Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4558 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4558 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Marsala con cui, all’esito di rito abbreviato, NOME COGNOME quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, fallita il 21.1.2012 – è st condannato alla pena di tre anni di reclusione (oltre alle pene accessorie fallimentari nell stessa misura) per i delitti di: a) bancarotta fraudolenta documentale; b) bancarott fraudolenta distrattiva aggravata dal danno di rilevante entità (mediante, tra l’al prelevamenti annotati quali finanziamenti ai soci); c) bancarotta societaria da operazion dolose, attraverso le condotte distrattive contestate anche autonomamente al capo b, il rimborso di finanziamenti precedentemente effettuati in violazione dell’obbligo di postergazione di cui all’art. 2647 cod. civ. e l’omesso versamento dell’IVA, tale d determinare debiti con l’erario per euro 1.211.305,17.
L’imputato ricorre contro la citata pronuncia d’appello, tramite il difensore di fidu deducendo due motivi di censura.
2.1. La prima argomentazione difensiva eccepisce il vizio di motivazione manifestamente illogica e carente, nonchè il travisamento delle prove in relazione a tutti cap imputazione, eccependo anche l’insussistenza dell’elemento soggettivo.
La tesi del ricorrente, in particolare, si incentra sull’erronea valutazione della vicenda ha fornito il perito nominato dal Tribunale, inducendo in errore i giudici di merito, ch sono appiattiti sul suo elaborato, non valutando correttamente le prove raccolte nel dibattimento, soprattutto testimoniali (che il ricorso ripercorre):
in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale, contestazione che doveva essere esclusa, vista la regolarità della tenuta delle scritture contabili e dei bilanci, confe anche dagli accertamenti del curatore;
-in relazione al capo B ed alla bancarotta fraudolenta distrattiva.
Il ricorso, quanto al capo A ed alla bancarotta fraudolenta documentale, invoca anche la riqualificazione della sua condotta nell’ipotesi meno grave di bancarotta semplice, vist che non sussisterebbe né l’elemento oggettivo né quello soggettivo del reato, avendo l’imputato dato incarico della tenuta della contabilità ad un consulente esterno, il do COGNOME, commercialista qualificato, e potendo, quindi, essergli contestata soltanto la non completa ed efficace vigilanza sul delegato, quale amministratore di diritto dell società fallita.
Quanto al capo B, ripercorsi gli esiti della perizia disposta in giudizio e data una le in chiave difensiva di quest’ultima, il ricorso rappresenta la mancanza di nesso d causalità tra le operazioni distrattive contestate al ricorrente ed il fallimento.
Partendo dall’opzione ermeneutica secondo cui la sentenza dichiarativa del fallimento piuttosto che essere condizione obiettiva di punibilità ha natura di elemento costituti
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del reato, il ricorrente fa discendere da tale assunto la necessità che il falliment quanto meno lo stato di insolvenza che del fallimento è il presupposto, deve essere previsto e voluto dall’agente quanto meno a titolo di dolo eventuale.
L’autore della condotta distrattiva dovrà prefigurarsi, cioè, che il suo comportamento depauperativo porterà verosimilmente al dissesto ed accettarne il rischio.
Inoltre, mancherebbe anche l’elemento soggettivo del reato di cui agli artt. 223 e 216, comma primo, n. 1, I. fall., anzi si evoca la configurabilità dì un’ipotesi di bancar riparata in favore dell’imputato.
Il ricorso denuncia anche l’erroneità dell’affermazione di responsabilità per il delitt cui al capo C, evidenziando che, al contrario di quanto è stato accertato dal perito, quale si è basato su criteri contabili inesatti, dalla documentazione contabile della socie si evince un risultato positivo in termini di capacità dell’azienda di far fronte ai p impegni in termini di assolvimento delle posizioni debitorie.
Inoltre, sempre in relazione allo stesso capo C, si censura la mancanza di prova del nesso causale tra la condotta ed il dissesto economico della società, nonché l’insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di bancarotta impropria societaria da operazioni dolose; si evoca, altresì, l’assorbimento del reato in quello di cui al capo B.
2.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge in relazione al diniego dell circostanze attenuanti generiche; si rappresenta, in particolare, la debolezza degl argomenti utilizzati dalla Corte d’Appello per sostenere la valutazione negativa sull meritevolezza del beneficio e, d’altra parte, l’emergere in atti della volontà del ricorr di aver agito solo nell’interesse della fallita, immettendo nelle casse sociali anche capit personale a ridosso del fallimento ed affidando la tenuta della contabilità ad u professionista esterno.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale NOME ha chiesto, con requisitoria scritta, l inammissibilità del ricorso.
3.1. In vista dell’udienza, sono state depositate conclusioni scritte da parte della dif del ricorrente, con le quali si contesta la richiesta di inammissibilità avanzata dal presso la Corte di cassazione e si ribadisce il nucleo essenziale del ricorso, vale a dire contestazione di inesattezze nell’accertamento peritale e la mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Al di là della sintesi logica con cui, nel “ritenuto in fatto”, si è cercato di riassum ragioni di ricorso, l’impugnazione proposta è strutturata con rime evidentemente
inammissibili, che scontano una prospettazione di motivi formulati in fatto – sottratta sindacato di legittimità, a meno che non refluisca in vizi di manifesta illogicità d sentenza (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., R 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482) – e, a tratti, anche poco comprensibili nella finalità degli argomenti enunciati in molte pagine, inutilment dedicate a ricostruire alcuni passaggi delle testimonianze assunte in dibattimento, senza che si comprenda neppure la rilevanza di ciascuna di tali citazioni.
Le asserzioni difensive poi, oltre a caratterizzarsi per tali modalità, sono anc apodittiche ed assertive nel loro nucleo essenziale, volte a negare, tout court, la credibilità degli accertamenti peritali, quanto al capo C dell’imputazione, oppure riscriverne le conclusioni in senso più favorevole al ricorrente, quanto al capo B.
Ed invece, la sentenza impugnata ha molto ben spiegato i passaggi logici ed analitici che hanno consentito di confermare la condanna del ricorrente per i reati a lui contestati ed in relazione ai quali era già intervenuta pronuncia coerente di affermazione di responsabilità in primo grado.
Procedendo con ordine, rispetto alle deduzioni svolte nell’unico, primo motivo di censura: a) in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale, il ricorso ripropone la te della sua auspicata riqualificazione in bancarotta semplice, alla luce della considerazione che l’aver dato incarico della tenuta della contabilità ad un consulente esterno, il do COGNOME, commercialista qualificato, determinerebbe la mancanza della volontà dolosa dell’imputato, necessariamente sottesa alla più grave qualificazione giuridica; di conseguenza, la possibilità di applicargli il solo coefficiente colposo tipico del reato me grave previsto dall’art. 217 I. fall.
La prospettazione difensiva è manifestamente infondata, oltre che generica poiché non si confronta realmente con la sentenza impugnata, che aveva già correttamente spiegato – seguendo le tracce della costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice – come, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di spe cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabil solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazi fornite dal titolare dell’impresa (ex multis, Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME, Rv. 280133; Sez. 5, n. 2812 del 17/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258947).
Tale presunzione non soltanto non è stata superata, ma, anzi, a riprova della volontà dolosa del ricorrente, la sentenza richiama il fatto che taluni artifici contabili con nel bilancio della RAGIONE_SOCIALE, in ragione della loro rilevanza ai fini prosieguo della vita sociale, non potevano che essere oggetto di uno specifico accordo tra il ricorrente ed il professionista delegato, volto ad impedire la ricostruzione degli e del patrimonio sociali in danno dei creditori. L’obiettiva incongruenza dei da
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documentali e contabili, poi, è stata al centro di una puntuale ricostruzione da parte de giudici d’appello (cfr. par. 2 della motivazione);
b) in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B, oltre quanto già evidenziato in termini di inammissibilità della quota di motivo di ricorso dire ad ottenere una diversa lettura dei dati peritali, sì da escludere la responsabilità ricorrente, va riaffermato il principio secondo cui, ai fini della sussistenza del rea bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente ab cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/3/2016, Passarelli, Rv. 266804, con cui si precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallime assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza). E su tale vessillo ermeneutico dell’elaborazione sorta intorno al reato di bancarott fraudolenta distrattiva nella giurisprudenza di legittimità non ha alcuna incidenza concezione della sentenza dichiarativa di fallimento, se ritenuta condizione obiettiva d punibilità piuttosto che elemento costitutivo del reato.
Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, dalla scelta rispetto a tale dicotomia no deriva alcuna conseguenza in termini concettuali sul se rientri o meno, nel fuoco del dolo, il fallimento in sé considerato, che comunque viene escluso dall’area della volizione soggettiva, avendo natura, al più, di evento esterno o condizione di esistenza (cfr. Sez U, n. 2 del 1958, Mezzo, Rv. 098004).
Peraltro, le divisioni interpretative circa la natura della sentenza dichiarativa di falli rimangono prive di effetti anche nella stessa prospettazione difensiva, limitatasi a adottare una generica opzione volontaristica rispetto all’accettazione del rischio fallimento.
Anche la deduzione, comunque generica, sulla mancanza dell’elemento soggettivo doloso del reato di bancarotta distrattiva si scontra con gli approdi della sentenza Passarelli del Sezioni Unite, secondo cui l’elemento soggettivo del delitto dì bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la c sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà d dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/3/2016, Passarelli, Rv. 266805).
Tutti gli argomenti agitati dal ricorrente puntano, invece, ad evocare un deficit consapevolezza sullo stato di insolvenza della fallita;
c) le censure relative al capo C ripropongono lo stesso schema difensivo, strutturato su una generica contestazione della mancanza di nesso causale per il reato di bancarotta
societaria, privo di riferimenti alle singole condotte generatrici o aggravatrici del diss (tutte specificamente descritte ai punti 4,5, e 6 della sentenza impugnata).
Si rammenta, in proposito, che le opzioni stabili di ragionamento, in base alle quali ritiene sussistente la responsabilità di chi sia imputato del reato di bancarotta impropr previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2, R.D. 16 maggio 1942, n. 267, concordano nel ritenere che non interrompono il nesso di causalità tra l’operazione dolosa e l’evento, costituito dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 c pen., né il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto già in atto, poichè la nozione di fallimento, collegata fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la q ha natura economica ed implica un fenomeno in sè reversibile (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 40998 del 20/5/2014, Concu, Rv. 262189 e Sez. 5, n. 8413 del 16/10/2013, dep. 2014, Besurga, Rv. 259051).
Priva di specificità è la censura relativa all’auspicato assorbimento del reato di cui al ca C in quello di cui al capo B, tanto più che solo una parte della più ampia condotta di reat ritenuta accertata nel paradigma dell’art. 223 I. fall. potrebbe fondare un’interferen con il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione (come si evince dalle pagine 21 ss. nonché dalle pagine 5 e ss. della sentenza impugnata).
Il secondo motivo di ricorso, dedicato al trattamento sanzionatorio e, in particolare alla denuncia di illegittimità della mancata concessione del beneficio rappresentato dalle circostanze attenuanti generiche, è anch’esso inammissibile poiché rivalutativo di argomenti già presi in considerazione dalla Corte d’appello e ritenuti insufficient spostare l’ago della bilancia valutativa in favore del ricorrente, sia perché incentrati loro nucleo ultimo, in una protesta di innocenza rispetto ai reati, sia perché illogici, dall’incongruenza tra le asserite condotte volte a limitare i danni all’impresa e le accert distrazioni. Infine, la Corte d’appello ha valorizzato l’intensità del dolo, desumibile durata della condotta di reato e dalla sua insidiosità.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul p Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2023.