tutti tali elementi, con motivazione congrua e logica, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il quale è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di, recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266805 – 01). Non è pertanto necessario che sussista il fine specifico di danneggiare i creditori (Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446 – 01).
2.4. Il quarto motivo, concernente il mancato riconoscimento delle circostanze generiche e la motivazione in ordine al trattamento sanzioNOMErio, è infondato.
Giova in proposito richiamare il pacifico orientamento della Corte di legittimità, secondo il quale è la valutazione di meritevolezza delle attenuanti generiche a necessitare di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattament sanzioNOMErio; mentre la loro esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di dett richiesta, RAGIONE_SOCIALE che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda.
Nella specie con motivazione congrua la Corte d’appello ha giustificato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sia in ragione della non particolare rneritevolezza nel comportamento processuale tenuto da NOME COGNOME, sia dei precedenti penali da cui egli risulta attinto, sia della gravità dei reat commessi in relazione all’entità delle somme distratte.
Manifestamente infondato è il profilo di censura concernente l’entità dell’aumento della pena per la continuazione, dal momento che esso si limita a fare riferimento alle doglianze formulate in appello RAGIONE_SOCIALE specificarne il contenuto.
3. Il ricorso proposto da NOME COGNOME.
3.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
I giudici di merito hanno ritenuto NOME COGNOME, in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, responsabile, quale concorrente esterno, ed in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME, della distrazione della somma euro 196.000 dal patrimonio della RAGIONE_SOCIALE in favore delle suddette società.
A fondamento di tale conclusione, la Corte d’appello ha evidenziato che l’imputato – come del resto dal medesimo ammesso – era consapevole che le somme erogate da RAGIONE_SOCIALE erano trasferite alle società di cui egli era amministratore proprio allo scopo di avvantaggiarle. Ha inoltre precisato che la circostanza che egli intendesse restituirle non esclude la sua consapevolezza che nell’immediato tale operazione pregiudicava i creditori della RAGIONE_SOCIALE anche per l’entità delle somme versate. Inoltre, a riprova della consapevolezza del rischio dell’operazione, la sentenza impugnata ha rilevato che tutte le società operavano nel medesimo settore di attività e dunque il ricorrente ben poteva comprendere il rischio che la situazione di difficoltà in cui già versavano le società da lui amministrate poteva estendersi anche alla RAGIONE_SOCIALE. Sulla base di tali elementi, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta.
Pertanto, il giudizio di responsabilità del ricorrente è fondato, non già sul mero rapporto di parentela intercorrente tra NOME COGNOME e NOME COGNOME,
amministratore della RAGIONE_SOCIALE, bensì sul ruolo di amministratore delle società beneficiarie delle somme distratte rivestito dall’imputato.
Le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito, puntualmente e congruamente motivate, sono in linea con gli arresti della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste solo nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278156 – 02; Sez. 5, n. 38731 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 27112301; Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 27183701; Sez. 5, n. 12414 del 26/01/2016, COGNOME e altri, Rv. 26705901; Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014, COGNOME e altri, Rv. 26290501; Sez. 5, n. 1706 del 12/11/2013, P.G., COGNOME e altro, Rv. 25895001). Ne consegue che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi dell’art. 216 I. fall. in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa, posto che, se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori, ciò non significa che essa non possa ricavarsi da diversi fattori, quali la natura fittizia o – come nella specie – l’entità dell’operazio che incide negativamente sul patrimonio della società (Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume e altro, Rv. 24687901).
Riguardo alla circostanza che le società di cui era amministratore il ricorrente fossero riconducibili ad un gruppo, la Corte territoriale ne ha escluso la rilevanza con le argomentazioni più sopra specificate (punto 2.2.1), già ritenute puntuali e adeguate (punto 2.2.2), rispetto alle quali nulla il ricorrente ha dedotto che possa valere a incrinarne la correttezza.
3.2. Il secondo e il terzo motivo, dal contenuto pressoché identico ai correlativi motivi proposti dal ricorso di NOME COGNOME, sono infondati per le medesime ragioni illustrate ai precedenti punti 2.2. e 2.3. che devono essere qui integralmente richiamate.
3.3. Anche il quarto motivo, concernente la mancata concessione delle attenuanti generiche, è infondato.
Con motivazione congrua e adeguata, la Corte d’appello ha giustificato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sia in ragione della non particolare meritevolezza nel comportamento processuale tenuto da NOME COGNOME, sia dei precedenti penali, anche specifici, da cui egli risulta attinto, sia, ancora, della gravità dei reati commessi in relazione all’entità delle somme distratte.
Manifestamente infondato è il profilo di censura concernente l’entità dell’aumento della pena per la continuazione, dal momento che esso si limita a.fare riferimento alle doglianze formulate in appello RAGIONE_SOCIALE specificarne il contenuto.
4. Il ricorso proposto da NOME COGNOME.
4.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Devono al riguardo ancora una volta essere richiamate le argomentazioni già svolte in precedenza (punti 2.2.1 e 2.2.2) in ordine alla esclusione della rilevanza delle condizioni in cui versava la società RAGIONE_SOCIALE al momento in cui sono stati effettuati i trasferimenti di denaro in favore delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, alle modalità con cui essi sono stati effettuati, nonché alla esistenza e rilevanza di un “gruppo” di società.
Come si è più sopra affermato, la Corte territoriale ha evidenziato come detti trasferimenti di denaro erano stati effettuati in modo informale, RAGIONE_SOCIALE alcuna garanzia in favore di società rispetto alle quali non era configurabile l’esistenza di un “gruppo societario”, sicché si risolvevano in un vantaggio esclusivo per le società beneficiarie. Quanto, poi, alle condizioni in cui la società fallita versava i quel momento, la Corte d’appello ha evidenziato che esse erano tutt’altro che floride, dal momento che i costi erano superiori ai ricavi, essendosi registrata una perdita di esercizio pari a 75.970 euro, debiti per oltre 600 mila euro a fronte di un attivo di poco superiore a 500 mila euro, ed essendovi difficoltà di pagamento dei fornitori.
Tali circostanze sono senz’altro idonee a fondare il giudizio di responsabilità del ricorrente, il quale, all’epoca dei trasferimenti di denaro, era proprietario di un terzo delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, nonché membro del consiglio di amministrazione della stessa.
4.2. Il secondo motivo, con il quale si sostiene che la condotta del ricorrente sarebbe al più da ricondursi all’ipotesi criminosa della bancarotta semplice, è infondato.
Va qui ricordato che la distinzione tra bancarotta semplice per operazioni imprudenti e quella di bancarotta fraudolenta per distrazione è stato individuato dalla giurisprudenza di legittimità nella “direzione” dell’interesse dell’agente, nel senso che quando l’agente pone in essere operazioni imprudenti idonee a configurare la bancarotta semplice di cui al n. 2 dell’art. 217 I. fall., egli agis con imprudenza, ma pur sempre nell’interesse dell’impresa, laddove nelle operazioni distrattive che integrano il delitto di bancarotta fraudolenta di cui all’art 216 I. fall, invece, l’agente agisce dolosamente, perseguendo un interesse proprio o di terzi estranei all’impresa e, quindi, con la coscienza e volontà di porre in essere atti incompatibili con la salvaguardia del patrimonio aziendale ed in contrasto con l’interesse dei creditori alla conservazione delle garanzie patrimoniali (Sez. 5, n.
7417 del 01/02/2023, COGNOME, Rv. 284230 – 02 Sez. 5, n.15850 del 26/06/1990, COGNOME, Rv. 185886).
Come si è visto, nella specie la distrazione delle somme dalla società RAGIONE_SOCIALE non può certo ritenersi operata nell’interesse della medesima società, essendo avvenuta, piuttosto, nell’esclusivo interesse delle società beneficiarie, come peraltro ammesso dallo stesso ricorrente.
4.3. Il terzo motivo, con cui si lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, è infondato.
La Corte territoriale ha risposto con argomentazioni logiche e coerenti alle analoghe doglianze proposte con l’atto di appello. Si è infatti sottolineato come la decisione di ridurre la pena in misura inferiore ad un terzo era giustificata dalla «non scarsa gravità oggettiva del reato» per il quale il Tribunale aveva comunque applicato la pena nel minimo.
Alla luce delle considerazioni esposte i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese del giudizio.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso nella camera di consiglio del 22 maggio 2024.