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Bancarotta fraudolenta operazioni dolose: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta per operazioni dolose a carico del presidente di una cooperativa che ha sistematicamente omesso il versamento dei contributi, mascherando il lavoro subordinato sotto la forma di cooperativa artigiana. Il dissesto, derivante dal debito accumulato, è stato ritenuto conseguenza prevedibile di una condotta fraudolenta. La Corte ha invece annullato con rinvio la condanna per bancarotta documentale, ritenendo necessaria una più approfondita valutazione del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta per Operazioni Dolose: Il Rischio dell’Omesso Versamento dei Contributi

La gestione di un’impresa, specialmente in forma cooperativa, richiede un’attenta osservanza delle normative fiscali e previdenziali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini tra una gestione aziendale rischiosa e una vera e propria bancarotta fraudolenta per operazioni dolose. Il caso analizzato riguarda l’amministratore di una società cooperativa condannato per aver causato il fallimento dell’azienda attraverso la sistematica omissione del versamento dei contributi previdenziali. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

L’amministratore di una società cooperativa veniva condannato in primo e secondo grado per due distinti reati di bancarotta fraudolenta. In primo luogo, gli veniva contestato di aver cagionato il fallimento della società a causa di operazioni dolose, consistenti nel mancato pagamento di oneri fiscali e contributivi per quasi 400.000 euro. In secondo luogo, era accusato di bancarotta documentale per aver omesso la tenuta delle scritture contabili, impedendo così la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

La difesa dell’imputato sosteneva che la cooperativa, essendo stata costituita come ‘cooperativa artigiana’, non fosse tenuta al versamento diretto dei contributi per i soci, i quali, in qualità di lavoratori autonomi, avrebbero dovuto provvedervi personalmente. Il debito contributivo, secondo la difesa, era sorto solo a seguito di un accertamento dell’INPS che aveva riqualificato i rapporti di lavoro dei soci come subordinati, trasformando una legittima scelta gestionale in un’inaspettata passività.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una decisione duale. Ha confermato la condanna per la bancarotta fraudolenta per operazioni dolose, ma ha annullato con rinvio la sentenza per quanto riguarda la bancarotta documentale.

Analisi della Bancarotta Fraudolenta per Operazioni Dolose

La Corte ha respinto la tesi difensiva sulla natura ‘artigiana’ della cooperativa. I giudici hanno sottolineato che, al di là della qualificazione formale, ciò che conta è la modalità concreta con cui si svolge la prestazione lavorativa. Nel caso di specie, era emerso che i soci lavoratori operavano in condizioni di eterodirezione, tipiche del lavoro subordinato. La scelta di costituire una cooperativa artigiana era stata, secondo i giudici, un espediente per eludere il versamento dei contributi.

L’omissione sistematica dei versamenti non è stata quindi considerata una mera scelta gestionale, ma una condotta antidoverosa e consapevole. L’imprenditore, scegliendo tale assetto societario, poteva e doveva prevedere che un accertamento avrebbe fatto emergere il debito, portando la società al dissesto. Questa prevedibilità è sufficiente per configurare l’elemento soggettivo del reato, che in questo caso ha una natura preterintenzionale: non è necessario volere il fallimento, ma basta accettare il rischio che esso si verifichi come conseguenza di un’operazione intrinsecamente fraudolenta.

La Questione della Bancarotta Documentale

Sul fronte della bancarotta documentale, la Cassazione ha accolto le ragioni del ricorrente. Il reato di omessa tenuta delle scritture contabili richiede il dolo specifico, ovvero la prova che l’imprenditore abbia agito con il preciso scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio.

La Corte ha ritenuto insufficiente la motivazione dei giudici di merito su questo punto. Non era stato chiarito se le scritture contabili non fossero mai state tenute o se, invece, esistessero ma fossero state sequestrate dall’autorità giudiziaria. In quest’ultima ipotesi, la mancata consegna al curatore fallimentare non dimostra automaticamente l’intento fraudolento. Sarà quindi necessario un nuovo giudizio per accertare la sussistenza di tale dolo specifico.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione cruciale tra la natura del dolo nei due tipi di bancarotta. Per la bancarotta fraudolenta per operazioni dolose, è sufficiente un dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di compiere un’operazione che si sa essere dannosa per la società, unita alla rappresentazione della possibilità che ne derivi il dissesto. L’omissione dei contributi, quando sistematica e attuata tramite un modello societario elusivo, rientra pienamente in questa categoria.

Per la bancarotta documentale da omessa tenuta, invece, la legge richiede un quid pluris: il dolo specifico. L’accusa deve dimostrare non solo che le scritture non sono state tenute, ma che ciò è avvenuto con lo scopo preciso di ‘dare e non ricevere’, ovvero di creare un’opacità contabile per danneggiare i creditori. Questa prova non può essere desunta automaticamente da altre condotte illecite, come quella relativa all’evasione contributiva, ma deve essere accertata in modo autonomo.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la forma giuridica di un’impresa non può essere utilizzata come scudo per mascherare la reale natura dei rapporti di lavoro e per sottrarsi agli obblighi contributivi. L’omissione sistematica di tali versamenti costituisce un’operazione dolosa che, se causa il fallimento, integra il grave reato di bancarotta fraudolenta. Gli amministratori devono essere consapevoli che la prevedibilità del dissesto è sufficiente a far scattare la responsabilità penale. Al contempo, la pronuncia conferma il rigore necessario nell’accertamento del dolo specifico per la bancarotta documentale, garantendo che non vi siano automatismi sanzionatori e che ogni elemento del reato venga provato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Quando l’omesso versamento dei contributi diventa bancarotta fraudolenta per operazioni dolose?
Quando l’omissione è sistematica e deriva da una scelta consapevole e fraudolenta (come mascherare il lavoro subordinato) e l’imprenditore poteva prevedere che l’accumulo del debito avrebbe potuto causare il dissesto della società.

Quale tipo di dolo è richiesto per la bancarotta da operazioni dolose rispetto a quella documentale per omessa tenuta?
Per la bancarotta da operazioni dolose è sufficiente il dolo generico, inteso come la consapevolezza di compiere un’azione dannosa per la società accettando il rischio del fallimento. Per la bancarotta documentale per omessa tenuta delle scritture contabili, è invece necessario il dolo specifico, cioè la finalità precisa di arrecare pregiudizio ai creditori.

La qualificazione formale di una cooperativa come ‘artigiana’ è sufficiente a escludere l’obbligo di versare i contributi per i soci?
No. Secondo la Corte, a prescindere dalla qualificazione formale, prevale la natura sostanziale del rapporto di lavoro. Se i soci operano in condizioni di subordinazione e sono soggetti al potere direttivo dell’impresa (eterodirezione), il rapporto va considerato di lavoro dipendente e la società è tenuta al versamento dei relativi contributi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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