Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26857 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26857 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, riportandosi alla requisitoria scritta già depositata.
udito l’AVV_NOTAIO si è riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento dello stesso.
Ritenuto in fatto
È oggetto di ricorso la sentenza del 18 aprile 2023, con cui la Corte d’appello di Bologna, salvo dichiarare l’estinzione del reato di bancarotta semplice di cui al capo b) dell’imputazione per intervenuta prescrizione e rideterminare la pena applicata in continuazione rispetto a quella inflitta con sentenza del 17 ottobre 2014 della medesima Corte d’appello, ha confermato -per quanto ancora qui rileva- la decisione di primo grado con cui si è affermata la responsabilità di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta documentale cd. specifica (capo a) e bancarotta fraudolenta distrattiva pre- e post fallimentare (art. 223, primo comma, in relazione agli artt. 216 primo comma), aggravata ai sensi dell’art. 219, primo comma e secondo comma, n.1, I. fall. (capo c).
Gli ascritti reati sarebbero stati commessi dall’imputato in qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 27 novembre del 2014. La contestata distrazione sarebbe avvenuta mediante sottrazione di canoni di locazione di svariati immobili di proprietà della fallita, derivanti da contratti di affitto stipulati prima e dopo la dichiarazione di fallimento, oltre che dal mancato versamento alla RAGIONE_SOCIALE dei canoni d’affitto dell’appartamento in cui l’imputato stesso esercitava l’attività di libero professionista.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, affidando le proprie censure ai quattro motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, sub specie di travisamento della prova, in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di bancarotta fraudolenta documentale, non avendo la Corte d’appello dimostrato né la condotta di concreta sottrazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili né il dolo specifico.
La difesa premette che l’ascritta condotta è riferita, nel capo d’imputazione a), al periodo ricompreso tra il 2012 e 2014. Fino al momento dell’arresto dell’imputato, avvenuto nel 2013, egli aveva sempre tenuto in ordine la contabilità societaria, come dimostrato da quanto rinvenuto dalla curatela, che ha ritrovato le scritture contabili risalenti al 2011 nel luogo indicato dall’imputato, oltre che dal teste COGNOME, segretaria dell’imputato stesso. Per il periodo successivo, la Corte non avrebbe adeguatamente considerato il dato dirimente dello stato di detenzione del COGNOME a partire dal 2013, che gli aveva impedito di dedicarsi alla regolare tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e di amministrare la società.
Il dolo specifico di procurare a sé a o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio al ceto creditorio è stato soltanto asserito dalla Corte d’appello ma non adeguatamente dimostrato.
2.2 Posto che la motivazione dell’impugnata sentenza sembra dare per accertata non già la sottrazione, bensì la parziale irregolarità della tenuta della contabilità, e data la mancata dimostrazione del dolo specifico, la difesa lamenta, col secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla mancata riqualificazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale in quello di bancarotta semplice.
2.3 Col terzo motivo, si eccepisce violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione alla violazione del divieto di reformatio in peius. La Corte territoriale avrebbe violato l’art. 597, comma 4, del codice di rito, oltre che i principi posti da Sez. U Morales, non avendo considerato, nel quantificare la pena, l’insieme degli elementi che concorrono alla determinazione della stessa. Dato che la Corte si è riferita alla mancata tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili per l’anno 2012, ritenendo provata la condotta “almeno per l’anno 2012” (p. 10 parte motiva), unicamente a tale segmento di condotta avrebbe dovuto fare riferimento per quantificare la pena.
2.4 n quarto motivo ha ad oggetto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva pre- e post fallimentare. La difesa ricorda che la società RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita nel novembre 2014; il capo d’imputazione c) fa riferimento al solo periodo tra 2014 e 2016, per cui non avrebbe senso il riferimento alla bancarotta prefallimentare. Vi sarebbe dunque un contrasto tra capo d’imputazione e motivazione, avendo la Corte ascritto all’imputato anche la bancarotta prefallimentare.
Inoltre, non v’è chiarezza circa l’ammontare dell’imputata distrazione, indicata, nel capo d’imputazione, in circa 160 mila euro; tale importo non è mai stato provato, tanto che la Corte d’appello ha respinto la richiesta della parte civile di liquidazione del danno per tale somma. Infine, la Corte avrebbe reso una motivazione illogica e avrebbe travisato le prove a proposito 1) della firma apocrifa del COGNOME apposta su due contratti di locazione, rispetto alla quale la Corte avrebbe reso affermazioni vagamente accusatorie e mai dimostrate 2) RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni degli occupanti degli immobili della fallita società (mai escussi) e di quelle della segretaria dell’imputato.
All’udienza si è svolta trattazione orale del ricorso. Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, ha chiesto dichiararsi il rigetto del ricorso. Sono state depositate memoria difensiva per l’imputato, in replica alle conclusioni scritte del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale, e conclusioni per la parte civile -fallimento DB
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, AVV_NOTAIO– da parte dell’AVV_NOTAIO, oltre che nota spese.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è manifestamente infondato, perché generico e aspecifico per quel che ha riguardo alla contestazione della condotta per l’anno 2012. Dopo aver puntualizzato che il deposito della contabilità societaria presso la cancelleria del tribunale fallimentare di Rimini, avvenuta nell’aprile del 2023, aveva a oggetto la documentazione contabile fino all’anno 2011, la Corte territoriale ha anche ricordato come le ascritte condotte di sottrazione di scritture contabili si riferiscano a un periodo diverso (2012-2014). Rispetto a tale periodo temporale, l’unica eccezione difensiva, correttamente disattesa dalla Corte d’appello e inutilmente reiterata in questa sede, è che il curatore, una volta recatosi presso lo studio dell’imputato, non abbia trovato la documentazione in parola, forse a causa della mancata illuminazione e le tante carte presenti nello studio. Con tale argomentazione -giustamente ritenuta dalla Corte territoriale implausibile- la difesa intende indicare, nell’operato del curatore, la mancata diligenza nella ricerca RAGIONE_SOCIALE scritture contabili. Tuttavia, come ricordato in parte motiva, la dimostrazione dell’adeguato livello di diligenza richiesto al curatore è fornita dal ritrovamento, da parte di quest’ultimo, di assegni, provento RAGIONE_SOCIALE locazioni, e contante nella cassaforte dello studio dell’imputato; correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto imputabile non già al curatore, bensì al COGNOME (cfr. Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, COGNOME, Rv. 265682 – 01; Sez. 5, n. 21588 del 19 aprile 2010, COGNOME, Rv. 247965, secondo cui sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza), il mancato reperimento della documentazione relativa agli anni 2012-2014, anche considerato che il ricorrente non fornì, all’epoca, diverse indicazioni riguardo a eventuali altri luoghi in cui reperire la contabilità.
Il motivo, inoltre, è carente di adeguato, critico ed effettivo confronto con la motivazione dell’impugnata sentenza cfr. (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838- 01), allorché adduce lo stato di carcerazione dell’imputato, a partire dal 2013, quale ragione giustificatrice della mancata consegna della contabilità per il periodo 20122014. In parte motiva, si è spiegato che l’imputato, rimasto libero fino al marzo
2013, sarebbe stato nelle condizioni di redigere il bilancio d’esercizio 2012 (ciò che avvenne, invece, soltanto nel 2023) e di curare le scritture contabili finché in stato di libertà. Soprattutto, è stata dimostrata l’ingerenza nella gestione della società anche successivamente alla dichiarazione del fallimento (2014), vista la quantità di contratti di locazione e la riscossione dei canoni successivi al 2014, dunque in costanza di detenzione carceraria del COGNOME.
Con ciò, la Corte territoriale ha dunque legittimamente fondato il giudizio di responsabilità per l’ascritto delitto di cui al capo a), anche con riferimento agli anni 2013-2014, ragionando sulla base di quegli “specifici indici di fraudolenza” (quale, ad esempio, la distrazione di beni aziendali) che, secondo l’insegnamento di questa Corte, possono costituire prova dello scopo di arrecare danno ai creditori (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, Birritteri, Rv. 283983: in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd. “specifica”, lo scopo di recare pregiudizio ai creditori deve ritenersi provato sulla base di specifici indici di fraudolenza, come, ad esempio, il passivo rilevante e la distrazione dei beni aziendali).
Sempre a proposito degli indici di fraudolenza, si aggiunga quanto notato dalla Corte d’appello circa lo stato di dissesto, insorto già all’inizio del 2013 e artatamente dissimulato dall’imputato per il tramite di un’erronea valutazione del patrimonio netto della società (v. p. 5, laddove si evidenzia il mancato ammortizzamento del valore dei beni immobili).
Da quanto appena illustrato consegue la manifesta infondatezza del secondo motivo, il dolo specifico della bancarotta fraudolenta documentale essendo argomentato e correttamente inquadrato proprio in relazione alla finalità distrattiva (Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915 – 01: «in tema di reati fallimentari, l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, se lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori»).
Il terzo motivo è manifestamente infondato, anche in tal caso per difetto di critico ed effettivo confronto con la motivazione dell’impugnata sentenza. Invero, la Corte territoriale non ha affatto escluso la rilevanza della condotta omissiva successiva al 2012, poiché ha ritenuto del tutto irrilevante l’arresto dell’imputato, visto che l’attività gestoria era comunque di fatto proseguita. Il riferimento, operato dalla Corte d’appello, alla condotta certamente tenuta “almeno sino al 2012” è finalizzato, nell’economia motivazionale, ad escludere in radice la fondatezza della tesi difensiva fondata sull’intervenuto arresto. Esso però non elide
il significato degli argomenti spesi in precedenza dalla stessa Corte territoriale per affermare la rilevanza della condotta omissiva successiva al 2012, come già ricordato, supra, subj.
4) Il quarto motivo è manifestamente infondato, per contrarietà dell’assunto difensivo alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la fattispecie di bancarotta fraudolenta prefallimentare si perfeziona al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore anche se il reato viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento (ex plur., Sez. 5, n. 11928 del 17/01/2020, Capacchione, Rv. 278983 – 01). La Corte territoriale si è analiticamente soffermata sul profilo della mancata acquisizione all’attivo patrimoniale della fallita società dei canoni di locazione dei numerosi appartamenti di proprietà della fallita società, con contratti stipulati sia prima della dichiarazione di fallimento sia successivamente al 27 novembre del 2014 (data di adozione della sentenza dichiarativa del fallimento). A tal proposito, si sono evidenziate, per un verso, le risultanze istruttorie fornite dalle dichiarazioni del curatore, il quale ha riferito che gli inquilini pagavano regolarmente il canone a persona di fiducia del COGNOME (a proposito di pagamenti “in nero”, sulla necessità della preliminare dimostrazione non solo dei destinatari dei pagamenti, ma anche della loro causale, v. Sez. 5, n. 47561 del 11/10/2016, COGNOME, Rv. 2687002), per l’altro, le dichiarazioni del COGNOME stesso, che ha fatto riferimento a contratti stipulati anche prima del fallimento e non registrati. La Corte ha altresì sottolineato il mancato pagamento dei canoni di locazione dello studio presso il quale l’imputato esercitava la propria attività. Risulta, pertanto, ampiamente motivata l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 223, primo comma, in relazione agli artt. 216 primo comma, I. fall. (Sez. 5, n. 49438 del 04/11/2019, Nieri, Rv. 277743 – 01: «integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, legge fall., la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto RAGIONE_SOCIALE condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo non solo dei beni materiali ma anche di entità immateriali, fra cui rientrano le ragioni di credito che concorrono alla formazione dell’attivo patrimoniale»), attesa la distrazione RAGIONE_SOCIALE somme derivanti dalla riscossione dei canoni di locazione degli immobili della società fallita, non messi a disposizione della curatela, tenuta all’oscuro -come ricordato dai giudici del merito- tanto degli incassi quanto dell’esistenza dei contratti. Che il denaro sia stato usato per finalità sociali, come affermato dalla difesa, è stato razionalmente escluso dalla Corte territoriale, anche in relazione alla assoluta genericità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese sul punto dalla segretaria. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Per le ragioni fin qui esposte, il Collegio dichiara ricorso inammissibile. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, di una somma che, in ragione RAGIONE_SOCIALE questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00. Del pari, il ricorrente va condanNOME alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolta, vengono liquidate in euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE. Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 16/02/2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente