Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22383 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22383 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MIRANO il 03/10/1961
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia, in riforma della decisione del Tribunale di Rovigo – che ha condannato NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del 28 gennaio 2020, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per avere occultato e/o distratto beni strumentali per un complessivo valore di euro 8.800), bancarotta documentale semplice ex artt. 217-224 L.F., bancarotta semplice (per essersi astenuto dal richiedere il fallimento in situazione di dissesto) e per i reati fiscali di cui ai capi E) ( omesso versamento della ritenuta alla fonte) ed F) (omesso versamento dell’IVA), assolvendolo dal delitto sub D) ha accolto l’appello dell’imputato, assolvendolo dai delitti di cui ai capi B) e C), per particolare tenuità del fatto, e dal capo E) perché il fatto non sussiste, confermando la decisione di primo grado relativamente ai capi A) ed F)
Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME è affidato a due motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo, denuncia erronea applicazione della legge fallimentare, e correlati vizi della motivazione, con riferimento alla sussistenza della bancarotta distrattiva post-fallimentare. In realtà, spiega la difesa, i beni incriminati erano stati incamerati al patrimonio sociale della fallita in seguito dell’acquisto di due società che li possedevano, poi non essendo stati rinvenuti dalla curatela; ma, poiché la operatività della società fallita si collocava all’interno di un appalto complesso tra la committente RAGIONE_SOCIALE e l’ATI di cui la stessa fallita faceva parte, detti beni vennero fisicamente impiegati presso la Gottardo, luogo di esecuzione dell’appalto, in un epoca in cui il ricorrente non era ancora subentrato ai precedenti amministratori della RAGIONE_SOCIALE Dunque, il COGNOME non avrebbe mai avuto la disponibilità dei beni destinati all’esecuzione del contratto presso la committente Gottardo, e presso la medesima rimasti fisicamente anche dopo la cessazione dell’appalto. Conseguentemente, la esatta configurazione giuridica è quella di una bancarotta pre-fallimentare, per la quale è richiesto l’accertamento, con giudizio ex ante, del pericolo concreto per la garanzia dei creditori, non essendo sufficiente la mera constatazione della esistenza dell’atto distrattivo in quanto tale (cita Rv. 287059). Di tale accertamento non v’è riscontro nella sentenza impugnata, tenuto conto anche del valore irrisorio dei bei distratti; d’altro canto, la soluzione è coerente con le decisioni assolutorie della Corte territoriale dovute proprio alla scarsa offensività dei fatti.
2.2. Analoghi vizi sono denunciati con il secondo motivo, relativamente al delitto di evasione fiscale, giacchè la Corte territoriale ne ha affermato la responsabilità in capo al ricorrente senza acquisire la dichiarazione incriminata, ma sulla sola base degli estratti di ruolo riproducenti le cartelle di pagamento emesse dall’Agenzia delle entrate, depositati dal P.M.. Non può dirsi accertato il fatto tipico, integrato solo laddove risulti acclarato che, alla scadenza del termine legale per il versamento dell’acconto, il contribuente abbia omesso di pagare quanto dovuto sulla base della dichiarazione presentata.
In data 11 aprile 2025, ha presentato conclusioni scritte il difensore del ricorrente, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato, limitatamente alla bancarotta fraudolenta distrattiva, per la quale deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio di merito. Nel resto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
In primo luogo, la motivazione della sentenza impugnata è censurabile, con riguardo allo scrutinio del reato di bancarotta distrattiva, nella parte in cui si sottrae, considerandole generiche, allo scrutinio delle deduzioni dell’appellante in merito alla circostanza che i beni strumentali oggetto di distrazione sarebbero stati dispersi prima ancora del subentro del COGNOME, in quanto rimasti presso la sede della RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE, dopo la cessazione del rapporto contrattuale con la fallita, sostenendo che l’imputato non aveva mai accennato a tale cessione né al curatore né al Tribunale nel corso del giudizio, essendo, evidentemente, il connotato tipico dell’impugnazione quello della possibilità di sottoporre al giudice superiore una opzione interpretativa del fatto e delle norme diversa da quella disattesa nel grado precedente e che il giudice del gravame non possa sottrarsi al relativo scrutinio.
