Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29595 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29595 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il 05/06/1989 NOME nato a PONTECAGNANO FAIANO il 20/06/1970
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza, limitatamente alla posizione di NOME COGNOME e l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
Ritenuto in fatto
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha confermato, per quanto qui rileva, il giudizio di responsabilità reso in primo grado nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 223, primo e secondo comma, I. fall., e di NOME COGNOME per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta fraudolenta cd. specifica.
Secondo la rubrica, NOME COGNOME in qualità di amministratore di diritto (dal 19 gennaio 2010 al 25 febbraio 2015) della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Milano in data 21 dicembre 2016, in concorso con l’amministratore di fatto COGNOMEassolto in appello) 1) cagionava il fallimento della predetta società per effetto di operazioni dolose consistite nell’aver impropriamente utilizzato le Sim Card acquistate da BT Italia s.p.a. e Vodafone s.p.a., generando debiti del traffico telefonico per oltre 7 milioni di euro, senza corrispondere il dovuto; 2) fittiziamente incrementava, per oltre 171.000 euro, gli utili della società, al fine di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto 3) ometteva, a partire dal 2011, il versamento di tributi per un complessivo ammontare di euro 400.000.
NOME COGNOME in qualità di amministratore di diritto (dal 25 febbraio 2015 sino alla data del fallimento) della RAGIONE_SOCIALE in concorso con l’amministratore di fatto COGNOME, distraeva dal patrimonio della fallita un’autovettura e ometteva di consegnare al curatore fallimentare l’intera contabilità e i libri sociali.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, con due distinti atti, affidati ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’ 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi che possono esporsi congiuntamente data la stretta connessione logica che li caratterizza – con i quali si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento di prova, in relazione all’art. 223, primo e secondo comma, I. fall., per non avere la Corte territoriale fornito ragioni in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico dell’ascritto reato. Più in particolare, e con riguardo alla nota con cui la RAGIONE_SOCIALE disconosceva l’ingente credito vantato nei confronti della fallita società, i giudici d’appello avrebbero mancato di considerare le conseguenze di tale importante acquisizione documentale sulle prospettive di ripresa aziendale. L’imputata avrebbe quindi continuato ad amministrare la società non già, come ritenuto dalla Corte territoriale, nella consapevolezza del rischio del dissesto, dello squilibrio economico e della corrispondente diminuzione delle garanzie per il ceto creditorio, bensì nella
prospettiva di una ripresa delle sorti economiche dell’impresa e della fattibilità di una serie di operazioni. Peraltro, il travisamento di una prova documentale decisiva, per omessa considerazione della stessa, ha caratterizzato anche la decisione di primo grado, alla quale la Corte territoriale ha rinviato con meri rinvii di stile.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi -che possono esporsi congiuntamente data la stretta connessione logica che li caratterizza – con i quali si deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 216, primo comma, nn. 1 e 2, e 87 I. fall., nonché vizio di motivazione in relazione a entrambi gli ascritti reati. Anche tale ricorso contesta le formule di mero stile adottate dalla Corte territoriale nell’operare rinvii per relationem alla sentenza di primo grado. Oltre a tale più generale censura, la difesa critica la motivazione per la sua contraddittorietà; con riguardo all’ascritto reato di bancarotta distrattiva, si rileva che la Corte territoriale ha dapprima evidenziato come l’imputato stesso abbia fornito al curatore specifiche indicazioni utili a ritrovare l’autoveicolo, per poi illogicamente ritenere insufficienti e non verificabili quelle stesse indicazioni.
Il medesimo vizio motivazionale ricorre anche nella parte motiva dedicata alla bancarotta fraudolenta documentale, avendo la Corte d’appello ricordato le informazioni fornite dal ricorrente al curatore fallimentare circa i luoghi e il nominativo del professionista presso i quali reperire la contabilità, per poi concludere, in maniera contraddittoria, affermando la responsabilità del Sica per il delitto in questione. Contraddittorio e inconferente, infine, sarebbe il richiamo alla violazione dell’obbligo di verità, di cui all’art. 87 I. fall., attesa la condotta collaborativa tenuta dall’imputato nei confronti degli organi della curatela.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza limitatamente alla posizione di NOME COGNOME per avere la Corte d’appello omesso di motivare in relazione a un elemento di prova documentale potenzialmente decisivo, e l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Sono state depositate conclusioni a favore della Amzuleanu, con le quali insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è fondato, non avendo la Corte territoriale fornito adeguata replica alla censura difensiva – pur contemplata
nella sintesi dei motivi di gravame – concernente l’omesso riscontro in merito alla produzione della nota di credito emessa nel 2015 da RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE Con tale nota di credito -ha osservato la difesa- si disconosceva il credito di 7.745.402,43 che risultava vantato nei confronti della Generale rappresentanze s.r.I.; in appello, la difesa aveva specificamente censurato le conseguenze di tale mancata, adeguata verifica circa la rilevanza di tale documento ai fini del giudizio di responsabilità dell’imputata e, in particolare, dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato di cagionamento del fallimento di cui all’art. 223 I. fall. L’invocata verifica circa l’eventuale rilevanza della nota di credito era certamente necessaria, dal momento che detta nota avrebbe certificato, secondo l’assunto difensivo, l’azzeramento dell’indebitannento della fallita nella sua componente più gravosa (più di 7 milioni di euro). Non avendo la Corte territoriale motivato in alcun modo in ordine alla significatività, o meno, della produzione documentale indicata dalla difesa, il Collegio ritiene che la sentenza impugnata vada annullata con rinvio per nuovo esame circa i profili fin qui evidenziati ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile, per le ragioni di seguito indicate.
In primo luogo, va disattesa la censura relativa allo stile motivazionale dell’impugnata sentenza: i rinvii per relationem operati dalla Corte territoriale alla sentenza di primo grado, sui quali si attaglia la critica del ricorrente, sono invece legittimi, posta l’omogeneità di criteri valutativi ed ermeneutici prescelti dai due giudici nell’analizzare le prove e, più in generale, nel delineare l’iter argomentativo culminante nel giudizio di responsabilità del Sica per gli ascritti reati (v., ex plur., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01: «ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione»)
Quanto al merito delle censure, e alle ulteriori doglianze di contraddittorietà della motivazione, va rilevato che le eccezioni del ricorrente difettano di un confronto, critico ed effettivo, con le ragioni poste e a base del provvedimento impugnato (sul punto, cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez.
6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838- 01; da ultimo, v. Sez. 5, n. 17328 del 26/03/2024, Rottura, n.nn.).
E, infatti, con riguardo all’ascritto reato di bancarotta distrattiva, diversamente da quanto indicato dalla difesa, la Corte territoriale non si è certo limitata a segnalare l’indicazione, resa dall’imputato, circa il luogo di reperibilità del mezzo sottratto alla curatela, specificando bensì, nell’immediato prosieguo della motivazione, come il Sica non avesse mai provveduto alla riconsegna del veicolo (come, invece, da lui promesso) e che l’indicazione poi fornita, circa un garage privato in cui il mezzo sarebbe stato parcheggiato, si fosse rivelata non verificabile. Pertanto, la conclusione cui è giunta la Corte d’appello circa la responsabilità del Sica per il delitto in parola non viola affatto le norme indicate dalla difesa, conformandosi, invece, alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Sul punto, è stato affermato che «la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione», fatti salvi i casi in cui «le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione» (Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204 – 01, corsivi nostri: in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione. Nel medesimo senso, v. anche Sez. 5, n. 669 del 04/10/2021, dep. 2022, Rossi, Rv. 282643 – 01).
Come già ricordato, e come chiarito dai giudici del merito, le imprecise e generiche indicazioni, fornite dall’imputato alla curatela, non hanno né consentito il recupero del mezzo sottratto né l’individuazione della effettiva collocazione dello stesso.
Anche con riguardo all’ascritto delitto di bancarotta fraudolenta documentale, va sottolineata l’assoluta genericità dell’assunto difensivo, peraltro reiterativo di quanto già correttamente disatteso dal giudice di primo grado. Posto che alcun libro o scrittura contabile è stato mai rinvenuto dal curatore, e posta l’assenza di qualsivoglia riscontro probatorio in merito all’asserita giacenza della documentazione contabile, in seguito a sequestro, presso l’Agenzia delle entrate, correttamente i giudici del merito hanno affermato la responsabilità del Sica per il reato in parola (da ultimo, v. Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283983 – 01, in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd. “specifica” e indici di fraudolenza, quale, ad esempio, la distrazione dei beni
aziendali. Cfr. anche Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 –
01: «in tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione
dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta
colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo
all’occultamento delle vicende gestionali»).
Infine, diversamente da quanto asserito dalla difesa (secondo cui la motivazione insisterebbe unicamente su un inconferente richiamo alla violazione
dell’obbligo di verità, di cui all’art. 87 I. fall), la Corte territoriale si è ben rif alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato: il fatto che i giudici d’appello
abbiano smentito espressamente l’assunto della fattiva collaborazione del Sica con la curatela, (chiarendo -similmente a quanto avvenuto per la condotta distrattiva-
che all’iniziale dichiarazione di disponibilità alla consegna delle scritture non ha fatto seguito alcun comportamento conseguenziale), è elemento nient’affatto
inconferente, ma anzi centrale nel delineare la condotta, consapevole e volontaria, di occultamento della contabilità, vale a dire di «strategia operativa volta, in definitiva, ad occultare gli accadinnenti aziendali» -consistiti anche nella già evocata condotta distrattiva- e a «precludere la corretta ricostruzione dell’andamento delle attività, in evidente e decettivo pregiudizio delle aspettative dei creditori della fallita» Sez. 5, n. 14931 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286371, in motivazione).
Per le ragioni fin qui esposte, il Collegio annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano; dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna, ex art. 616 cod. proc. pen, al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di curo tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26/03/2024
Il Consigliere estensore
II , P ihsidente