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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: il socio risponde

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale a carico di un socio illimitatamente responsabile di una società fallita. Il socio aveva prelevato ingenti somme dalle casse sociali, sostenendo fossero la sua retribuzione, ma la Corte ha qualificato tali atti come distrazione di beni sociali, ritenendo irrilevante il suo ruolo meramente operativo e la sua presunta ignoranza in materia contabile.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale: Quando il Prelievo del Socio è Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 24586/2025, offre un importante chiarimento sulla bancarotta fraudolenta patrimoniale commessa dai soci. La Corte ha stabilito che prelevare somme dalle casse sociali senza una valida giustificazione costituisce un reato, anche se il socio svolge un’attività lavorativa manuale e sostiene di aver percepito la propria retribuzione. Questo principio si applica con particolare rigore ai soci illimitatamente responsabili, il cui legame con la società è talmente stretto da escludere un tipico rapporto di lavoro dipendente.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda una società in nome collettivo, dichiarata fallita, i cui soci illimitatamente responsabili erano stati accusati di aver sottratto circa 900.000 euro dalle casse sociali in un biennio. Tali somme erano state inizialmente contabilizzate come “prelevamenti soci”, ovvero crediti della società verso di loro. Successivamente, prima del fallimento, questa posta contabile era stata stornata e inserita nel patrimonio netto passivo, configurando di fatto una rinuncia della società a richiederne la restituzione. Uno dei soci ha impugnato la condanna, sostenendo di essere un semplice operaio, privo di competenze contabili, e di aver sempre creduto che quei prelievi fossero il giusto compenso per il suo lavoro.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale. I giudici hanno ritenuto irrilevanti le argomentazioni del ricorrente circa il suo ruolo operativo e la sua presunta mancanza di dolo. La sentenza chiarisce che il prelievo di denaro da parte del socio, se non giustificato dalla distribuzione di utili o da un valido credito, costituisce una condotta distrattiva che lede gli interessi dei creditori sociali.

Le Motivazioni: la Responsabilità del Socio per Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni principi giuridici fondamentali.

Il Ruolo del Socio Illimitatamente Responsabile

In primo luogo, è stato sottolineato che il rapporto che lega il socio illimitatamente responsabile alla società di persone è di “immedesimazione organica”. Ciò significa che non è assimilabile a un rapporto di lavoro subordinato o d’opera. Di conseguenza, i prelievi non possono essere automaticamente considerati come una retribuzione. Affinché un prelievo sia legittimo, deve corrispondere a utili distribuibili o a un credito certo, liquido ed esigibile, provato da elementi concreti, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

La Consapevolezza della Distrazione

In secondo luogo, per la configurazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale è sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella semplice consapevolezza di prelevare risorse dalla società senza averne titolo, impoverendo così il patrimonio a garanzia dei creditori. Non è richiesta una specifica intenzione di frodare o una profonda conoscenza delle scritture contabili. Il fatto stesso di appropriarsi di somme di denaro che eccedono ampiamente gli utili disponibili è di per sé sufficiente a integrare l’elemento soggettivo del reato.

L’Irrilevanza degli Artifici Contabili Successivi

Infine, la Corte ha precisato che il reato si consuma nel momento in cui avviene il prelievo ingiustificato del denaro. Le successive operazioni contabili, come la riclassificazione del credito verso soci a patrimonio netto passivo, non sono altro che espedienti per mascherare una condotta distrattiva già realizzata. Pertanto, anche se il socio non ha partecipato direttamente alla redazione del bilancio, risponde comunque dell’atto di distrazione originario.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di massima importanza per chi opera all’interno di società di persone: la qualità di socio illimitatamente responsabile comporta oneri e doveri precisi. I prelievi personali devono essere gestiti con estrema cautela e trasparenza, poiché, in caso di fallimento, possono facilmente essere interpretati come atti di distrazione patrimoniale. La difesa basata sulla mancanza di competenze gestionali o contabili ha scarse probabilità di successo, poiché la legge presume che il socio sia consapevole delle proprie azioni e delle loro conseguenze sul patrimonio sociale. La decisione serve da monito per tutti i soci: la gestione delle risorse aziendali deve sempre essere improntata alla tutela dell’integrità del patrimonio, che costituisce la principale garanzia per i creditori.

Un socio che svolge mansioni operative può considerare i suoi prelievi dalle casse sociali come retribuzione?
No. Secondo la Corte, il rapporto del socio illimitatamente responsabile è di immedesimazione organica con la società, non assimilabile a un lavoro dipendente. I prelievi sono legittimi solo se corrispondono a utili distribuibili o a un credito provato, non a una generica retribuzione per l’attività svolta.

Per essere condannati per bancarotta fraudolenta patrimoniale è necessario avere competenze contabili?
No. La Corte ha chiarito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di appropriarsi di somme di denaro della società senza averne diritto. Non è richiesta una conoscenza specifica delle scritture contabili o un’intenzione fraudolenta complessa.

In che momento si perfeziona il reato di bancarotta per distrazione tramite prelievi?
Il reato si considera perfezionato nel momento stesso in cui avvengono i prelievi ingiustificati di denaro dalle casse sociali. Le successive operazioni contabili per mascherare tali prelievi sono irrilevanti per la consumazione del reato, in quanto rappresentano solo un post-fatto che dissimula una condotta illecita già compiuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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