Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30389 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30389 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NOCERA INFERIORE il 16/02/1960
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso riportandosi alla requisitoria scritta gi depositata.
L’avvocato COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento udito il difensore dello stesso.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Bologna confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Bologna, in data 19.10.2023, decidendo in sede di giudizio abbreviato instaurato all’esito dell’udienza preliminare, aveva condannato NOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e di bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, in rubrica ascrittigli, in qualità di amministratore di diritto della società “RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita dal tribunale di Reggio Emilia in data 20.4.2021.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di: 1) dedotta insussistenza dell’elemento soggettivo di entrambi i reati, anche in ragione del ruolo di semplice prestanome rivestito dal Leo; 2) mancato riconoscimento in favore dell’imputato delle circostanze attenuanti generiche.
Con requisitoria scritta del 3.5.2025, da valere come memoria perché, nelle more, è stata chiesta la discussione in forma orale del ricorso, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, nella persona della dott.ssa NOME COGNOME chiede che il ricorso venga rigettato.
Il ricorso va rigettato, con riferimento alle censure relative all’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, mentre appare fondato quanto alle doglianze riguardanti l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, in esse assorbito ogni ulteriore rilievo sull’entità del trattamento sanzionatorio.
Premesso, invero, che risulta incontestato il mancato rinvenimento della documentazione contabile della società fallita dall’anno 2020 (in cui il NOME venne nominato amministratore di diritto) fino alla data del fallimento (cfr. p. 9 della sentenza oggetto di ricorso), va osservato che,
come affermato con costante orientamento dalla giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Rv. 279179).
In una serie di recenti e condivisibili arresti si è, inoltre, precisato, che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904; Cass., Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650; Cass., Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Per integrare tale forma di bancarotta (cd. bancarotta fraudolenta documentale specifica), non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori (ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto).
Al riguardo deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, Rv. 283983; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Rv. 283659; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Tale profilo risulta non sufficientemente meditato nella motivazione della sentenza di secondo grado.
La corte territoriale, infatti, ha correttamente dato atto della mancata consegna e del mancato rinvenimento delle scritture contabili della società fallita, ma ha dedotto la configurabilità del dolo specifico in capo al Leo dalla oggettiva mancanza delle scritture contabili, senza svolgere alcuna ulteriore effettiva indagine che consenta di ricondurre, al di là di ogni ragionevole dubbio, tale dato oggettivo a una specifica scelta dolosa dell’amministratore, in uno con la circostanza, del pari pacifica, che il ricorrente era un semplice prestanome di COGNOME NOME.
In particolare, secondo la corte di appello, disinteressandosi dell’amministrazione della società fallita, delegata di fatto al Patamia, il ricorrente avrebbe accettato la possibilità, come effettivamente avvenuto, che l’amministratore di fatto avesse come unico obiettivo quello di depredare la società, sicché, ad integrare l’elemento soggettivo del reato, sarebbe sufficiente il dolo generico, nella forma del dolo diretto o del dolo eventuale, anche quando in un reato proprio sia richiesto il dolo specifico, dovendo trovare applicazione, ex art. 40, co. 2, cod. pen., il principio secondo cui a integrare il dolo dell’amministratore formale è sufficiente la generica consapevolezza che
l’amministratore di fatto compia una delle condotte indicate dalla norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi (cfr. pp. 9-10 della sentenza impugnata).
Si tratta di una tesi non condivisibile, con riferimento al reato di bancarotta fraudolenta documentale ‘specifica’.
La distinzione tra le due fattispecie alternative, attraverso le quali si invera il delitto di bancarotta fraudolenta documentale rileva, infatti, nella giurisprudenza di legittimità anche al fine della ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato nel caso in cui il soggetto attivo sia l’amministratore solo formale della società fallita.
Come si è osservato, in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd ‘generica’, per la sussistenza del dolo dell’amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l’abdicazione agli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell’alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono (cfr. Sez. Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, Rv. 282280).
Laddove costante è l’orientamento alla luce del quale, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la responsabilità dell’amministratore, che risulti essere stato soltanto un prestanome, nasce sì dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica, cui però va aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare un ingiusto profitto a taluno ovvero di recare pregiudizio ai creditori (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 44293 del 17/11/2005, Rv. 232816; Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, Rv. 257950). Ma tale dimostrazione effettiva e concreta, nel caso in esame, non è
stata fornita.
6. In ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, al contrario, non appaiono fondati i rilievi difensivi, incentrati sul ruolo di semplice amministratore formale della società fallita svolto dal Leo, che, nella prospettiva difensiva, non essendo dotato della necessaria competenza tecnica, non era in grado di rendersi conto della sofisticata natura distrattiva dell’operazione di cui al capo n. 2) dell’imputazione, senza tacere che egli, più in generale, era completamente all’oscuro di quanto avveniva all’interno della società in questione, né aveva mai avuto alcun tipo di rapporto con il Patamia.
Invero, come è stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, sussiste la responsabilità dell’amministratore di diritto, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con l’amministratore di fatto non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all’interno della società, ma in ragione della condotta omissiva dallo stesso posta in essere, consistente nel non avere impedito, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire e cioè nel mancato esercizio dei poteri di gestione della società e di controllo sull’operato dell’amministratore di fatto, connaturati alla carica rivestita.
In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva ritenuto sussistente il concorso dell’amministratore di diritto con quello di fatto in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, rilevando che la consapevolezza delle attività distrattive e la mancata volontà di impedirle era dimostrata dalla circostanza che egli ricopriva tale carica quando vennero perfezionati gli atti di compravendita – che necessitavano della sua partecipazione – dei beni della società fallita, venduti per un prezzo inferiore al loro valore e rivenduti dalla società acquirente a prezzi notevolmente superiori (cfr. Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Rv. 261814).
In questa prospettiva si è sottolineato come, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di concorso ex art. 40, comma secondo, cod. pen., dell’amministratore formale nel reato commesso
dall’amministratore di fatto, il dolo del primo può configurarsi anche come eventuale ed essere integrato dall’omesso controllo sulla tenuta delle scritture che dimostra la rinuncia a porre in essere quelle attività idonee a prevenire il pericolo di distrazioni e, di conseguenza, l’accettazione del rischio che esse possano verificarsi (cfr. Sez. 5, n. 37305 del 14/05/2013, Rv. 257608).
Precisandosi, in altro condivisibile arresto, che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo di impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi i beni sociali, la quale non può dedursi dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore; tuttavia allorché si tratti di soggetto che accetti il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l’affermazione della responsabilità penale (cfr. Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767). A tali esiti, fatti propri, come si è visto, dalla corte territoriale con motivazione erroneamente onnicomprensiva, valida, cioè, indistintamente per ogni forma di bancarotta fraudolenta, sia patrimoniale, che documentale, è possibile giungere coerentemente solo con riferimento a quelle fattispecie di reato (bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e bancarotta fraudolenta documentale “generica”), che richiedono, sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, il dolo generico, non anche per fattispecie, come la bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, caratterizzate dal dolo specifico, incompatibile con il dolo generico e, per tale ragione, anche con il dolo eventuale.
Deve ritenersi, pertanto, che la corte territoriale abbia fatto buon governo di tali principi nel desumere la sussistenza dell’elemento
soggettivo del reato di cui si discute, quanto meno in termini di dolo eventuale, innanzitutto dalla diretta partecipazione del Leo “all’atto pubblico di vendita/transazione del ristorante RAGIONE_SOCIALE“, che egli aveva personalmente sottoscritto in qualità di amministratore formale della società fallita, pacificamente integrante sotto il profilo oggettivo (non essendovi, peraltro, rilievi difensivi sul punto) la distrazione contestata nel capo n. 2) dell’imputazione.
Partecipazione, non valutata atomisticamente dalla corte territoriale, ma, piuttosto, inserita in un contesto caratterizzato dal completo disinteresse dell’imputato per le sorti della società, dimostrato in tutta evidenza anche dalla circostanza del mancato esercizio da parte del Leo per tutta la durata della carica di ogni forma di controllo sulla tenuta delle scritture contabili.
La società fallita, in altri termini, era stata lasciata consapevolmente alla gestione di fatto del RAGIONE_SOCIALE da un soggetto, quale si presentava il Leo, privo di qualsiasi competenza in materia imprenditoriale e societaria, che aveva accettato di fungere da prestanome del RAGIONE_SOCIALE, solo per avere un piccolo compenso necessario per la sua sopravvivenza, come ammesso dallo stesso ricorrente (cfr. p. 4 del ricorso).
E ciò, per le ragioni già esposte, consente di affermare la configurabilità in capo al ricorrente, nonostante il ruolo di mero prestanome del Patamia rivestito, dell’elemento soggettivo del delitto di cui si discute, quanto meno nella forma del dolo eventuale.
7. Per tali ragioni la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Bologna, affinché, con riferimento esclusivamente al tema della verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale “specifica” provveda a colmare le evidenziate lacune motivazionali, uniformandosi ai principi di diritto in precedenza indicati. Nel resto, come si è già detto, il ricorso va rigettato, mentre le doglianze sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche si considerano assorbite nel motivo accolto.
La non completa soccombenza del ricorrente implica che egli non sia condannato al pagamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta documentale, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di
appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 22.5.2025.