Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19958 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19958 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONTAIONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, la quale, riportandosi alla requisitoria depositata, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio in merito alla condizione posta alla sospensione condizionale della pena e l’inammissibilità nel resto.
udito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Firenze ha riformato in parte la decisione resa in primo grado, con rito abbreviato, nei confronti di NOME COGNOME, dichiarandolo responsabile dei reati di bancarotta distrattiva, cui ai capi al), b2) e c) e rideterminando la pena in anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione. Secondo la rubrica, l’imputato, in qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, fallita nel 2014), dichiarata fallita con sentenza del 5 ottobre 2016, nonché in qualità di socio responsabile della RAGIONE_SOCIALE, distraeva, in concorso con altri, beni della RAGIONE_SOCIALE mediante versamenti a titolo di finanziamento infruttifero in favore della RAGIONE_SOCIALE in (capo al), e in favore della partecipata RAGIONE_SOCIALE (capo b2), mediante accollo di debiti sorti in capo alla RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna contropartita per la società che effettuava il finanziamento.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ai quattro motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale errato nell’applicare i principi giurisprudenziali in tema di vantaggi compensativi nelle operazioni di finanziamento infragruppo; si contesta, altresì, il mancato accertamento dlell’elemento soggettivo del reato ascritto. Con specifico riferimento al finanziamento in favore della partecipata RAGIONE_SOCIALE (società di scopo volta a ristrutturare e acquistare immobili, per poi rivenderli: capo b2), osserva la difesa come i finanziamenti apportati da tutti i soci alla partecipata, effettuati nel 2007, vale a dire in un momento di floridità economica della fallita e della partecipata stessa, si inserissero in un ordinario contesto imprenditoriale, caratterizzato dal consueto rischio d’impresa.
Del resto, neppure la curatela ha mai contestato che il patrimonio netto della fallita società si attestasse, all’epoca, su circa otto milioni d’euro. Illogica, pertanto, è la qualificazione del finanziamento nei termini di operazione ad alto rischio. L’ingente valore degli immobili ristrutturati e l’accordo prestato dalle banche per finanziare le operazioni immobiliari poste in essere dalla fallita costituiscono dati irragionevolmente trascurati dai Giudici d’appello, i quali, con inammissibile e valorizzando unicamente il profilo della mancata dimostrazione dei saldi attivi, hanno ignorato le cause estranee all’operato degli la crisi economica mondiale del 2008), gravemente incidenti sulla solvibilità degli imprenditori.
2.1. valutazione ex post amministratori (in primis,
2.1.1 Quanto al profilo relativo all’elemento soggettivo, nota la difesa che alcun indice di fraudolenza, dal quale desumere la sussistenza del dolo dell’imputato, è stato indicato dalla Corte territoriale. In disparte la completa omissione motivazionale, sarebbe anche illogico ritenere che il ricorrente sia stato mosso dalla volontà di porre in essere operazioni in concreto pericolose, posto che il suo stesso interesse, profondamente intrecciato a quello delle partecipate, era quello di portare a buon fine le operazioni immobiliari.
2.2 Il secondo motivo, riferito a tutti i capi d’imputazione, attiene ai principi in tema di bancarotta riparata. Si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità circa l’autonomia dei singoli fatti di bancarotta contestati, ognuno dei quali, a parere della difesa, avrebbe dovuto essere singolarmente contestato. Nel ritenere che le ingenti somme restituite dall’imputato (pari a circa un milione e settecentomila euro) non abbiano ricoperto la totalità delle somme distratte (pari a circa due milioni d’euro), la Corte territoriale avrebbe erroneamente trascurato di valutare l’incidenza positiva della restituzione almeno per due delle tre condotte distrattive contestate. In particolare, con riferimento all’operazione di finanziamento RAGIONE_SOCIALE (capo b2), l’importo della ipotizzata distrazione doveva sicuramente ritenersi coperta dalla somma restituita. Illogicamente, la Corte d’appello ha considerato, per un verso, i vari finanziamenti infragruppo a titolo di unica distrazione, per l’altro, ha condanNOME il ricorrente per tre autonomi capi d’imputazione, con innegabile riflesso anche in punto di determinazione della pena.
2.3 Col terzo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, per avere i giudici del merito subordiNOME la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, malgrado il fatto che il fallimento sia stato dichiarato anche nei confronti dell’imputato. Si sottolinea, inoltre, l’errore in cui sono incorsi i Giudici d’appello nel riferirsi alla “provvisionale liquidata dal giudice di primo grado”, la cui inesistenza si desume chiaramente dall’assenza di parte civile costituita.
2.4 Col quarto motivo, si eccepisce vizio di motivazione in relazione all’eccessività della pena, determinata senza riguardo alcuno al buon comportamento processuale dell’imputato e alla cospicua somma da quest’ultimo versata al fallimento.
All’udienza si è svolta la trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto l’annullamento senza rinvio in merito alla condizione posta alla sospensione condizionale della pena e l’inammissibilità nel resto.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è manifestamente infondato, attesa la genericità delle censure difensive in tema di vantaggi compensativi, che non tengono conto dei principi giurisprudenziali elaborati da questa Corte, correttamente applicati dalla Corte territoriale al caso di specie. In relazione alle tre operazioni distrattive contestate, la Corte territoriale ha evidenziato 1) l’ampiezza dell’arco temporale (2007-2013) in cui le operazioni di finanziamento a favore delle varie partecipate; a tal proposito, si è rimarcato come i finanziamenti, lungi dall’esaurirsi nel 2007 come preteso dal ricorrente, siano invece proseguiti oltre tale data, fino a estendersi ad anni in cui la fallita RAGIONE_SOCIALE versava già in palesi difficoltà 2) i versamenti erogati non prevedevano un piano per la restituzione né interessi da corrispondere alla fallita, ciò che ha lasciato i creditori della stessa senza alcuna garanzia per il rientro dei capitali; non a caso -ha rimarcato la Corte- tali capitali mai furono chiesti in restituzione dalla fallita.
Data tale situazione, appaiono correttamente applicati al caso di specie gli orientamenti sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di reati fallimentari, integra distrazione rilevante ai fini della bancarotta fraudolenta la condotta di finanziamento di ingenti somme in favore di società dello stesso gruppo, effettuato dalla società fallita quando già si trovava in situazione di difficoltà finanziaria, in mancanza di garanzie e senza vantaggi compensativi sia per il gruppo nel suo complesso che per la stessa società fallita» (Sez. 5, Sentenza n. 20039 del 21/02/2013, COGNOME, Rv. 255646 – 01).
Tale consolidato orientamento trova la propria ratio nel fatto che, nel caso di trasferimenti di risorse ‘infragruppo’, le società, benché appartenenti al medesimo gruppo, sono pur sempre persone giuridiche diverse; sicché i creditori della società depauperata non potrebbero rivalersi semplicemente ‘inseguendo’ le risorse cedute dall’una società all’altra (cfr., Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, COGNOME, cit., in motivazione: «in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, il concetto di gruppo di società ha solo valenza finanziaria e programmatica, ma lascia intatta la distinzione giuridico-patrimoniale tra le diverse società. Pertanto, la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pur collegata, integra perfettamente la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo strettamente sociale e configura la condotta del delitto sopra menzioNOME», con riferimenti a Sez. 5, n. 1070 del 14/12/1999, COGNOME ed altri, Rv. 215668 e Sez. 5, n. 28520 del 24/04/2013, COGNOME e altro, Rv. 257250).
Neppure possono condividersi le censure relative ai passaggi motivazionali dedicati alla mancata dimostrazione, da parte del ricorrente, dei vantaggi compensativi.
L’insistenza della Corte territoriale sul punto e, in particolare, sul profilo della mancata dimostrazione dei saldi attivi non si traduce, come ritenuto dalla difesa, in un’inammissibile valutazione ex post delle operazioni della fallita e del rischio d’impresa. Quell’insistenza deriva, invece, da un ponderato raffronto tra caso di specie e consolidati canoni ermeneutici, elaborati nel tempo da questa Corte, nei quali si è valorizzato il principio secondo cui l’influenza dei collegamenti della società fallita nell’ambito del gruppo sulla configurabilità del reato in esame deve essere esaminata nel rispetto dell’autonoma tutela delle ragioni creditorie specificamente riferibili alla società fallita (Sez. 5, n. 47834 del 05/07/2017, Sbrissa, n.m.). Ed è proprio in vista della garanzia delle ragioni del ceto creditorio che, al fine di escludere la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente che il ricorrente alleghi la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un generico vantaggio per la società controllante, dovendo egli, invece, dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 26867501). Invero, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale può ritenersi insussistente solo se, operando una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società (Sez. 5, n. 30333 del 12/01/2016, COGNOME e altro, Rv. 26788301; Sez. 5, n. 20039 del 21/02/2013, COGNOME, Rv. 25564601). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell’operazione, il ricorrente avrebbe dovuto rappresentare, con chiarezza e in maniera specifica, l’esistenza del precipuo vantaggio (derivante dai plurimi atti di disposizione patrimoniale, riferibile tanto al gruppo quanto alla fallita di benefici), che, per quanto indiretto, fosse in ogni caso concretamente idoneo a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione stessa (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008, COGNOME, Rv. 242546; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv.234606; Sez. 5, n. 41293 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 241599; Sez. 5, Sentenza n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, COGNOME, Rv. 253031).