2.1. E, invero, la deduzione formulata dall’appellante, qui ribadita, era finalizzata, in sintesi, a porre all’attenzione della Corte di appello il tema della esatta perimetrazione della condotta illecita – in ottica difensiva riconducibile alla bancarotta pre-fallimentare, sul rilievo, come detto, che la distrazione fosse avvenuta prima del fallimento, con le conseguenziali ricadute in punto di rilevanza del danno.
2.2. Come si dirà meglio, il vizio argonnentativo della sentenza impugnata riposa nell’avere omesso il confronto con le deduzioni difensive e immotivatamente obliterato lo scrutinio, pure specificamente sollecitato, in merito alla qualificazione giuridica della condotta illecita e alle conseguenze in tema di danno al ceto creditizio.
2.3. Va premesso che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo
cui, nella locuzione “suoi beni” adoperata dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216, per indicare l’oggetto della distrazione, rientrano tutti gli elementi del patrimonio dell’imprenditore, compresi non soltanto i beni suscettibili di utilizzazione e trasformazione immediata, ma anche i beni strumentali e persino quelli futuri, quando non si atteggino come mere aspettative: invero, l’oggetto materiale della bancarotta è costituito da quel complesso di rapporti giuridici economicamente valutabili (cose materiali e diritti) che fanno capo all’imprenditore e rappresentano la garanzia delle ragioni della massa dei creditori, e sui quali può incidere l’illecita manomissione ai danni di costoro (Sez. 5, n. 1199 del 13/10/1967 (dep. 1968)Rv. 106756 ; conf. Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984 Rv.165675).
2.4. Va poi ricordato che l’ipotesi di bancarotta post fallimentare prevista dal comma 2^ dell’articolo 216 LE., punisce, come è noto, l’imprenditore che, durante la procedura fallimentare, commetta alcuni dei fatti previsti dal n. 1 del comma 1 dell’articolo 216 L.F., ovvero distrazioni, occultamenti, distruzioni e dissipazioni. Diversamente, la bancarotta pre-fallimentare è integrata dall’atto di distrazione concretizzatosi ed esauritosi prima della dichiarazione di fallimento.
2.5. Tanto premesso, e venendo al caso di specie, la prima osservazione ha riguardo alla constatazione che l’imputazione sub a) non chiarisce quando la contestata attività distrattiva sia stata posta in essere: se prima della dichiarazione di fallimento, come sostiene la difesa, oppure dopo, mediante la sottrazione o distruzione di beni strumentali facenti parte della massa fallimentare. O meglio, posto che il momento consumativo del delitto di bancarotta fraudolenta post-fallimentare non è segnato dalla declaratoria del fallimento ma coincide con quello in cui vengono poste in essere le condotte integranti il fatto tipico (sez. V, 09/03/2010, n.16606, Rv. 247256 ; sez. 5 n. 17819 del 24/03/2017,in motivazione), deve darsi atto che, nel caso di specie, l’imputazione contiene un unico riferimento temporale proprio alla data del fallimento, che, rilevando quale momento consumativo della bancarotta fraudolenta distrattiva pre-fallimentare, farebbe propendere nel senso che sia stata contestata proprio tale ultima ipotesi di bancarotta
2.5.1. Di tanto, quindi, dovrà prendersi carico il giudice ad quem nel rinnovato giudizio di merito chiarendo quando si è verificata la contestata condotta distrattiva, se prima o dopo la dichiarazione di fallimento, parametro che costituisce il discrimen temporale tra bancarotta pre-fallimentare e quella post-fal li mentare .
2.6. Giova, allora, ripercorrere alcune coordinate ermeneutiche che dovranno guidare lo scrutinio di merito.
2.6.1 Come è noto, il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare, resta integrato dall’atto di distrazione concretizzatosi ed esauritosi prima della dichiarazione di fallimento, in cui il bene giuridico protetto è la funzione di garanzia del patrimonio sociale, e si perfeziona con la distrazione, mentre la punibilità della condotta stessa è subordinata alla dichiarazione di fallimento, che, ovviamente, consistendo in una pronunzia giudiziaria, si pone come un evento ontologicamente esterno e successivo alla condotta dell’agente. (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016 ud. (dep. 27/05/2016 ) rv. 266804, COGNOME.)
2.6.2. Nella bancarotta patrimoniale post-fallimentare, invece, il bene giuridico tutelato non è più la funzione di garanzia del patrimonio dell’imprenditore, bensì l’integrità dell’attivo fallimentare, nel quale confluisce l’intero patrimonio del fallito. Oggetto della bancarotta post-fallimentare sono, quindi, esclusivamente i beni pervenuti al fallito dopo la dichiarazione di fallimento e in pendenza della procedura fallimentare (i quali entrano a far parte ipso iure dell’attivo fallimentare). Cosicchè, in caso di bancarotta postfallimentare (di cui all’art. 216, comma secondo, R.D. 16 marzo 1942, n. 267), l’ultimo atto di esecuzione, e cioè il perfezionamento della fattispecie criminosa, viene realizzato non nel luogo in cui è dichiarato il fallimento, che anzi precede gli atti in frode alla massa fallimentare ed ai creditori, bensì in quello in cui vengono posti in essere gli ulteriori atti, esecutivi della bancarotta, ed è in questo luogo che si radica la competenza per territorio (Sez.1 , n. 282 del 07/07/1992, Rv. 191599).
2.7. Posto che, nel caso di specie, come si è già osservato, sembrerebbe essere stata contestata una condotta riconducibile alla bancarotta prefallimentare, è opportuno precisare che, con riferimento a tale fattispecie, secondo l’esegesi più aderente a una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, tale delitto resta integrato non già dalla sottrazione di ricchezza tout court, ma solo laddove venga distratta quella concretamente idonea a recare danno alle pretese dei creditori, e cioè a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale dei crediti verso l’impresa. Non vi è dubbio, infatti, che la Corte di cassazione disegni attualmente il paradigma tipologico del delitto previsto dall’art. 216, comma primo, n. 1, prima parte, L. fall., secondo lo schema del reato di pericolo concreto, con particolare riguardo – per quel che interessa alla presente analisi – alla condotta dell’imprenditore che abbia distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte i suoi beni (per tutte, cfr. Sez. 5, n. 17819 del 24/3/2017, COGNOME, Rv. 269562 e Sez. 5, n. 38396 del 23/6/2017, COGNOME, Rv. 270763; in tema di bancarotta fraudolenta dissipativa cfr. Sez. 5, n. 533 del 14/10/2016, dep. 2017, COGNOME,
Rv. 269019), richiedendosi che la valutazione del pericolo sia condotta con giudizio ex ante (ancorchè al momento della declaratoria dello stato di insolvenza), e in riferimento agli atti depauperativi compiuti nella cd. zona di rischio penale (cfr. Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879, in motivazione, e Sez. 5, n. 18517 del 22/2/2018, Lapis, Rv. 273073), e alla qualità oggettiva della distrazione, ancorchè realizzata in un tempo lontano dal fallimento, se particolarmente condizionante in negativo per le sorti future della società.(Sez. 5 n. 28941 del 14/02/2024,Ry. 287059).
2.7.1. Dunque, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare. Il pericolo previsto dalla bancarotta pre-fallimentare – che è anche l’evento giuridico del reato, come ribadito da Sez. u. n. 21039 del 2011, Loy – non può che essere correlato alla idoneità dell’atto di depauperamento a creare un vulnus alla integrità della garanzia dei creditori in caso di apertura di procedura concorsuale – non dunque come singoli, ma come categoria- , con una analisi che deve riguardare in primo luogo l’elemento oggettivo, per investire poi in modo omogeneo l’elemento soggettivo e che certamente deve poggiare su criteri “ex ante”, in relazione alle caratteristiche complessive dell’atto stesso e della situazione finanziaria della società, laddove l'”anteriorità” di regola è tale relativamente al momento della azione tipica, senza però che sia esclusa dalla valutazione la permanenza o meno della stessa situazione, fino all’epoca che precede l’atto di apertura della procedura e senza, comunque, che possano acquisire rilevanza, nella prospettiva che qui interessa, fattori non imputabili, come un tracollo economico.
2.8. Il ricorso, e prima ancora l’appello, ponendo la questione della qualificazione della tipologia di bancarotta integrata, intendono, quindi, porre il tema dell’offensività reale della condotta contestata nell’egida della bancarotta patrimoniale quale reato di pericolo concreto.
2.8.1. La difesa ha, infatti, posto in luce il valore quasi nullo dei beni sottratti, da cui deriverebbe la conseguente inoffensività della condotta di reato, che, proprio per l’irrilevanza del valore economico dei beni mai rinvenuti e ritenuti distratti, sarebbe inidonea ad arrecare pregiudizio ai creditori.
2.8.2. La questione che avrebbe dovuto essere affrontata dalla Corte di appello, quindi, afferisce a un puntuale scrutinio dell’esatta dimensione della distrazione, se pre-fallimentare o post fallimentare, che non trova, invece, nelle sentenze di merito, una chiara e puntuale esegesi, invece, necessaria per addivenire a una compiuta replica alle deduzioni difensive che chiedevano la
verifica dell’offensività del reato di bancarotta patrimoniale pre-fallimentare (ove ritenuta tale la condotta incriminata, per le ragioni che si sono evidenziate) secondo i canoni interpretativi declinati dal diritto vivente, ricostruito dalla giurisprudenza di legittimità alla luce dei principi costituzionali.
2.8.3. Senza dubbio un’esegesi costituzionalmente orientata del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare come reato di pericolo concreto (in tema, oltre alla citata sentenza COGNOME, cfr. anche Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, Simone, Rv. 261683), impone di valutare la rilevanza penale delle condotte e la loro offensività in base all’idoneità ex ante degli atti depauperativi a mettere realmente a rischio la garanzia dei creditori della massa fallimentare, in un parametro spazio-temporale ragionevole (la zona penale di rischio) entro il quale l’apprezzamento di uno stato di crisi dell’impresa, conosciuto dall’agente, è destinato ad orientare l’interpretazione di ogni iniziativa distrazione dei beni da parte di quest’ultimo.
2.8.4. La giurisprudenza, a partire dalla sentenza ‘COGNOME‘ già citata, ha avvertito l’interprete della necessità di ancorare la distrazione penalmente rilevante (o il depauperamento, comunque causato, della massa attiva) non semplicemente al “concetto di distrazione” in sé considerato ed in qualunque tempo realizzato, bensì a qualità, natura e oggetto del distacco, che deve sempre rappresentare “una sottrazione, un permanente segno “meno” nel patrimonio inteso come garanzia per la massa dei creditori.
2.8.5. In sostanza, l’orientamento che ha preso piede nella giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’abbandono delle posizioni ermeneutiche che schiacciano in termini assertivi la prospettiva della ricerca della prova del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare sul punto genetico del distacco, senza esplorare ed approfondire i caratteri qualitativi di tale distacco patrimoniale. In tale ottica, l’offesa provocata dal reato non può ridursi al mero impoverimento dell’asse patrimoniale dell’impresa, ma deve essere rapportata alla diminuzione della consistenza patrimoniale idonea a danneggiare le aspettative dei creditori (Sez. 5, n. 16388 del 23/3/2011, COGNOME, in motivazione), nella prospettiva che la tutela penale del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare ruota intorno ai creditori: è integrativa del reato non già la sottrazione di ricchezza tout court, ma solo quella concretamente idonea a recare danno alle pretese dei creditori, e cioè a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale dei crediti verso l’impresa.( Sez. 5 -n. 28941 del 14/02/2024, Rv. 287059). Va, dunque, ribadito il rifiuto di qualsiasi ricostruzione, ancorchè surrettizia, della fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale come reato di “pericolo presunto”, vale a dire come ipotesi criminosa che, basandosi sulla constatazione tout court dell’esistenza dell’atto
distrattivo, si affidi ad una catena di presunzioni fondate sulla rimproverabilítà della esposizione a pericolo del patrimonio, destinate a divenire reato fallimentare solo con la successiva declaratoria giudiziale.
.2.8.6. Ed è per questo che la giurisprudenza di questa Corte ha enucleato anche una teoria degli “indici di fraudolenza” dai quali è possibile desumere, nel singolo caso, l’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo (e del dolo generico); si tratta di indicatori di fraudolenza che supportano la verifica dell’interprete chiamato ad accertare la sussistenza del reato di bancarotta e rinvenibili, ad esempio: nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda; nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte; nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale (Sez. 5, n. 38396 del 23/6/2017, COGNOME, Rv. 270763).
2.8.7. In conclusione, va ribadito che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare è un reato di pericolo concreto, in quanto l’atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura fallimentare, sicchè, ai fini della prova del reato, il giudice non può basarsi soltanto sulla mera constatazione dell’esistenza dell’atto distrattivo in quanto tale, ma deve valutare la qualità del distacco patrimoniale.
2.8.8. Parametro, quest’ultimo che viene in rilievo nel caso in esame, data l’obiezione difensiva riferita al valore quasi nullo della massa attiva ritenuta dolosamente distratta dal ricorrente ed alla non adeguata considerazione di tale variabile da parte del giudice d’appello.
2.9. Alla luce delle ricostruite basi ermeneutiche, è agevole osservare come la Corte d’Appello abbia lasciato irrisolto il tema della esatta configurazione della condotta distrattiva, con le segnalate ricadute sullo scrutinio della pericolosità in concreto della condotta distrattiva, vale a dire sul se essa sia stata idonea a mettere a rischio la garanzia patrimoniale dei creditori dell’impresa fallita.
2.9.1. Fermo restando il principio consolidato secondo cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione (cfr., tra le molte, Sez. 5, n. 17228 del 17/1/2020, Costantino, Rv. 279204; Sez. 5, n. 8260 del 22/9/2015, dep. 2016, Aucello, Rv. 267710), la “qualità” della distrazione doveva essere accertata dal giudice d’appello, per consentire la verifica necessaria sulla pericolosità reale della condotta rispetto alla garanzia dei creditori sociali. Invece, la sentenza impugnata, pur dando atto
di un valore attualizzato minimale dei beni strumentali sottratti in ragione della obsolescenza, si è limitata a sostenere come avvenuta la distrazione di beni dal
patrimonio sociale, disallineandosi anche esplicitamente rispetto alla corretta prospettiva ermeneutica invocata dal ricorrente e volta a determinare il valore
economico effettivo da attribuire ai beni contestati come distratti, al fine di orientare la verifica necessaria circa la pericolosità concreta della condotta.
2.10. In altre parole, nel rinnovato giudizio di merito, la Corte di appello dovrà interessarsi, in primo luogo, di ricostruire esattamente le modalità della
tempistica della contestata condotta distrattiva, e, a seguire, ove dovesse determinarsi nel senso della bancarotta pre-fallimentare, della verifica di
delle condotte distrattive dei beni della società
pericolosità in concreto, ex ante,
fallita – in merito alla quale, infatti, non sono state spese argomentazioni se non apodittiche e inappaganti.
3. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
3.1. La giurisprudenza di questa Corte ha già affermato che, per la configurabilità del reato previsto dall’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non
si richiede l’acquisizione al fascicolo processuale della dichiarazione fiscale del contribuente o di alcuna prova legale, essendo sufficiente che il giudice raggiunga la certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’omissione, per una somma eccedente la soglia di punibilità, abbia ad oggetto l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale regolarmente presentata, dandone conto con motivazione immune da vizi logici o giuridici (Sez. 3 n. 28489 del 10/09/2020 Rv. 280015).
Si impone, dunque, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, quanto alla contestazione di bancarotta fraudolenta distrattiva affinchè il giudice d’appello esamini la concreta proiezione offensiva degli atti distrattivi contestati al ricorrente, alla luce dei principi esposti, eventualmente provvedendo a rinnovazione istruttoria (avuto riguardo al valore dei beni strumentali).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta per distrazione, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 17 aprile 2025
Il Consigliefe estensore