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Bancarotta fraudolenta: prelievi dell’amministratore

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione a carico dell’amministratrice di una società fallita. I prelievi ingenti e continuativi dalle casse sociali, giustificati come compenso per il sostentamento ma privi di delibera formale, sono stati qualificati come atti distrattivi del patrimonio sociale. La sentenza ribadisce che spetta all’amministratore dimostrare la congruità e la legittimità di tali prelievi, la cui assenza configura il dolo generico del reato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta per distrazione: quando i prelievi dell’amministratore sono reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di diritto fallimentare, chiarendo i confini del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Il caso analizzato riguarda la condotta di un’amministratrice di una società di persone che aveva effettuato consistenti prelievi dalle casse sociali, sostenendo che servissero al proprio sostentamento e a quello della sua famiglia. La Corte ha confermato la condanna, stabilendo che tali prelievi, se non supportati da una formale delibera e se non ne viene dimostrata la congruità, costituiscono una distrazione del patrimonio sociale a danno dei creditori.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda l’amministratrice e socia illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo, dichiarata fallita. La manager era stata accusata e condannata in primo e secondo grado per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta semplice. Le condotte contestate erano principalmente due:
1. Prelievi sistematici: L’imputata aveva prelevato dalle casse sociali una somma complessiva di oltre 342.000 euro in quattro anni, giustificandoli come necessari per il proprio sostentamento. Tuttavia, questi prelievi non erano stati autorizzati da alcuna delibera societaria né previsti dall’atto costitutivo.
2. Distrazione di beni: Era stata contestata anche la distrazione di attrezzature aziendali, la cui destinazione non era stata chiarita.
3. Ritardo nella dichiarazione di fallimento: L’amministratrice era stata ritenuta responsabile anche di bancarotta semplice per aver ritardato la richiesta di fallimento nonostante la società versasse in uno stato di grave tensione finanziaria da diversi anni.

L’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i prelievi costituissero una legittima retribuzione per il suo lavoro e che mancasse l’elemento soggettivo del reato, ovvero la volontà di danneggiare i creditori.

La Decisione della Cassazione e la Bancarotta Fraudolenta per Distrazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti. La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali e chiarisce aspetti fondamentali del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Prelievi dalle Casse Sociali: Distrazione o Compenso?

Il punto centrale della difesa era la qualificazione dei prelievi come compenso. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo che il diritto al compenso dell’amministratore non è automatico né può essere autodeterminato. Anche per le società di persone, dove il rapporto tra socio e società è più stretto, i compensi devono essere stabiliti dall’atto costitutivo o da una delibera dell’assemblea.

In assenza di tali formalità, l’amministratore che preleva somme si assume l’onere di dimostrare non solo di avere diritto a un compenso, ma anche che l’importo prelevato è congruo rispetto all’attività svolta e agli interessi della società. Nel caso di specie, a fronte di un importo così rilevante, l’imputata non ha fornito alcun elemento specifico (impegno orario, risultati raggiunti, emolumenti di società simili) per giustificare la congruità delle somme, rendendo i suoi assunti generici e inidonei a superare l’accusa di distrazione.

L’Elemento Soggettivo: Il Dolo Generico

Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato, la Corte ha ricordato che per la bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il dolo generico. Questo significa che non è necessario che l’amministratore agisca con lo scopo specifico di danneggiare i creditori. È sufficiente la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista dalla legge, ovvero la garanzia delle obbligazioni sociali.

Il prelievo continuativo di somme ingenti, in un contesto di grave crisi finanziaria e di elevata esposizione debitoria della società, è stato considerato un chiaro ‘indice di fraudolenza’, attestante la piena consapevolezza dell’amministratrice di sottrarre risorse alla garanzia dei creditori.

Bancarotta Semplice e Ritardo nella Dichiarazione di Fallimento

Anche il motivo relativo alla bancarotta semplice è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la colpa grave non derivasse dal mero ritardo, ma dal contesto complessivo. La società era in evidente tensione finanziaria da anni, accumulava perdite e si autofinanziava omettendo il versamento di imposte e contributi. In una tale situazione, il ritardo nella richiesta di fallimento non è stata una mera negligenza, ma una scelta consapevole che ha aggravato il dissesto, integrando pienamente la colpa grave richiesta dalla norma.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio della “doppia conforme”, secondo cui le sentenze di primo e secondo grado, se giungono alle medesime conclusioni con argomentazioni coerenti, formano un unico corpo motivazionale difficilmente scalfibile in sede di legittimità. Le motivazioni della Cassazione evidenziano che il rapporto tra amministratore e società è di tipo organico, non assimilabile a un lavoro subordinato. Pertanto, il diritto al compenso non discende automaticamente dalla prestazione, ma deve essere formalizzato. L’assenza di tale formalizzazione e di prove sulla congruità dei prelievi trasforma questi ultimi da potenziale compenso a sicura distrazione. La consapevolezza della crisi aziendale, inoltre, rende la condotta dolosa, poiché l’amministratore non può ignorare che sta sottraendo risorse vitali alla sopravvivenza dell’impresa e al soddisfacimento dei creditori. La condotta, nel suo complesso, è stata quindi letta come un’azione deliberata volta a depauperare il patrimonio sociale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un monito importante per tutti gli amministratori di società. La gestione del patrimonio sociale deve essere improntata alla massima trasparenza e correttezza, specialmente in periodi di crisi. I prelievi personali, anche se percepiti come giusti compensi, devono sempre essere formalizzati attraverso delibere societarie e devono essere commisurati all’effettivo valore della prestazione resa. Agire diversamente espone al grave rischio di una condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione, un reato che non richiede l’intento specifico di frodare, ma solo la consapevolezza di distrarre beni dalla loro funzione di garanzia per i creditori.

Un amministratore può prelevare somme dalle casse sociali per il proprio sostentamento senza commettere reato?
No, a meno che tali prelievi non siano previsti dall’atto costitutivo o autorizzati da una specifica delibera societaria. In assenza di tali formalità, l’amministratore deve dimostrare che le somme sono un compenso congruo per l’attività svolta; in caso contrario, la condotta integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Cosa si intende per “dolo generico” nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione?
Per dolo generico si intende la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni contratte. Non è necessario avere lo scopo specifico di danneggiare i creditori; è sufficiente essere consapevoli che l’azione (es. il prelievo ingiustificato) sottrae risorse alla società, mettendo a rischio gli interessi dei creditori.

Quando il ritardo nel chiedere il fallimento integra il reato di bancarotta semplice?
Il semplice ritardo non basta. Il reato di bancarotta semplice si configura quando il ritardo è dovuto a colpa grave. Secondo la sentenza, la colpa grave sussiste quando la situazione di crisi finanziaria è evidente e prolungata (ad esempio, perdite accumulate per anni e omesso versamento di imposte e contributi), rendendo palese che il ritardo nella richiesta di fallimento aggraverà ulteriormente il dissesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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