Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11745 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11745 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Villone Maurizio nato a Torino l’11 dicembre 1963;
avverso la sentenza del 27 giugno 2024 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 20 febbraio 2025 dall’avv. NOME COGNOME che, anche in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, ha insist ii:D per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Torino, confermando la condanna pronunciata in primo gracc ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di bancarotta impropria da
operazioni dolose e di bancarotta fraudolenta documentale, perché, nella sua qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 29 c; iennaio 2015), avrebbe emesso fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, cumulando un complessivo debito verso l’Erario per oltre 43 milioni di euro (e così cagionando il fallimento della predetta società) e avrebbe omesso di teiere le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Ricorre per cassazione l’imputato articolando tre motivi di censura, tutti formulati in termini di violazione di legge e connesso vizio di motivazione.
2.1. Il primo attiene alla sussistenza del reato di bancarotta impropria e deduce che entrambe le sentenze di merito si sarebbero limitate a ricostruii e i soli tratti oggettivi costituenti la frode fiscale, senza offrire alcun €1(i men argomentativo in ordine alla sussistenza del reato (di bancarotta) cont?.stato, peraltro formulando il capo d’imputazione in termini logicamente contradclil tori (si ipotizza, infatti, l’annotazione delle fatture false, oggetto della contestazione di cu al capo 8, in una contabilità che, poi, al capo 9 si assume come non tenu ).
2.2. Il secondo attiene alla sussistenza della bancarotta documentale e deduce: a) che la contabilità afferente al suo periodo di gestione sarebbi i stata consegnata al liquidatore; b) che tale passaggio sarebbe avvenutip senza particolari formalità, atteso che la sede legale della società era fissata 1:isso il tenutario delle scritture contabili, mai interpellato dal curatore riguardo l’Esi stenza di detti documenti; c) che il Villone non sarebbe mai venuto a coro ;cenza dell’intervenuto fallimento (dato fattuale pretermesso dalla Corte territoriale, nel suo percorso argomentativo).
2.3. Il terzo attiene al trattamento sanzionatorio e, segnatamente, al giudizio di bilanciamento delle attenuanti generiche, ritenuto in tem lini di equivalenza senza una reale motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso, in linea generale, che il reato di cui al secondo comn . a n. 2, dell’art. 223 I. fall. è un reato a forma libera ed è integrato da una condotta attiv o omissiva) costituente inosservanza dei doveri imposti ai soggetti indicali dalla legge; strutturato intorno ad una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non da un singolo atto, ma da un fatto di maggiore complessità, esso stesso integrato da una pluralità di atti funzionalmente coordinati nella loro complessiva ed unitaria causa concreta ed eziologicamente idonei alla causazione del falli mento (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Rv. 279071; Sez. 5, n. 44103 del 27/052016,
Rv. 268207). Non rileva, né è sempre immediatamente percepibile, il compi mento di una singola azione dannosa, ma solo, appunto, una pluralità ii atti (astrattamente legittimi nella loro dimensione individuale), tra loro funziona mente concatenati. Ed è solo dalla valutazione sistematica di questi atti che è possibile cogliere la causa concreta dell’operazione posta in essere e, con essa, il iudizio subito dalla società.
Ebbene, entrambi i giudici di merito hanno dettagliatamente ricost -uito il complesso meccanismo fiscale connesso all’emissione delle fatture per operazioni inesistenti non per ricostruire i reati fiscali (ormai già prescritti), ma perc -11:: tale è stata la modalità di condotta posta in essere dal ricorrente: la costante e TI ssione di false fatture, che ha generato un conseguente progressivo accumuici di un imponente debito tributario (connesso alle violazioni fiscali poste in essere) e, con esso, il dissesto della società.
Quanto all’asserita inconciliabilità logica tra i due capi d’imputa2:ione, sufficiente rilevare che, a prescindere dall’impropria indicazione del dato nel capo d’imputazione (irrilevante nell’economia del reato contestato, in quanto privo di efficacia causale rispetto al verificarsi del dissesto o alla dichiarwione d fallimento), entrambi i giudici di merito hanno ritenuto accertata la sola eniksione, non l’annotazione in contabilità delle fatture emesse. E da ciò l’eccentricit ì della censura rispetto alla decisione impugnata e la sua conseguente indeducit lItà.
2. Infondato è il secondo motivo di censura.
Va premesso che, tra i doveri dell’amministratore di società, rientra a iche il diretto e personale obbligo di tenere e conservare le scritture contabili; si: rittu che, al termine del mandato, l’amministratore uscente ha il dovere di consegnare, in applicazione dei principi generali che regolano il rapporto organico (esiplicitati dall’art. 1713 co. 1 cod. civ. in tema di mandato) e in adempimento dell’e iplicito disposto di cui all’art. 2487-bis cod. civ.; norma che, nel disciplinare l potes dell’apertura della fase liquidatoria e nel disporre, esplicitamente, l’otti igo consegna (dei libri sociali, della situazione contabile alla data di effetti: , dello scioglimento e di un rendiconto sulla loro gestione relativo al periodo su:::(: essivo all’ultimo bilancio approvato), esplicitamente (e logicamente) prevede la recl9zione del relativo verbale.
Per cui, accertato il mancato rinvenimento delle scritture contabili (rElz:tive al periodo in cui il ricorrente svolgeva pacificamente le funzioni di amministiatore) ed essendo l’amministratore cessato responsabile per l’effettiva e regolar: , :enuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica (rispondendo dell’eventuale occultamento della stessa, in tutto o in parte, al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore), sarebbe stato onere del
ricorrente provare che il mancato rinvenimento delle predette scritture era dipeso da fatto a lui stesso non imputabile. Onere che il ricorrente intende es ;olvere evocando una consegna, senza formalità, avvenuta in conseguenza dellai nomina del liquidatore. Ma tanto, come correttamente, evidenziato dalla Corte terri:oriale, è rimasto allo stato di mera allegazione, quale semplice affermazione difansiva, priva di qualsiasi riscontro, manifestazione di una condotta tenuta in aperta violazione degli obblighi indicati nel richiamato art. 2487-bis del codice civile.
E rimasta allo stato di mera allegazione è anche l’asserita mancata conoscenza – da parte dell’imputato – del sopravvenuto fallimento. Deduzic ne che non solo risulta prospettata solo in questa sede, ma che appare inconnpat13 le (per come è formulata) con le forme di pubblicità legale alle quali soggiace la sentenza dichiarativa di fallimento (art. 17 I. fall., oggi art. 49 CCI) e l’intero procEd me prefallimentare (art. 15 I. fall., oggi 40 CCI). E ciò senza considerare che, a la luce delle sue funzioni gestorie esercitate, il ricorrente era sicuramente a conoscenza del grave stato di dissesto in cui versava la società.
Del pari irrilevante, ai fini dell’accertamento della responsabilità del Vil one è poi, la circostanza che la documentazione non fosse stata richiesta dal cu -atore. L’imprenditore dichiarato fallito, infatti, ha lo specifico obbligo di consegni: re a organi della procedura tutte le scritture contabili inerenti all’impresa e ogn ulteriore documentazione da lui richiesta (art. 86 I. fall., oggi 194 CCI). Un obbligo che si pone come adempimento ulteriore e differente rispetto a quello indic:3to nel decreto di convocazione (art. 15 I. fall., oggi 41 CCI) e, successivannenb: , nella sentenza dichiarativa del fallimento (art. 16 I. fall., oggi 49 CCI). Ques:i ultim diversamente caratterizzati per l’oggetto (i soli bilanci o le complessive 5;[ ritture contabili) e per la funzione (verifica e controllo della sussistenza dei presopposti oggettivi e soggettivi di fallibilità, art. 15; iniziale controllo della consistenza st e dinamica dell’impresa in quanto strumentale ai primi improcrastinabili adempimenti del curatore, art. 16) attengono alla sola documentazione relativa agli ultimi tre anni di vita dell’impresa. Mentre la “consegna” di cui all’i 1rt. avviene nelle mani del curatore e riguarda tutta la documentazione contabile della quale è obbligatoria la conservazione (e, quindi, degli ultimi dieci anni di a:tivit art. 2220 cod. civ.). Una consegna finalizzata alla necessaria ricostruzicn e della consistenza patrimoniale dell’impresa, nelle sue componenti attive e ‘passive, statiche e dinamiche, quale attività prodromica alla successiva liquidnzione. Attività che, all’evidenza, presuppone una completa ed attendibile ricostruzione della documentazione contabile (ed extracontabile) e che trova il suo pribs logico nelle disposizioni normative contenute nell’art. 2214 cod. civ. e, sotto I profilo tributario e fiscale, nelle norme riportate nel d.P.R. 600/73. E che tale obbligo (quello della consegna di tutta la documentazione contabile) discenda
direttamente dalla legge e prescinda da una specifica richiesta formul it curatore è logica conseguenza della necessaria strumentalità, nei :er evidenziati, della documentazione stessa rispetto alle ineludibili att accertamento e liquidazione strutturalmente connesse alla procedura fallimi3nta In tal senso, infatti, l’inciso contenuto nel richiamato art. 86 (quanto alla del curatore) si riferisce, esplicitamente, alla sola documentazione ull.e , GLYPH Jim diversa rispetto a quella strictu sensu contQbilé, oi?e ritenuta necessaria dagli organi fallimentari.
Indeducibile, invece, il terzo motivo di ricorso. Il giudizio di bilanciiHm tra le aggravanti e le attenuanti costituisce, infatti, esercizio di un potere riservato al giudice di merito, le cui statuizioni, implicando un apprezzam3n fatto e una conseguente valutazione discrezionale, quindi, sfuggono al sir da di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento ill siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella ( giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. GLYPH 13 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
In ogni caso, la Corte d’appello, nel valutare il relativo motivo d’impuc n 3zione, ha evidenziato la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato, mol iv specificamente in ordine alla invocata prevalenza delle pur riconosciute circost attenuanti generiche, esclusa alla luce dell’acclarata operatività del ricor seno a molteplici società riferibili alla galassia del principale art operazioni contestate e alla incondizionata disponibilità offerta in una v ciF! così rilevante gravità. E la discrezionalità della relativa valutazione sfug come si è detto, al sindacato di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente concia n pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese prccI3ssu
Così deciso il 28 febbraio 2024
COGNOME Il Presidente
Il Co igliere estensore