Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44742 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44742 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Roma il 26 giugno 1953;
avverso la sentenza del 20 marzo 2024 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con riferimento alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, assorbito il motivo sul trattamento sanzionatorio, con declaratoria di inammissibilità nel resto del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, previa assoluzione per parte della condotta distrattiva contestata con riferimento alle
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rimanenze di magazzino, ha confermato la responsabilità del ricorrente, nella sua qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 19 febbraio 2009), per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, rideterminando la pena detentiva e la durata delle pene accessorie.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si articola in quattro motivi d’impugnazione.
2.1. I primi due attengono all’imputazione per bancarotta patrimoniale e deducono violazione di legge, contraddittorietà e illogicità della motivazione, nonché violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Sostiene la difesa che la distrazione sarebbe stata ritenuta sui soli dati contabili, sulla base di stime e valutazioni di opere e lavori e per crediti legati alle ritenute di garanzia e non sull’accertamento della previa disponibilità in capo all’imprenditore di beni poi non rinvenuti dal curatore. Per le rimanenze, in particolare, sarebbe stata valorizzata solo una mera ipotesi avanzata dal perito (che le residue commesse fossero state cedute alla società affittuaria), che non solo non avrebbe trovato riscontro alcuno, ma che mai sarebbe stata oggetto dm specifica contestazione.
Il terzo motivo deduce violazione della legge penale e processuale e vizi della motivazione con riferimento all’elemento soggettivo della bancarotta documentale, nell’ipotesi della tenuta fraudolenta. La difesa sostiene che la parziale mancanza della documentazione contabile non sarebbe ascrivibile alla libera scelta degli amministratori e alla loro volontà di non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, ma all’oggettiva difficoltà di rinvenire la documentazione relativa ai crediti vantati dalla società fallita, così come, peraltro, riconosciuto dallo stesso curatore.
Il quarto, in ultimo, deduce violazione di legge e connesso vizio di motivazione con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio, evidenziando a) l’asserita sproporzione tra la riduzione di pena riconosciuta alla coimputata in conseguenza dell’assoluzione dalla condotta distrattiva di circa 40.000 euro (un anno) e quella riconosciuta al ricorrente per l’assoluzione dalla condotta distrattiva di oltre 3,5 milioni di euro (6 mesi); b) la mancanza di ogni valutazione (nei termini indicati dalla costante giurisprudenza di legittimità) in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 219 della legge fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che saranno di seguito esposti.
I primi due motivi, afferenti alla contestazione di bancarotta patrimoniale sono fondati.
Va premesso che le diverse condotte nelle quali si sviluppa la bancarotta fraudolenta patrimoniale sono (quanto meno quelle di dissimulazione occultamento, distrazione e dissipazione) diverse modalità di aggressione dello stesso bene giuridico, rappresentato dall’interesse dei creditori alla conservazione della consistenza patrimoniale dell’imprenditore, destinata, dall’art. 2740 cod. civ., a garanzia dei debiti contratti; singole modalità di esecuzione alternative e fungibili di un solo reato (Sez. 5, n. 30442 del 22/06/2006, Preziosa), strutturato intorno al distacco di un bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento patrimoniale in danno dei creditori); evento, in cui si concretizza l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che può realizzarsi in qualunque forma e con qualunque modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale utilizzato, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate in favore della curatela (Sez. 5, n. 4739 del 23/03/1999, Rv. 213120).
Cò che qualifica la condotta sanzionata dall’art. 216, comma 1, n. 1, I. fall., in tutte le sue alternative manifestazioni, è il risultato ultimo, la lesio dell’interesse dei creditori alla conservazione dell’integrità patrimoniale conseguente ad un atto di disposizione che abbia determinato una diminuzione economicamente apprezzabile del compendio attivo della società fallita.
Tutto ciò impone, però che la diminuzione della garanzia sia stata effettiva: il mero dato contabile (rilevante, in sede fiscale, quale esposizione di elementi passivi fittizi), non è, in sé, una distrazione. La bancarotta patrimoniale distrattiva sanziona il vulnus reale che l’atto determina all’integrità del patrimonio destinato (ai sensi dell’art. 2740 cod. civ.) a garanzia dei creditori. Integrità che non è compromessa dal mero dato contabile (ove sussistente), ma dall’effettiva distrazione di quell’entità patrimoniale che, in contabilità, appare COME’ originariamente esistente.
Tale dato, nella ricostruzione offerta dai giudici di merito, manca. E tanto impone l’annullamento, in parte qua, della sentenza impugnata ed il rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per un nuovo giudizio, teso alla verifica, appunto, dell’effettiva sottrazione della somma corrispondente alla fittizia annotazione contabile di dati inesistenti.
Il terzo motivo, afferente alla bancarotta documentale è, invece, indeducibile sotto distinti profili. Appare opportuno premettere che all’imputato è contestato di aver tenuto tale documentazione in modo tale da non rendere possibile la
ricostruzione del patrimonio e dei movimenti contabili (artt. 223, 216, comma 1, n. 2, ultima parte).
La previsione normativa, diretta a tutelare l’interesse dei terzi all’esatta e completa conoscenza delle vicende patrimoniali, economiche e finanziarie della società, è costruita, sotto il profilo oggettivo, come reato di evento (rappresentato dall’impossibilità di ricostruire con esattezza, completezza ed attendibilità, il patrimonio e i movimenti contabili della società, quale conseguenza della irregolare tenuta della documentazione adottata in concreto dall’amministratore) e, sotto il profilo soggettivo, come reato a dolo generico, che si sostanzia nella consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio (ex multis Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Rv. 262915; Sez. 5, n. 21872 del 25/03/ 2010, Rv. 247444).
Ebbene, la Corte territoriale ha dato atto non solo della tardività delle relative censure (proposte solo con i motivi aggiunti e non già con l’originario atto d’appello), ma anche della loro infondatezza, alla luce delle esplicite dichiarazioni rese dal perito, che, nella sua relazione, ha riferito di tutta la documentazione non consegnata e, in particolare, della radicale mancanza di scritture anteriori al 30 giugno 2005 e della conseguente impossibilità di un’esatta e documentata ricostruzione del patrimonio, in assenza della necessaria continuità rispetto al saldo precedente.
A fronte di ciò, le censure sollevate dal ricorrente (che si limita a richiamare parti delle dichiarazioni rese dal curatore e a dedurre la risalenza della documentazione) si risolvono in una censura non già della motivazione offerta dai giudici di merito nel provvedimento impugnato, ma della valutazione delle fonti di prova utilizzate, peraltro, attraverso un’indebita parcellizzazione del complessivo impianto argomentativo indicato nella sentenza impugnata. Il ricorrente, tuttavia, non considera come la possibilità di verificare la conformità allo specifico atto (anche a contenuto probatorio) della rappresentazione che di esso offre la motivazione del provvedimento impugnato (consentita dalla nuova formulazione dell’art. 606 cod. proc. pen.), non permette di estendere l’ambito di cognizione di legittimità ad una diversa lettura dei dati processuali o a una diversa interpretazione delle prove: ogni questione che postuli una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti si pone fuori dal perimetro dei vizio deducibile (Sez. 1, n. 42369 del 16 novembre 2006, Rv. 235507; Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Rv. 272324), atteso che la selezione dei dati ritenuti rilevanti (all’interno del singolo mezzo di prova e, complessivamente, alla luce dell’intero materiale probatorio raccolto) e la conseguente attribuzione di
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uno specifico significato probatorio è attività riservata al giudice di m insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione logica e coer con i dati processuali.
In ragione del disposto annullamento della sentenza impugnata (quanto al capo afferente alla bancarotta fraudolenta patrimoniale), resta assorbito l’ul motivo relativo al trattamento sanzionatorio.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla bancarotta patrimoniale, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appell Roma per nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezi della Corte d’appello di Roma.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Il Consigliere estensore
Così deciso 1’11 ottobre 2024
Il Presi ente