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Bancarotta fraudolenta prelievi soci: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due soci condannati per bancarotta fraudolenta per prelievi soci. La Corte ha confermato che prelevare fondi come “acconti su utili” in assenza di profitti reali costituisce distrazione di patrimonio, anche se i soci intendevano salvare l’azienda. La sentenza ribadisce che la remunerazione del socio-amministratore deve provenire dagli utili e non dal capitale sociale a danno dei creditori.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta per Prelievi dei Soci: Quando l’Acconto sugli Utili Diventa Reato

La gestione di una società in difficoltà economica impone agli amministratori scelte difficili e una grande responsabilità, specialmente verso i creditori. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la bancarotta fraudolenta per prelievi dei soci. L’ordinanza chiarisce i confini tra una lecita remunerazione e un atto distrattivo del patrimonio sociale, confermando che i prelievi ingiustificati dalle casse aziendali, anche se mascherati da ‘acconti su utili futuri’, possono integrare una grave fattispecie di reato.

Il Caso: Prelievi Costanti da una Società in Crisi

La vicenda riguarda due fratelli, soci e amministratori di una società di persone, condannati in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale. Per anni, i due avevano prelevato sistematicamente somme di denaro dalle casse sociali, giustificandole contabilmente come “crediti verso soci per prelievo in conto utili”. Il problema fondamentale era che la società, già dal 2009, non produceva più utili, trovandosi in una situazione di squilibrio economico-finanziario ben prima che un incidente occorso a uno dei soci ne determinasse il definitivo tracollo.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

I due soci hanno presentato ricorso in Cassazione, basando la loro difesa su diversi punti:
1. Natura non distrattiva: Sostenevano che i prelievi non costituissero una sottrazione di patrimonio, ma una giusta remunerazione per il lavoro svolto.
2. Assenza di dolo: Affermavano di aver agito con l’intenzione di risollevare le sorti dell’azienda, e non con la volontà di danneggiare i creditori.
3. Errata qualificazione giuridica: Chiedevano che il reato venisse derubricato a bancarotta semplice, meno grave.
4. Riconoscimento delle attenuanti generiche: Sollecitavano una riduzione della pena in virtù di circostanze favorevoli.

La Decisione della Corte: un’Analisi sulla Bancarotta Fraudolenta e i Prelievi dei Soci

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti sulla bancarotta fraudolenta per prelievi dei soci. Le argomentazioni della Suprema Corte smontano punto per punto la linea difensiva.

La Natura Distrattiva dei Prelievi in Assenza di Utili

Il punto centrale della decisione è che non si può parlare di ‘acconto utili’ se gli utili non esistono. I giudici hanno sottolineato come la società versasse in condizioni critiche da anni, un fatto noto agli amministratori. Continuare a prelevare fondi in tale contesto, finanziando di fatto la propria retribuzione con il patrimonio aziendale, equivale a ‘consumare’ le risorse che dovrebbero essere destinate a garanzia dei creditori. La stessa dicitura contabile utilizzata (‘crediti verso soci’) dimostrava la consapevolezza degli imputati di non avere un diritto immediato a tali somme.

Il Lavoro del Socio e la Giusta Remunerazione

La Corte ha ribadito un principio consolidato: nel caso di una società di persone, l’attività lavorativa del socio-amministratore rientra nel rapporto di immedesimazione organica con l’ente. La sua remunerazione naturale è la partecipazione agli utili. Un compenso per un’attività lavorativa distinta (come un rapporto di lavoro dipendente o un contratto d’opera) deve essere provato concretamente, dimostrando lo svolgimento di mansioni estranee a quelle gestorie. In assenza di tale prova e, soprattutto, in assenza di utili, i prelievi personali diventano ingiustificati e, quindi, distrattivi.

L’Irrilevanza dell’Intento di “Salvare l’Azienda”

La difesa basata sulla presunta volontà di salvare l’azienda è stata definita un ‘paralogismo’. Secondo la Cassazione, la coscienza della pericolosità della propria condotta per gli interessi dei creditori non è esclusa dall’ipotetica speranza di un futuro risanamento. Il dolo della bancarotta fraudolenta sussiste quando l’amministratore, pur consapevole dello stato di crisi, compie atti che depauperano il patrimonio sociale senza una valida giustificazione economica, mettendo a rischio la garanzia dei creditori.

le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto le argomentazioni dei ricorrenti manifestamente infondate e non idonee a scalfire la logica della sentenza d’appello. I giudici hanno evidenziato che i prelievi erano privi di qualsiasi giustificazione legale o economica, dato che la società non produceva utili da ben prima del suo dissesto finale. L’assenza di un valido titolo che legittimasse tali prelievi, unita alla piena consapevolezza dello stato di crisi aziendale, ha reso la condotta oggettivamente e soggettivamente riconducibile alla fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Corte ha concluso che finanziare la propria retribuzione attraverso la ‘consumazione’ del patrimonio sociale costituisce un atto di distrazione con evidente danno per il ceto creditorio, rendendo il ricorso inammissibile.

le conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un severo monito per gli amministratori di società in crisi. La sentenza chiarisce che la gestione del patrimonio sociale deve essere improntata alla massima tutela dei creditori. I prelievi personali dei soci, anche se motivati da esigenze di remunerazione, diventano illeciti e penalmente rilevanti quando la società non è in grado di sostenerli attraverso utili reali. La speranza di un rilancio futuro non può giustificare operazioni che, nel presente, sottraggono risorse vitali alla garanzia dei creditori, configurando il grave reato di bancarotta fraudolenta.

Un socio amministratore può prelevare somme dalle casse sociali come anticipo sugli utili se l’azienda è in difficoltà finanziaria?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che i prelievi a titolo di acconto utili sono illegittimi se la società non ha prodotto utili. Tali prelievi, se effettuati in un contesto di squilibrio economico-finanziario, vengono considerati atti distrattivi del patrimonio sociale che integrano il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Il lavoro svolto dal socio per la società giustifica i prelievi dal patrimonio sociale?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, l’attività lavorativa del socio-amministratore rientra nel suo rapporto di immedesimazione organica con la società e la sua remunerazione dovrebbe derivare dagli utili. Per giustificare prelievi a titolo di compenso, dovrebbe esistere un distinto e provato rapporto di lavoro, autonomo rispetto alla carica sociale.

L’intenzione di risollevare le sorti dell’azienda può escludere il dolo nel reato di bancarotta fraudolenta?
No. La Corte ha ritenuto che la convinzione di poter salvare l’azienda non è incompatibile con la coscienza e volontà di porre in essere una condotta pericolosa per gli interessi dei creditori. L’elemento soggettivo del reato sussiste quando si è consapevoli di depauperare il patrimonio sociale con atti ingiustificati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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