Tale rappresentazione è però mancata, nel motivo in esame, essendosi limitata la difesa a enfatizzare la bontà delle operazioni finanziate, l’ingente valore
degli immobili ristrutturati e l’accordo prestato dalle banche a finanziare le operazioni immobiliari poste in essere dalla fallita.
Che il piano di rientro del capitale sarebbe “chiaramente” avvenuto una volta ultimate le ristrutturazioni (p. 6 del ricorso); che l’entità dei lavori ristrutturazione commissionati fosse “assolutamente” idonea o sufficiente a compensare gli effetti negativi dell’esborso (p. 6); o che fosse “evidente” la certezza dell’imputato “di iniziare a incassare i lavori per la ristrutturazione” (p. 7) sono assunti aspecifici, non rafforzati da dati confermativi di saldi attivi.
1.1 La parte del motivo che eccepisce vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo è inammissibile perché inedito; la censura, infatti, non risulta essere stata previamente dedotta in appello, come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare – in quanto incompleto o comunque non corretto specificamente nell’odierno ricorso.
Il secondo motivo è infondato, avendo la Corte d’appello disatteso con argomenti giuridicamente corretti la censura relativa alla mancata applicazione dei principi in tema di bancarotta cd. riparata. Ai fini della configurabilità della bancarotta cd. riparata, è stata infatti sottolineata, in parte motiva, la necessità dell’esatta corrispondenza tra i versamenti nelle casse sociali e gli importi delle ascritte distrazioni (cfr. Sez. 5, n. 14932 del 28/02/2023, Mercuri, Rv. 284383 01; Sez. 5, n. 57759 del 24/11/2017, COGNOME, Rv. 271922 – 01: «la bancarotta cosiddetta “riparata” si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori, sicché è onere dell’amministratore, che si è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedentemente perpetrati»), ciò che è mancato, nel caso in esame.
Va inoltre considerato un profilo evidenziato dalla Corte d’appello, significativamente non contrastato dalla difesa, ma avente una sicura decisività sul calcolo dell’ammontare complessivo delle distrazioni, vale a dire il fatto che la somma complessivamente sottratta al fallimento non è stata restituita né in conto capitale né in rapporto agli interessi.
L’infondatezza dell’assunto difensivo teso a invocare la sussistenza della bancarotta riparata travolge, infine, anche la censura di illogicità incentrata sugli asseriti riflessi, in punto di determinazione della pena, dell’impugnata decisione:
infatti, anche a voler porre mente ai diversi fatti di bancarotta distrattiva contestati, la circostanza aggravante di cui all’art. 219, secondo comma, n.1, è stata considerata recessiva nel giudizio di bilanciamento con le riconosciute circostanze attenuanti generiche.
Il terzo motivo è fondato, posto che in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può subordinare tale beneficio al risarcimento del danno solo quando vi sia stata la costituzione di parte civile, in quanto il risarcimento, come l’adempimento dell’obbligo della restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, riguarda il solo danno civile (Sez. U, n. 32939 del 27/04/2023, COGNOME, Rv. 284969 – 01). Nel caso di specie, non risulta che il fallimento si sia costituito parte civile. Dalla fondatezza di tale motivo, consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Il quarto motivo è manifestamente infondato, non confrontandosi la difesa con la motivazione resa dai giudici del merito in punto di determinazione del trattamento sanzioNOMErio. Già in primo grado, infatti, la pena era stata determinata in prossimità del minimo edittale, in seguito all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alla contestata circostanza aggravante di cui all’art. 219, secondo comma, I. fall., e tenuto conto della riduzione per il rito abbreviato. Ulteriormente ridotta dal giudice d’appello, in seguito all’assoluzione per il capo a4), la pena finale alla reclusione di anni uno, mesi sei e giorni venti, continua a non discostarsi dal limite edittale, con la conseguenza che alcun vizio, né giuridico né d’ordine logico, inficia la motivazione resa dalla Corte territoriale (cfr., ex multis, .Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, COGNOME, Rv. 237402-01: «nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod. pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo»).
Per i motivi fin qui esposti, il Collegio annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze e rigetta il ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024
Il Consigliere estensore
Tl Presidente