Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36668 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CUNEO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Cuneo, che ha riconosciuto NOME COGNOME colpevole di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale perché, quale titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 22 dicembre 2017, ha omesso di tenere la contabilità, e in particolare il libro degli inventari, aggiornata a far data dal 31 dicembre 2015, non consentendo la ricostruzione delle sorti dell’azienda , e per avere ceduto l’azienda, con un contratto mai formalizzato, in favore di RAGIONE_SOCIALE, amministrata da NOME COGNOME (assolto definitivamente nel giudizio di primo grado) a prezzo convenuto ma non corrisposto di 56 mila euro, e un pagamento, anch’esso non documentato, di mille euro, beni di cui manteneva la disponibilità per la prosecuzione dell’attività apparentemente sotto una diversa ditta.
Il ricorso per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia avvocato NOME COGNOME, è affidato a tre motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, è denunciata la violazione di legge nel l’affermazione di responsabilità , per non aver il giudice di appello motivato circa la natura simulata del contratto di cessione; ci si duole inoltre della contraddittorietà della motivazione per l’incoerenza della contestuale assoluzione del coimputato simulato cessionario, e per avere la Corte di appello ritenuto rilevante, ai fini della fraudolenza, la mancata tenuta del libro degli inventari, senza considerare che, invece, essa era da ascrivere a negligenza, in assenza della prova di condotte predatorie.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione sulla richiesta di riqualificazione del fatto in bancarotta semplice.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia l ‘ illogicità della motivazione con riguardo al giudizio di bilanciamento delle circostanze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso non è fondato.
L’affermazione di responsabilità per la bancarotta distrattiva fraudolenta è stata fondata dai giudici di merito a fronte del mancato rinvenimento, da parte della curatela fallimentare, dei beni costituenti il patrimonio della società.
2.1.Spiega, chiaramente, il primo giudice, che l’affermazione di responsabilità fonda sulla mancata dimostrazione, da parte del COGNOME, della destinazione dei beni dell’azienda, onere su di lui gravante, che non ha assolo, dal momento che non ha spiegato quale destinazione avessero avuto i beni dell ‘azienda, né nelle indagini nè durante la procedura fallimentare né nel giudizio di merito, e tanto al di là della asserita cessione aziendale a NOME, rimasta indimostrata e priva di riscontro probatorio (cfr. sentenza primo grado a pg. 10).
2.2. Allo stesso modo si sono determinati i giudici di secondo grado, i quali hanno anche specificato come quell’affare la cessione in favore del NOME -fosse privo di tracciabilità e, come tale, non credibile, per totale mancanza di formalizzazione anche dal punto di vista fiscale, non essendo stato sottoscritto alcun accordo né emessa fattura, e per la mancanza di azioni di recupero da parte del COGNOME, a fronte, peraltro, del coinvolgimento del NOME nella gestione dell’attività. Come ha conclusivamente osservato la Corte di appello, quella operazione ‘ era rimasta del tutto oscura se non nella distrazione in danno dei creditori che da essa ne era derivata ‘, con un ammanco di oltre cinquantamila euro, giudicato cospicuo di fronte all’entità del passivo fallimentare.
2.3. A fronte, dunque, del dato oggettivo che la fallita è risultata privata dei beni strumentali e inoperativa, di cui ha ampiamente riferito il curatore nella sua relazione e durante l’escussione dibattimentale, risulta recessiva la tesi sostenuta dal ricorrente di essere rimasto vittima del raggiro del NOME, al quale avrebbe ceduto l’azienda, concordando un prezzo mai pagato ,
per l ‘inadempimento dell’ acquirente. Il ricorrente, infatti, ha incontestabilmente compiuto un’attività distrattiva, disfacendosi , senza che sia stato rinvenuto alcun corrispettivo, di tutti i beni aziendali, cosicchè sia che tale spoliazione sia stata la conseguenza della cessione dell’azienda al NOME, senza percepire il corrispettivo, come sostiene il ricorrente, sia che il ricorrente abbia distratto singoli beni e componenti, non rinvenuti dalla curatela, resta il nucleo essenziale del fatto distrattivo contestato, nel rilievo che l’azienda è stata spogliata di tutti i suoi beni, senza che nelle casse della società dell’azienda sia entrato alcun corrispettivo. Ciò si è inevitabilmente tradotto in un effettivo depauperamento del patrimonio dell’azienda, poi fallita, in danno dei creditori e che fonda la responsabilità dell’imputato per avere depauperato il patrimonio sociale con corrispondente danno dei creditori che non hanno potuto in alcun modo rivalersi.
2.4. Le concordi sentenze di merito hanno fatto buon governo dei princìpi di diritto secondo cui il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito, in cui si concretizza l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali. D’altro canto, è altrettanto accreditato l’orientamento secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostraz ione, da parte dell’amministratore , della destinazione dei beni suddetti ( Sez. 5 n. 11095 del 13/02/2014, Rv. 262741; Sez. 5 n. 22894 del 17/04/2013, Rv. 255385; Sez. 5 n. 3400/05 del 15/12/2004 , Rv. 231411; Sez. 5 n. 7048 del 27/11/2008, Rv. 243295). L ‘indirizzo si fonda sulla considerazione che, nel nostro ordinamento, l’imprenditore assume una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali confidano nel patrimonio dell’impresa per l’adempimento delle obbligazioni sociali. Da qui, la diretta responsabilità dell’imprenditore, quale gestore di tale patrimonio, per la sua conservazione ai fini dell’integrità della garanzia. La perdita ingiustificata del patrimonio o la elisione della sua consistenza costituisce un vulnus alle aspettative dei cr editori e integra, pertanto, l’evento giuridico presidiato dalla fattispecie della bancarotta fraudolenta. Tali considerazioni giustificano la, solo apparente, inversione dell’onere della prova incombente sul fallito, in caso di mancato rinvenimento di beni da parte della procedura e in assenza di giustificazione al riguardo (nel senso di dare conto di spese, perdite o oneri compatibili con il fisiologico andamento della gestione imprenditoriale), poiché, anche in ragione dell’obbligo di verità gravante sul fallito ai sensi dell’art. 8 comma 3 della legge fallimentare con riferimento alla destinazione di beni di impresa al momento in cui viene interpellato da parte del curatore, obbligo presidiato da sanzione penale, si tratta di legittima sollecitazione affinchè il diretto interessato dia adeguata dimostrazione, in quanto gestore dell’impresa, della destinazione dei beni o del loro ricavato (Sez. 5 n. 7588 del 26/01/2011, rv.249715).
2.5. Parimenti infondata la doglianza afferente alla bancarotta documentale: la difesa non si confronta con gli argomenti spesi dalla Corte di appello che ha ben chiarito come ‘ la circostanza che l’impesa del COGNOME operasse in regime di contabilità semplificata , che esclude la obbligatorie della relativa tenuta, vale, come noto, solo ai fini contabili e non anche in regime fallimentare nel quale deve preservarsi la sua funzione di documento che consenta la memoria di importanti informazioni sulle attività di impresa ‘, correttamente evocando l’orientamento giurisprudenziale che afferma come il regime tributario semplificato previsto per le imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scri tt ure previsto dall’art. 2214 cod. ci v., con la conseguenza che il suo inadempimento può costituire ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore, la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale ( Sez. 3 n. 24152 del 08/04/2019, Rv. 276273).
Risulta infondato anche il secondo motivo, con cui ci si duole della mancanza di motivazione sulla richiesta di riqualificazione della fattispecie in bancarotta semplice, giacchè invece, la Corte territoriale ha puntualmente individuato gli elementi fattuali in gr ado di rappresentare l’ intento fraudolento perseguito dal ricorrente (mancata formalizzazione dell’accordo di cessione, mancata emissione di fattura, nessuna iniziativa intrapresa per il recupero della somma; di contro, l’assidua ingerenza del NOME debitore vistosamente inadempiente) , tali da escludere la riqualificazione invocata.
3.1. Come è noto, la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26660 del 13/5/2011, Rv. 250900; Sez. 6, n. 20092 del 4/5/2011, Rv. 250105).
3.2. Nel caso in esame, i giudici di merito, con le doppie conformi sentenze di merito, hanno compiutamente motivato sulla qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 216 L. F all., ciò che implicitamente esclude la possibile riqualificazione degli stessi come bancarotta semplice.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, atteso che la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche ed il giudizio di bilanciamento costituiscono espressione del potere valutativo riservato al giudice di merito, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), non essendo necessaria un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838 -02 n. 10379/1990, Rv. 184914; n. 3163/1988, Rv. 180654). Nel
caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione affatto illogica, che il comportamento processuale del ricorrente non fornisse elementi utili per un più favorevole giudizio di bilanciamento delle circostanze.
5.Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME