Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27867 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27867 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Fano il 21/11/1986 COGNOME NOME nato a Urbino il 14/11/1958
avverso la sentenza del 18/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna inflitta a NOME e NOME COGNOME, amministratori, la prima, di diritto e, il secondo, di fatto della ‘RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 4 aprile 2017, per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, limitatamente alla distrazione della somma di € 113.500,00 e alla distrazione della somma di € 128.300,00 , e ha
conseguentemente rideterminato la pena principale e le pene accessorie fallimentari loro applicate, con concessione della sospensione condizionale della pena.
È stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse di NOME e NOME COGNOME dal loro difensore, che ha affidato la comune impugnativa a due motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 216, comma 1, n. 1 e 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione in relazione alla conferma della condanna degli imputati per la distrazione della somma di € 113.500,00, corrispondente al residuo del prezzo della vendita di un immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE‘ a NOME COGNOME per il cui pagamento differito gli amministratori della venditrice avevano accettato in garanzia un assegno bancario, risultato insoluto una volta messo all’incasso, nel 2014, in sede di concordato preventivo, cui la società era stata medio tempore ammessa.
Sul versante dell’elemento oggettivo del reato è dedotto che, essendo la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in bonis nel momento in cui era stato pattuito il pagamento differito del residuo del prezzo dell’immobile, senza pretendere la prestazione di garanzie reali, onde stabilire se l’oggetto della predetta pattuizione fosse tale da integrare una rinuncia ad incamerare la somma corrispondente al residuo del prezzo, con conseguente esposizione a pericolo degli interessi dei creditori sociali, i giudici di merito avrebbero dovuto considerare gli indici di fraudolenza dell’operazione negoziale, come indicati dalla giurisprudenza di legittimità, e verificare, tramite il ricorso alla prognosi postuma, se nel momento in cui essa fu decisa, possedeva i requisiti per produrre una lesione del patrimonio sociale. Anche sul versante dell’elemento soggettivo del reato, si eccepisce che la decisione degli imputati di autorizzare il pagamento differito del prezzo residuo dell’immobile, senza pretendere alcuna garanzia, non poteva dirsi animata dalla coscienza e volontà di depauperare il patrimonio sociale medesimo, avendo costoro, anche tramite altre società, loro riconducibili, effettuato finanziamenti a favore della RAGIONE_SOCIALE per oltre due milioni di euro. Tali apporti finanziari, che avevano avuto luogo prima del fallimento, erano tali, in ogni caso, da neutralizzare l’eventuale lesione arrecata al patrimonio sociale con la rinuncia all’esazione dell’intero prezzo di vendita dell’immobile ceduto a COGNOME, così da potersi invocare l’applicazione dell’istituto della bancarotta riparata.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 216, comma 1, n. 1 e 223, comma 1, L.F. e il vizio di motivazione in relazione alla conferma della condanna degli imputati per la distrazione della somma di € 128.300,00, corrispondente al pagamento in data 10 novembre 2009 da parte di RAGIONE_SOCIALE di una fideiussione prestata in data 25 giugno 2008 in favore della ‘RAGIONE_SOCIALE, società della quale in data 21 dicembre 2007 la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il 75% delle quote di capitale sociale.
Replicando quanto già argomentato con riferimento agli indici di fraudolenza richiesti per verificare la natura distrattiva di operazioni che impegnino il patrimonio sociale, poste
in essere dagli amministratori della società in bonis , e per stabilire se costoro fossero stati animati o meno dalla coscienza e volontà di distogliere risorse sociali dalla garanzia dei creditori, è dedotto che la fideiussione prestata in favore della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era strettamente collegata all’operazione, ritenuta del tutto lecita, dell’acquisito delle quote della stessa e che il relativo pagamento non aveva cagionato alla società alcun pregiudizio, vista la sua solidità finanziaria dell’epoca. Nondimeno, gli ingenti apporti finanziari effettuati dagli imputati in favore della società avevano, comunque, azzerato l’eventuale vulnus arrecato all’integrità del patrimonio sociale, potendosi, anche in tale caso, fare applicazione dell’istituto della bancarotta riparata.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato memoria in data 19 maggio 2025, con la quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi. Ha, al riguardo, osservato: I.) che le deduzioni sviluppate con il primo motivo non si confronterebbero con il principale argomento utilizzato dalla Corte di appello per sostenere la ritenuta natura distrattiva della rinuncia ad esigere il pagamento integrale del prezzo di vendita dell’immobile di proprietà della fallita ceduto a NOME COGNOME ossia, l’impossibilità di compensare il detto credito della società con crediti futuri e ipotetici dell’acquirente; II.) le deduzioni poste a fondamento del secondo motivo non coglierebbero la ratio decidendi della conferma della natura distrattiva del pagamento della fideiussione in favore della RAGIONE_SOCIALE, ossia il dispendio di risorse patrimoniali in favore di società in dissesto, senza, quindi, alcuna prospettiva di contropartita.
In data 28 maggio 2025 il difensore dei ricorrenti tramite PEC ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi, soffermandosi sulla carenza di motivazione in relazione ai decisivi aspetti della mancanza di pericolosità in concreto delle condotte contestate e, quindi, di loro offensività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Questa Corte, con la sentenza COGNOME (Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Rv. 269562 – 01), prima, e con la sentenza COGNOME (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Rv. 270763 – 01), poi, ha inteso chiarire che «Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare», di modo che «L’accertamento
dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa».
In sostanza, si è voluto porre l’accento sulla necessità che l’interprete, dinanzi ad un atto cronologicamente distaccato, in modo significativo, dall’epilogo della vita dell’impresa, che, impegnando il patrimonio della stessa, ne riduca la consistenza, onde valutare la sua concreta idoneità lesiva rispetto alla garanzia dei creditori, integrante il bene giuridico protetto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare, e apprezzare la proiezione psicologica di tale profilo di offensività nel soggetto agente, si avvalga di «criteri ex ante », che, in relazione alle caratteristiche complessive dell’atto stesso e della situazione finanziaria della società» siano tali da giustificare l’effettiva idoneità di quell’atto a generare una situazione di squilibrio finanziario dell’impresa potenzialmente permanente e da offrire plausibile riscontro dell’esistenza nell’imprenditore della coscienza e volontà di esporre in tal modo a pericolo gli interessi della massa dei creditori.
Ciò non esclude, tuttavia, che «il reato possa rimanere integrato da comportamenti, anche antecedenti alla fase finale della vita della azienda, che presentino caratteristiche obiettive (si pensi alla operazione fittizia, alla distruzione o alla dissipazione) che, di regola, non richiedono particolari e ulteriori accertamenti per provare la esposizione a pericolo del patrimonio e che risultino e permangano congruenti rispetto all’evento giuridico (esposizione a pericolo degli interessi della massa) che poi si addebita all’agente» (così, sentenza Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, in motivazione, pag. 12, primo capoverso).
Dunque, secondo l’interpretazione offerta dalle sentenze citate – ormai consolidata in seno alla giurisprudenza di legittimità – il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare non punisce, sempre ed indifferentemente, qualsiasi atto in diminuzione del patrimonio della società, ma soltanto quegli atti che quell’effetto sono idonei a produrre in concreto, «con esclusione di quelle operazioni o iniziative di entità minima o comunque particolarmente ridotta e tali, soprattutto se isolate o realizzate quando la società era in bonis , da non essere capaci di comportare una alterazione sensibile della funzione di garanzia del patrimonio»; questo, tuttavia, non toglie che «vi siano casi in cui la fattispecie concreta dà conto, in termini di immediata evidenza dimostrativa (e al di
fuori di qualsiasi logica presuntiva), della “fraudolenza” del fatto di bancarotta patrimoniale e, dunque, non solo dell’elemento materiale, ma anche del dolo del reato in esame: ciò in ragione dei più vari fattori, quali, ad esempio, il collocarsi del singolo fatto in una sequenza di condotte di spoliazione dell’impresa poi fallita ovvero in una fase di già conclamata decozione della stessa» (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, in motivazione pag. 10, punto 4.4.).
2. Alla luce di tali condivisi principi, il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. A sostegno dell’affermazione secondo la quale la condotta contestata agli imputati nella seconda parte del punto 1) dell’imputazione rappresentava «una sostanziale rinuncia ad una parte del prezzo a vantaggio del COGNOME, che aveva prodotto un danno grave alla massa, determinando l’irrecuperabilità della somma di € 113.500», si è evidenziato nella sentenza impugnata (cfr. pag. 8, punto 2.5 della motivazione) come la ‘RAGIONE_SOCIALE, venditrice di un suo immobile a NOME COGNOME il 22 ottobre 2009, avesse accettato un assegno bancario a garanzia del pagamento, differito di due anni, della somma di € 113.500,00, costituente il residuo del prezzo, senza richiedere alcuna garanzia reale (ad esempio l’ipoteca legale), e come il detto pagamento, ulteriormente prorogato a cinque anni, non fosse andato a buon fine, perché il titolo, presentato all’incasso solo in data 31 ottobre 2014, in pendenza della procedura di concordato preventivo, era risultato scoperto. Né era stato possibile recuperare l’immobile, perché lo stesso era stato espropriato da creditori dell’acquirente.
2.2. Ne viene che la condotta, alla stregua della descrizione che se ne è fatta, è stata correttamente qualificata come distrattiva, presentandosi come intrinsecamente pericolosa per il bene giuridico protetto dal delitto di cui all’art. 216, comma 1, n. 1, L.F.
Il differimento del pagamento del prezzo di un bene sociale, non accompagnato dalla prestazione di garanzia reale, costituisce di per sé strumento idoneo ad esporre a pericolo concreto la garanzia dei creditori sociali: integra, infatti, atto del tutto privo di giustificazione rispetto agli scopi istituzionali dell’impresa commerciale e alla tutela del patrimonio sociale, comportando il distacco di una componente di esso senza la previsione di un meccanismo atto ad assicurare in termini di ragionevolezza il conseguimento del corrispettivo, invece rimesso alla mera volontà del debitore. Il che è quanto verificatosi nel caso concreto, in cui la protratta inerzia della società venditrice nel riscuotere il prezzo residuo della vendita dell’immobile ha comportato l’impossibilità di incamerarlo e l’assenza di garanzie reali, prestate in funzione dell’adempimento, ha impedito anche il recupero coattivo dell’immobile: ciò con irrimediabile pregiudizio delle ragioni dei creditori dell”RAGIONE_SOCIALE
Invero, qualunque negozio traslativo (Sez. 5, n.34464 del 14/05/2018, in tema di cessione di ramo d’azienda; Sez. 5, n.16748 del 13/02/2018, COGNOME, Rv. 272841 in
materia di affitto di beni aziendali) o qualunque operazione societaria (Sez. 5, n. 1984 del 2019, non massimata; Sez. 5, n.20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv. 264078 in materia di scissione) può assumere, avuto riguardo a specifici indicatori fattuali di fraudolenza, valenza distrattiva o dissipativa: e ciò, tanto nel caso in cui non si configurino correlativi incrementi patrimoniali o economici in favore della disponente (Sez. 5, n. 44891 del 9 ottobre 2008, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 241830), quanto in quello in cui l’operazione stessa avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilità dei beni societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 del 27 novembre 2008, COGNOME e altri, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28 gennaio 1998, COGNOME, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29 ottobre 1993, COGNOME ed altri, Rv. 196456).
L’atteggiarsi dell’operazione contestata, consistita nel protratto ed ingiustificato differimento del pagamento del prezzo residuo del cespite aziendale e nel mancato di rilascio di una garanzia reale, è, inoltre, indicativa della consapevolezza degli amministratori della società dell’immanenza del pericolo per l’integrità del patrimonio sociale e della loro volontà di accettarne il rischio: il dolo generico richiesto per il configurarsi della bancarotta fraudolenta patrimoniale può, infatti, anche manifestarsi nella forma del dolo eventuale.
2.3. Né hanno pregio le deduzioni difensive protese ad escludere la proiezione di danno per le ragioni dei creditori insita nella condotta all’esame, perché incompatibile con i consistenti apporti finanziari effettuati dagli imputati a beneficio della ‘RAGIONE_SOCIALE anche negli anni successivi, posto che tali apporti, sempre che abbiano avuto luogo nei termini illustrati in ricorso, non furono effettuati dagli imputati stessi, ma da società riconducibili a loro familiari o soci per finalità solo genericamente indicate. Tale rilievo vale ad esclude, inoltre, la pertinenza del riferimento alla bancarotta riparata, di cui si può fare applicazione, onde escludere la sussistenza del reato di bancarotta, solo laddove i versamenti nelle casse sociali, compiuti prima del fallimento per reintegrare il patrimonio precedentemente pregiudicato, corrispondano esattamente agli atti distrattivi in precedenza perpetrati (Sez. 5, n. 14932 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284383 – 01): corrispondenza che non può essere, oltretutto, dedotta per la prima volta in sede di legittimità.
3. Anche il secondo motivo è infondato.
3.1. La Corte territoriale ha ritenuto distrattive le condotte, tenute dagli amministratori della ‘RAGIONE_SOCIALE, di prestazione di una fideiussione in favore della ‘RAGIONE_SOCIALE e di successivo pagamento alla Banca Marche della somma di € 128.300,00, che ne costituiva l’oggetto, ponendo l’accento sull’assenza di utilità del suddetto esborso di denaro per la società fallita e sull’indiretto vantaggio conseguito dalla ‘RAGIONE_SOCIALE, socia della RAGIONE_SOCIALE ed amministrata da NOME
COGNOME, quest’ultima avendo riportato un alleggerimento della propria posizione debitoria rispetto a Banca Marche.
3.2. Inoltre, avuto riguardo allo stato di conclamato dissesto in cui la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ versava – sia nel momento in cui la garanzia venne prestata che in quello in cui venne escussa (segnatamente, il 25 giugno 2008 e il 10 novembre 2009) -, situazione di dissesto che gli amministratori della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non potevano ignorare avuto riguardo alla già menzionata partecipazione della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella ‘RAGIONE_SOCIALE‘, era evidente che le ridette condotte, già di per sé non in linea con gli scopi della società garante, erano destinate a tradursi in un esborso di risorse monetarie senza alcuna prospettiva di recupero di quanto versato a beneficio della società controllata. La giurisprudenza di questa Corte si è, in effetti, unanimemente espressa nel senso che «Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la concessione di una garanzia fideiussoria, senza corrispettivo e per una finalità estranea all’oggetto sociale, che determina di per sé ed automaticamente un pregiudizio economico per la società fallita» (Sez. 5, n. 9316 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281020 – 01; Sez. 5, n. 32467 del 16/04/2013, COGNOME, Rv. 256779 – 01; Sez. 5, n. 6462 del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231393 – 01; Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984, COGNOME, Rv. 165674 – 01).
3.3. Né hanno rilievo le deduzioni difensive protese ad assegnare valore scriminante alla precedente acquisizione da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ del 75% delle quote della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, come se quest’ultima non potesse esimersi dal sostituirsi alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, già detentrice delle predette quote, posto che, come rilevato dalla Corte territoriale, il subentro di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella compagine della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non comportava automaticamente il subentro anche nelle obbligazioni assunte dalla società cedente. Parimenti irrilevanti, per le ragioni illustrate al punto 2.3. della presente motivazione (cui si va integrale e recettizio rinvio), risultano le argomentazioni protese ad escludere la ricorrenza la materialità del reato e la sussistenza del dolo in conseguenza degli apporti finanziari effettuati dai soci della RAGIONE_SOCIALE, prospettati come idonei a neutralizzare lo squilibrio finanziario verificatosi per effetto della condotte fin qui esaminate.
S’impone, pertanto, il rigetto dei ricorsi, cui consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME