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Bancarotta fraudolenta: prova e gruppi di imprese

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di tre amministratori per distrazione di fondi. La sentenza chiarisce l’onere della prova a carico dell’amministratore e i rigidi requisiti per giustificare i trasferimenti di denaro infragruppo, che richiedono vantaggi compensativi concreti e non solo l’appartenenza a un gruppo ‘di fatto’.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Onere della Prova e Trasferimenti Infragruppo

Con la recente sentenza n. 31854/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale societario: la bancarotta fraudolenta per distrazione. Questa decisione fornisce chiarimenti fondamentali sull’onere della prova a carico degli amministratori e sui rigidi paletti che delimitano la liceità dei trasferimenti di denaro all’interno dei gruppi societari, specialmente quelli ‘di fatto’ o a conduzione familiare. Una pronuncia che serve da monito per chiunque gestisca un’impresa, sottolineando l’importanza di una contabilità trasparente e di operazioni finanziarie documentate e giustificate.

I Fatti: Due Società, Stesse Accuse

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda le vicende di tre amministratori condannati per episodi di bancarotta fraudolenta relativi a due diverse società, entrambe dichiarate fallite.

Per la prima società, all’amministratore unico veniva contestata la distrazione di una cospicua somma di denaro risultante come ‘cassa contanti’ dalla contabilità. La sua difesa sosteneva che tale voce fosse fittizia, generata da costi sostenuti ma non contabilizzati.

Per la seconda società, i tre amministratori erano accusati di aver distratto circa 200.000 euro attraverso assegni emessi in favore di altre due aziende appartenenti allo stesso gruppo familiare. I ricorrenti avevano giustificato tali operazioni come finanziamenti infragruppo, necessari per sostenere le altre attività aziendali, sostenendo l’esistenza di un gruppo societario e di vantaggi reciproci.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la responsabilità penale degli imputati. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandosi su due argomentazioni principali:
1. Errata valutazione della prova: Per la prima società, si contestava che la condanna si basasse su una presunzione di veridicità della contabilità, senza un’adeguata verifica delle prove testimoniali che ne avrebbero minato l’attendibilità.
2. Liceità delle operazioni infragruppo: Per la seconda società, si lamentava il mancato riconoscimento dell’esistenza di un gruppo societario e la conseguente assenza di valutazione dei ‘vantaggi compensativi’ che avrebbero reso leciti i trasferimenti di denaro.

Le Motivazioni della Cassazione: Punti Chiave sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, ritenendoli infondati. Le motivazioni della sentenza sono un vero e proprio vademecum su alcuni dei principi cardine del reato di bancarotta fraudolenta.

Onere della Prova: Chi Deve Dimostrare la Destinazione dei Beni?

La Corte ribadisce un principio consolidato: una volta che l’esistenza di un bene (come il saldo di cassa) è provata dalle scritture contabili, spetta all’amministratore dimostrare quale sia stata la sua effettiva destinazione. Non è sufficiente affermare genericamente che i fondi siano stati usati per coprire costi non documentati. L’amministratore, in quanto gestore del patrimonio sociale, ha l’onere di fornire la prova puntuale dell’impiego dei beni, a tutela dei creditori. La mancata dimostrazione equivale a una prova della distrazione.

I Trasferimenti Infragruppo e la Bancarotta Fraudolenta: Quando Sono Leciti?

Questo è forse il punto più significativo della sentenza. La Cassazione chiarisce che, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, non basta invocare l’appartenenza a un medesimo gruppo. È necessario che l’interessato dimostri l’esistenza di vantaggi compensativi concreti che riequilibrino il pregiudizio immediato per la società che effettua il trasferimento.

Nel caso di specie, i giudici hanno evidenziato che i prestiti erano avvenuti in modo informale, senza garanzie e a esclusivo vantaggio delle società beneficiarie. La mera appartenenza alla stessa famiglia non è sufficiente a configurare un gruppo di imprese in senso giuridico, né a giustificare operazioni che impoveriscono una società a favore di un’altra. L’operazione distrattiva sussiste anche se il finanziamento è erogato a favore di una società del gruppo in difficoltà economiche, se mancano vantaggi compensativi per chi eroga.

L’Elemento Soggettivo: Non Serve l’Intento di Nuocere

Infine, la Corte ricorda che il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è punito a titolo di dolo generico. Ciò significa che non è richiesta la specifica intenzione di danneggiare i creditori. È sufficiente la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista, estranea agli interessi dell’impresa. Anche se l’atto è compiuto quando la società è ancora in salute, esso assume rilevanza penale nel momento in cui interviene la dichiarazione di fallimento, poiché ha ridotto la garanzia patrimoniale per i creditori.

Conclusioni: Un Monito per gli Amministratori

La sentenza n. 31854/2024 della Cassazione rafforza la tutela dei creditori e pone l’accento sulla responsabilità degli amministratori. Emerge un chiaro messaggio: la gestione informale e la confusione dei patrimoni, anche all’interno di aziende legate da vincoli familiari, comportano rischi penali elevatissimi. Ogni operazione, specialmente se comporta un’uscita di risorse, deve essere formalizzata, documentata e, nel caso di operazioni infragruppo, deve rispondere a una logica economica vantaggiosa o quantomeno neutra per la società che la pone in essere. In assenza di tali cautele, il confine con la bancarotta fraudolenta diventa pericolosamente sottile.

In caso di bancarotta fraudolenta, chi deve provare dove sono finiti i beni mancanti dalle casse sociali?
Secondo la Corte di Cassazione, una volta che la presenza di beni (come denaro in cassa) è attestata dalla contabilità, l’onere della prova si inverte: spetta all’amministratore dimostrare quale sia stata la loro legittima destinazione. La mancata fornitura di tale prova costituisce essa stessa prova della distrazione.

Un trasferimento di denaro da una società a un’altra dello stesso gruppo è sempre lecito?
No. Affinché un’operazione infragruppo non integri il reato di bancarotta fraudolenta, non è sufficiente la mera appartenenza allo stesso gruppo. L’amministratore deve dimostrare l’esistenza di ‘vantaggi compensativi’ concreti e reali per la società che effettua il pagamento, tali da neutralizzare il pregiudizio economico immediato. Trasferimenti informali, senza garanzie e a esclusivo beneficio della società ricevente sono considerati distrattivi.

Per essere condannati per bancarotta fraudolenta, è necessario aver agito con lo scopo specifico di danneggiare i creditori?
No. La sentenza chiarisce che per questo reato è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la coscienza e la volontà di destinare il patrimonio sociale a scopi estranei all’attività d’impresa, depauperando così la garanzia per i creditori. Non è necessario provare l’intenzione specifica di recare loro un danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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