LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta per affitto d’azienda simulato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un amministratore che aveva affittato l’azienda di famiglia, poi fallita, a una nuova società da lui gestita. L’operazione, caratterizzata da un canone incongruo e solo parzialmente pagato, è stata qualificata come un atto di distrazione dei beni aziendali finalizzato a danneggiare i creditori, proseguendo l’attività sotto una nuova veste giuridica ma libera dai debiti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: L’Affitto d’Azienda Come Strumento di Distrazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di bancarotta fraudolenta: anche un contratto di affitto d’azienda, se stipulato a condizioni anomale, può integrare un atto di distrazione di beni ai danni dei creditori. Il caso analizzato riguarda la condanna di un amministratore che, in concorso con il padre, ha utilizzato un contratto di affitto per svuotare la società di famiglia, destinata al fallimento, e continuare l’attività con una nuova entità societaria ‘pulita’.

Il Caso: Un Affitto d’Azienda Sospetto

I fatti riguardano due società collegate da legami familiari. L’amministratore di una società in grave difficoltà economica (la ‘società locatrice’) stipula un contratto di affitto dell’intero compendio aziendale — inclusi capannone, macchinari, attrezzature e avviamento — a favore di una nuova società (la ‘società affittuaria’), il cui amministratore è suo figlio.

Le anomalie dell’operazione sono evidenti:
1. Canone incongruo: Il canone di affitto pattuito era notevolmente inferiore ai valori di mercato.
2. Mancato pagamento: La società affittuaria non ha nemmeno corrisposto integralmente i canoni dovuti.

Di lì a poco, la società locatrice viene dichiarata fallita. Secondo l’accusa, l’intera operazione era un espediente per trasferire l’attività produttiva alla nuova società, lasciando alla fallita solo i debiti. L’amministratore della società affittuaria viene quindi condannato in primo e secondo grado per concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale.

L’Impianto Accusatorio e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: La difesa sosteneva che l’accusa iniziale si concentrava sulla distrazione del ‘differenziale’ tra il canone di mercato e quello pattuito, mentre la condanna riguardava la distrazione dell’intera azienda.
2. Errata applicazione della legge penale: Secondo il ricorrente, non poteva esserci distrazione di somme mai entrate nel patrimonio della società fallita.
3. Vizio di motivazione: La Corte d’Appello avrebbe erroneamente equiparato l’affitto alla cessione d’azienda e non avrebbe considerato le difficili condizioni di mercato che giustificavano un canone basso.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che il nucleo centrale dell’accusa non era il mero importo del canone, ma l’intera operazione spoliativa. L’imputato era stato messo nelle condizioni di difendersi dall’accusa di aver contribuito a svuotare la società fallita attraverso un’operazione fittizia.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso, che comporta la sostanziale privazione dei beni strumentali per la società fallita, integra pienamente il reato di bancarotta fraudolenta.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla valutazione della sostanza economica dell’operazione, al di là della sua veste formale. L’affitto d’azienda non è stato considerato un normale atto di gestione, ma lo strumento per realizzare un disegno fraudolento. L’obiettivo era chiaro: garantire la continuità dell’attività imprenditoriale sotto un’altra denominazione, utilizzando gli stessi beni e lo stesso personale, ma liberandosi del peso dei debiti accumulati dalla vecchia società.

I giudici hanno sottolineato come l’intera manovra fosse finalizzata a danneggiare i creditori, lasciandoli di fronte a una ‘scatola vuota’, priva di beni e di futuro commerciale. La Corte ha ritenuto irrilevanti le argomentazioni difensive sulla congruità del canone in relazione alla crisi di mercato, poiché l’intera struttura dell’accordo era palesemente preordinata alla distrazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza è un monito per gli amministratori: la giustizia penale guarda alla sostanza degli atti di gestione, specialmente in prossimità di una crisi d’impresa. Qualsiasi operazione che comporti un depauperamento ingiustificato del patrimonio sociale a vantaggio di parti correlate può essere interpretata come un atto distrattivo. Non è sufficiente mascherare l’intento fraudolento dietro un contratto formalmente lecito come l’affitto d’azienda. Se le condizioni economiche dell’accordo sono palesemente svantaggiose per la società e l’operazione mira a sottrarre beni alla garanzia dei creditori, il rischio di una condanna per bancarotta fraudolenta è estremamente concreto.

Affittare un’azienda a un canone molto basso può costituire bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’affitto di beni aziendali a un canone incongruo, che per di più non viene riscosso, integra un fatto distrattivo riconducibile alla bancarotta fraudolenta se comporta una sostanziale privazione dei beni per la società destinata al fallimento, a danno dei creditori.

Per configurare il reato, è necessario che il denaro ‘distratto’ sia materialmente entrato nelle casse della società fallita?
No. La sentenza chiarisce che il reato si configura con l’impoverimento del patrimonio della società. La distrazione può consistere anche nel mancato incasso di somme dovute o nel pattuire un corrispettivo vile, poiché ciò impedisce alla società di acquisire risorse che spetterebbero ai creditori.

Cosa si intende per ‘principio di correlazione tra accusa e sentenza’?
È un principio fondamentale secondo cui un imputato può essere condannato solo per i fatti specifici che gli sono stati contestati nell’atto di accusa. La Corte ha però precisato che tale principio non è violato se l’imputato ha avuto, durante tutto il processo, la concreta possibilità di comprendere il nucleo centrale della riprovazione e di difendersi adeguatamente, anche se la sentenza descrive il fatto con sfumature diverse rispetto alla contestazione iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati