Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10436 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10436 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a EDOLO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BRENO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 18/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che è stata formulata richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Uditi in pubblica udienza: il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e per l’annullamento con rinvio nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla bancarotta documentale e l’inammissibilità nel resto del ricorso; per i ricorrenti, gli AVV_NOTAIO, che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Nei confronti di NOME COGNOME, quale componente del c.d.a. dal 24/02/2011 al 19/07/2012 e amministratore di fatto dalla costituzione di RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 18/03/2013, e di NOME COGNOME, presidente del c.d.a. di RAGIONE_SOCIALE dal febbraio al luglio 2012, veniva esercitata l’azione penale in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a) per avere distratto e dissipato in parte i beni sociali, b) per avere sottratto, distrutto e falsificato i libri o le altre scritture contabili allo sc:opo di procurar sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori e comunque tenendoli in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o delle altre scritture contabili, c) compivano operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento o, comunque aggravavano il dissesl:o astenendosi dal richiedere la dichiarazione di fallimento, d) concorrevano a cagionare e ad aggravare il dissesto della società, con inosservanza degli obblighi di legge, e) nei tre anni anteriori al fallimento non tenevano i libri e le altre scritture contabi o li tenevano in maniera incompleta o irregolare; in particolare, f) non versavano il capitale sociale per euro 37.500, g) non restituivano somme prelevate per 13 mila euro, h) non consegnavano beni per più di 17 mila euro e crediti per più di 4 mila euro, i) trasferivano ingiustificatamente 215 mila euro a favore di RAGIONE_SOCIALE, I) restituivano indebitamente un finanziamento di 30.955,80 euro erogato da RAGIONE_SOCIALE, m) utilizzavano la somma di circa 166 mila euro per finalità non aziendali; con le aggravanti della pluralità dei fatti di bancarotta e del danno patrimoniale di rilevante gravità.
Con sentenza deliberata il 04/05/2018, all’esito del giudizio abbreviato, il Tribunale di Sciacca: assolveva i due imputati dall’imputazione di utilizzo per finalità extra-aziendali della somma di circa 166 mila euro; riqualificato a norma dell’art. 223, secondo comma, n. 1), I. fall. il fatto relativo al mancato versamento del capitale, dichiarava gli imputati responsabili del reati ascritti e, con la diminuente per il rito condannava COGNOME alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione, COGNOME alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione, entrambi alle pene accessorie fallimentari per la durata di anni 10 e al risarcimento dei danni a favore della parte civile. Investita dei gravami degli imputati, la Corte di appello di Palermo, con sentenza deliberata il 18/10/2022, ha ridotto la durata delle pene accessorie fallimentari, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, con un unico atto e attraverso il difensore AVV_NOTAIO (d’ora in poi, primo ricorso), articolando sei
motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione ed erronea applicazione delle norme processuali, in relazione alla ritenuta utilizzabilità della perizia, illegittimamente acquisita in quanto al consulente tecnico degli imputati non è stato assicurato il contraddittorio, presenziando alle operazioni peritali.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione ed erronea applicazione della legge penale.
2.2.1. Con riferimento all’imputazione relativa alla distrazione di 215 mila euro a favore di RAGIONE_SOCIALE, erroneo è il mancato riconoscimento dei vantaggi compensativi con riguardo al conferimento da parte di COGNOME di 185 mila euro a Le RAGIONE_SOCIALE e alla restituzione, sempre a Le RAGIONE_SOCIALE, di 20 mila euro da parte di RAGIONE_SOCIALE, in quanto la sentenza impugnata si è limitata a escludere la natura di gruppo di imprese, non considerando la direzione e il coordinamento di COGNOME in entrambe le società, le partecipazioni sociali, l’identità dell’oggetto sociale, essendo sufficiente il mero collegamento tra le due società, laddove la sentenza impugnata non nega che le somme erogate ad RAGIONE_SOCIALE fossero finalizzate al pagamento del leasing immobiliare relativo a un complesso alberghiero invernale, affermando contraddittoriamente, da un lato, che la situazione patrimoniale di RAGIONE_SOCIALE era scarsamente attendibile e, dall’altro, che la società si trovava in evidente situazione di difficoltà economica.
2.2.2. Quanto alla bancarotta riparata, l’esclusione della stessa presenta i profili di illogicità e contraddittorietà già dedotti.
2.2.3. In ordine alla distrazione di 37.500 euro, la Corte di appello ritiene credibile il bilancio, mentre in altra parte della motivazione ha ritenuto inaffidabili i relativi dati contabili.
2.2.4. A proposito della distrazione di euro 30.955,80, la Corte di appello pone a fondamento del ragionamento dati aliunde definiti inattendibili, mentre i rilievi sopra formulati inficiano la conclusione che non si trattava di operazioni infragruppo.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alle imputazioni di bancarotta documentale fraudolenta e semplice.
2.3.1. Quanto alla sottrazione o mancata consegna della contabilità, i ricorrenti sono cessati dalle rispettive cariche nel 2012, c:on il subentro di COGNOME, al quale spettava la consegna della contabilità al curatore, trasmessa dal commercialista degli imputati al commercialista del nuovo amministratore. La sentenza, inoltre, è carente di motivazione con riguardo alla posizione di COGNOME, facendo esclusivo riferimento al ruolo di amministratore di fatto di COGNOME.
2.3.2. Circa la falsificazione e l’irregolare tenuta della contabilità, COGNOME originariamente imputato di favoreggiamento per condotte di falsificazione dei documenti contabili, è stato assolto per difetto dell’elemento soggettivo, mentre il giudice di primo grado dava atto della sua confessione, avendo ammesso che la situazione contabile al 30/04/2012 era totalmente inveritiera, in quanto basata su contabilità probabilmente riferita ad altro soggetto per un suo errore. La sentenza impugnata nega la sussistenza della bancarotta semplice, sovrapponendo le due figure di bancarotta fraudolenta documentale e motivando in modo apodittico e contraddittorio con quanto affermato da COGNOME, al quale i due ricorrenti non avevano dato alcuna indicazione rispetto alla trascrizione dei dati, laddove del tutto insufficiente ed errata è la ritenuta sussistenza della sottrazione della documentazione, di cui non si spiega la riferibilità ai ricorrenti invece che a COGNOME, mentre l’atto di appello eccepiva l’assenza di dolo specifico senza che la Corte di appello abbia dato risposta alla censura.
2.4. Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 219 I. fall. in relazione all’aggravante del danno di rilevante gravità, motivato dalla sentenza impugnata in modo contraddittorio rispetto alla ritenuta inattendibilità della contabilità.
2.5. Il quinto motivo denuncia vizi di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. in relazione alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
2.6. Il sesto motivo denuncia vizi di motivazione e violazione dell’art. 114 cod. pen. in ordine alla conferma del diniego della circostanza attenuante della minima partecipazione concorsuale nei confronti di NOME COGNOME.
Gli imputati hanno presentato un secondo atto di ricorso (d’ora in poi, secondo ricorso), attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Il primo motivo denuncia mancata assunzione di una prova decisiva, ossia di una nuova perizia sulla documentazione contabile, dopo che il perito ha ammesso di non aver esaminato la documentazione sequestrata dalla polizia giudiziaria a Conegliano il 04/10/2014.
3.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 216 I. fall. e dell’art. 2359 cod. civ. in relazione all’esclusione del collegamento tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonostante la prima fosse partecipata per 1’81% da COGNOME e per il 19% dalla seconda, che, a sua volta, era partecipata per un terzo da RAGIONE_SOCIALE, per il 34% da COGNOME e per il 32,6% da NOME COGNOME, mentre la stessa collegata RAGIONE_SOCIALE era partecipata, da COGNOME, da COGNOME e dal figlio, con presunzione di influenza ex art. 2359, terzo comma, cod. ci’.
3.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 216 I. fall. e dell’art. 2634, terzo comma, cod. civ., integrando le operazioni tra società collegate un vantaggio compensativo. Aprioristicamente la sentenza impugnata ha ritenuto omessa la giustificazione dell’operazione di trasferimento temporaneo, laddove la documentazione acquisita dal perito conferma che il finanziamento di RAGIONE_SOCIALE per 215 mila euro è stata utilizzato da RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di leasing immobiliare, al fine di raggiungere un vantaggio compensative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono parzialmente fondati.
Il primo motivo del primo ricorso è inammissibile. Come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare in tema di perizia, integra una nullità di ordine generale, sanata ove non tempestivamente dedotta, il denegato assenso alla diretta partecipazione del consulente tecnico di parte alle operazioni peritali (Sez. 3, n. 32028 del 17/05/2022, Rv. 283483 – 01). Ora, il ricorso neppure deduce di avere tempestivamente eccepito la lamentata violazione, né tale eccezione – ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. – risulta dalla ricostruzione dell’iter processuale offerta dalla sentenza di primo grado, sicché il motivo è manifestamente infondato.
3. Il secondo motivo del primo ricorso è inammissibile.
3.1. Le doglianze relative alla distrazione di 215 mila euro a favore di RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili. Oltre a escludere la riconoscibilità di un gruppo tra le società interessate dalla movimertazione della somma indicata, la sentenza impugnata ha rimarcato il carattere del tutto ingiustificato del trasferimento, attraverso bonifici, di denaro, ritenuto all’evidenza finalizzato al progressivo svuotamento della fallita ormai in chiaro stato di difficoltà economica in ragione dell’esposizione debitoria già consistente nel 2011, per debiti verso fornitori nella misura di più di 250 mila euro e di più 75 mila euro per debiti verso l’erario, come accertato dalla perizia: le censure proposte al riguardo dal ricorso sono del tutto aspecifiche, facendo leva, in buona sostanza, su un frammento della deposizione del perito, così sottraendosi all’onere di completa e specifica individuazione degli atti processuali fatti valere, non essendo sufficiente, per l’apprezzamento del vizio dedotto, «la citazione di alcuni brani» dei medesimi atti (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011, dep. 2012, Rv. 252349).
Nel termini indicati, la Corte distrettuale ha dato conto dell’insussistenza di vantaggi compensativi in capo a Le RAGIONE_SOCIALE, con rilievo del tutto in linea con le
indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza di questa Corte, che ha rimarcato come, in materia di bancarotta patrimoniale, la mera circostanza della collocazione della società fallita all’interno di un gruppo non escluda la penale rilevanza del fatto, essendo necessaria a tale fine la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti immediatamente negativi della operazione Der la stessa società, trasferendo su quest’ultima il risultato positivo riferibile al gruppo (Sez. 5, n. 44963 del 27/09/2012, Bozzano, Rv. 254519 – 01), sicché, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Sez. 5, n. 8253 dei 26/06/2015, dep. 2016, Moroni, Rv. 271149 – 01; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, COGNOME, Rv. 277545 – 01). Saldo finale positivo neppure dedotto dai ricorrenti.
3.2. Anche le doglianze relative alla bancarotta “riparata” non meritano accoglimento, avendo la sentenza impugnata escluso la riconoscibilità di tale figura in quanto la somma di 195 mila euro fu conferita (non già da RAGIONE_SOCIALE, alla quale nel medesimo periodo era stata versata la somma di 215 mila euro di cui sopra, ma) dal socio COGNOME a titolo di finanziamento che, pur non chiarito nella sua natura (se a titolo di mutuo e in conto capitale: cfr. Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031 – 01), comunque attribuiva al conferente un credito, il che esclude la reintegrazione del patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno (Sez. 5, n. 52077 del 04/11/2014, