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Bancarotta fraudolenta: la responsabilità dell’amministratore

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico di due amministratori formali di una società fallita. I ricorrenti sostenevano di essere semplici ‘prestanome’ e di non avere le competenze per gestire la società, di fatto amministrata da un terzo. La Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo che la carica di amministratore comporta un inderogabile dovere di vigilanza sulla gestione e sulla contabilità, la cui violazione fonda la responsabilità penale. La presenza di un amministratore di fatto non esonera da colpa, configurando al massimo un concorso di persone nel reato.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Essere un ‘Prestanome’ Non Salva dalla Condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1155/2024 affronta un tema cruciale nel diritto penale societario: la responsabilità dell’amministratore formale nel reato di bancarotta fraudolenta. La decisione chiarisce che accettare il ruolo di amministratore, anche solo come ‘prestanome’, comporta doveri e responsabilità penali che non possono essere elusi, nemmeno in presenza di un gestore di fatto.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Lucca, con pronuncia confermata dalla Corte d’Appello di Firenze, aveva condannato due soggetti, un uomo e una donna, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Gli imputati, che si erano succeduti nel ruolo di amministratori di una società a responsabilità limitata poi dichiarata fallita, erano stati accusati di aver distratto ingenti somme di denaro (oltre 280.000 euro e circa 204.000 euro rispettivamente) e di aver tenuto le scritture contabili in modo tale da impedire la ricostruzione del patrimonio e del reale movimento degli affari.

La Difesa degli Imputati: Il Ruolo del ‘Prestanome’

Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo una tesi difensiva comune: la loro era una posizione puramente formale. Essi si definivano semplici ‘prestanome’, privi delle competenze tecniche e manageriali per gestire la società. La gestione effettiva, a loro dire, era nelle mani di un terzo soggetto, amministratore di fatto, che aveva affidato la contabilità a un commercialista. Di conseguenza, sostenevano la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza e la volontà di commettere l’illecito, e chiedevano l’annullamento della condanna.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati e confermando la condanna. La sentenza si basa su principi consolidati in materia di responsabilità degli amministratori, offrendo importanti chiarimenti sul bilanciamento tra posizione formale e gestione effettiva.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato le sue motivazioni su diversi punti chiave:

1. La Responsabilità per la Tenuta delle Scritture Contabili
I giudici hanno sottolineato che la contabilità della società era solo apparentemente regolare. Il curatore fallimentare aveva scoperto numerose falsità, tra cui l’omessa registrazione di pagamenti, la contabilizzazione di importi superiori a quelli reali e la registrazione fittizia di assegni. Questa gestione contabile rendeva impossibile una veritiera ricostruzione del patrimonio. La Corte ha ribadito che l’amministratore ha il compito primario di assicurare la corretta tenuta della contabilità. Anche se questo compito viene delegato a un professionista, sull’amministratore grava sempre un obbligo di vigilanza. Egli è responsabile se le irregolarità derivano da informazioni incomplete o false da lui fornite al commercialista.

2. Irrilevanza della Figura dell’Amministratore di Fatto
Il cuore della sentenza risiede nella valutazione della difesa del ‘prestanome’. La Cassazione ha affermato che l’eventuale ingerenza di un amministratore di fatto nella gestione della società non esonera in alcun modo dalla responsabilità penale chi ha formalmente accettato la carica. L’assunzione della qualifica di amministratore comporta l’accettazione dei doveri di vigilanza e controllo. Secondo la Corte, i due imputati avevano avuto un ruolo attivo, non solo formale, come dimostrato dalla firma di atti e dall’esecuzione di pagamenti. La presenza di un gestore occulto, tutt’al più, può configurare un concorso di persone nel reato, ma non elimina la colpevolezza dell’amministratore formale.

3. Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Infine, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche. Per uno degli imputati, la decisione è stata motivata dalla presenza di precedenti penali. Per l’altra, la Corte ha ricordato che, secondo un orientamento consolidato, la sola incensuratezza (avere la fedina penale pulita) non è di per sé sufficiente per ottenere il beneficio, essendo necessaria la presenza di elementi di segno positivo che nel caso di specie non sono stati ravvisati.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la carica di amministratore di una società non è una mera formalità. Chi accetta tale ruolo, anche se spinto da rapporti familiari o da inesperienza, assume precisi doveri legali, tra cui quello di vigilare sulla corretta gestione contabile e patrimoniale. La difesa basata sul ruolo di ‘prestanome’ si rivela estremamente debole in sede processuale, poiché non cancella l’obbligo di diligenza e controllo che la legge impone. La decisione serve da monito per chiunque sia tentato di accettare formalmente cariche societarie senza l’intenzione o la capacità di esercitarle concretamente: le conseguenze, in caso di fallimento, possono essere molto gravi.

L’amministratore formale di una società (‘prestanome’) è responsabile per la bancarotta fraudolenta se la gestione è affidata a un amministratore di fatto?
Sì. Secondo la sentenza, la posizione di amministratore formale comporta un obbligo di vigilanza sulla contabilità e sulla gestione. L’eventuale ingerenza di un amministratore di fatto non esonera da responsabilità, potendo al massimo configurare un concorso di persone nel reato.

Affidare la contabilità a un commercialista esclude la responsabilità dell’amministratore per bancarotta documentale?
No. La sentenza chiarisce che sull’amministratore incombe sempre l’obbligo di vigilare affinché la contabilità sia tenuta correttamente e rispecchi fedelmente l’andamento societario. La responsabilità penale sussiste se l’amministratore non fornisce al professionista le informazioni corrette e complete o non controlla il suo operato.

Avere la fedina penale pulita è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
No. La Corte ha ribadito che, specialmente dopo la riforma legislativa del 2008, la sola incensuratezza (fedina penale pulita) non è di per sé sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice deve valutare la presenza di elementi o circostanze di segno positivo che giustifichino una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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