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Bancarotta fraudolenta: la responsabilità dell’amm.

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un amministratore di fatto. La sentenza chiarisce che il reato si configura con la semplice distrazione di beni, a prescindere dal nesso causale con il fallimento. Anche la delega della contabilità a terzi non esonera l’amministratore dalla sua responsabilità penale per irregolarità documentali.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando l’Amministratore è Responsabile Anche Senza un Nesso Diretto con il Fallimento

La gestione di un’impresa comporta oneri e responsabilità significativi, soprattutto in ambito penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi cardine in materia di bancarotta fraudolenta, chiarendo l’estensione della responsabilità dell’amministratore, anche quando agisce ‘di fatto’, e l’irrilevanza di alcune giustificazioni spesso addotte dalla difesa. Il caso in esame riguarda un amministratore di una società edile condannato per aver depauperato il patrimonio sociale prima del fallimento.

I Fatti del Caso

L’imputato, agendo come amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata operante nel settore edile, era stato accusato di aver commesso gravi atti di bancarotta fraudolenta, sia patrimoniale che documentale.

Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, egli aveva:
– Distratto due immobili, cedendoli a prezzi incongrui alla propria figlia e alla figlia dell’amministratore di diritto, simulando una compensazione con crediti inesistenti.
– Trasferito un’automobile della società senza alcun corrispettivo.
– Distratto beni strumentali dell’impresa.
– Tenuto i libri e le scritture contabili in modo tale da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.

La Corte di Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, escludendo la recidiva e rideterminando la pena, ma confermando la responsabilità per i reati contestati.

I Motivi del Ricorso e la tesi della difesa sulla bancarotta fraudolenta

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. In sintesi, la difesa sosteneva che:
1. Mancava il nesso causale: Il dissesto della società non era stato causato dalle sue condotte, ma da un provvedimento di sequestro di prevenzione che aveva interrotto l’attività edilizia. Le sue azioni, quindi, non avevano aggravato la situazione dei creditori.
2. I crediti erano reali: I crediti portati in compensazione per la vendita degli immobili esistevano e derivavano da prestazioni lavorative e utili non percepiti.
3. Irrilevanza dei beni: L’automobile e i beni strumentali avevano un valore economico irrisorio e la loro distrazione non aveva realmente danneggiato i creditori.
4. Assenza di dolo: Mancava la consapevole volontà di danneggiare i creditori, dato il difficile contesto imprenditoriale in cui operava la società.
5. Responsabilità per la contabilità: Essendo amministratore di fatto, non si era mai occupato direttamente della tenuta delle scritture contabili, gestite dall’amministratore di diritto e da due consulenti fiscali.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato, e ha fornito chiarimenti essenziali. I giudici hanno stabilito che, ai fini della configurabilità della bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’agente abbia cagionato un depauperamento del patrimonio dell’impresa, destinandone le risorse a scopi estranei alla sua attività. Le difficoltà operative, come un sequestro, non giustificano la distrazione di beni.

In merito alla presunta esistenza dei crediti, la Corte ha sottolineato che la difesa non aveva fornito alcuna prova della loro sussistenza, e che le scritture contabili, seppur ritenute inaffidabili, non ne riportavano traccia. Anzi, proprio l’irregolarità contabile, finalizzata a nascondere queste operazioni, è stata vista come un elemento a sostegno dell’accusa di bancarotta documentale.

La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: anche la dismissione di beni strumentali di valore minimo, se priva di corrispettivo, integra il reato, poiché anche questi beni costituiscono una garanzia per i creditori. Per quanto riguarda la bancarotta documentale, i giudici hanno affermato che l’imprenditore, o l’amministratore di fatto, non è esente da responsabilità per il solo fatto di aver delegato la tenuta della contabilità. Su di lui grava un preciso obbligo di vigilanza e controllo sull’operato dei delegati.

Infine, è stato respinto il motivo relativo all’attenuante del danno di speciale tenuità. La Corte ha specificato che la valutazione del danno deve essere fatta con riferimento al momento della consumazione del reato (cioè l’atto di distrazione) e alla diminuzione patrimoniale che ne deriva, non a eventi successivi come il sequestro o all’entità finale del passivo fallimentare.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida principi fondamentali sulla responsabilità penale degli amministratori. Emerge con chiarezza che la condotta distrattiva è penalmente rilevante di per sé, in quanto lede la garanzia patrimoniale offerta ai creditori, indipendentemente dal suo impatto sulla dichiarazione di fallimento. Inoltre, la figura dell’amministratore di fatto è pienamente equiparata a quella dell’amministratore di diritto, con tutti gli obblighi che ne conseguono, compreso quello di supervisionare la corretta tenuta delle scritture contabili. La delega di funzioni a professionisti esterni non costituisce uno scudo per esimersi dalle proprie responsabilità. Gli amministratori devono quindi essere consapevoli che ogni operazione che diminuisce il patrimonio sociale senza una valida giustificazione economica li espone a gravi conseguenze penali.

Per commettere il reato di bancarotta fraudolenta, è necessario che le azioni di distrazione dei beni abbiano causato il fallimento dell’azienda?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che per la sussistenza del reato è sufficiente che l’agente abbia causato il depauperamento del patrimonio dell’impresa, destinando le sue risorse a scopi estranei all’attività, a prescindere dal fatto che tali azioni siano la causa diretta del successivo fallimento.

L’amministratore di una società può evitare la responsabilità per bancarotta documentale se la contabilità era gestita da consulenti esterni?
No. La sentenza ribadisce che l’imprenditore o l’amministratore (anche di fatto) ha un obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati. Non può essere esonerato da responsabilità semplicemente perché la contabilità è stata affidata a soggetti tecnicamente qualificati, essendo necessaria una rigorosa prova contraria.

Come si valuta l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità nella bancarotta fraudolenta?
Il danno va valutato con riferimento alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita al momento della consumazione del reato (l’atto di distrazione). Non si deve considerare l’entità del passivo fallimentare o eventi successivi, come un sequestro preventivo dei beni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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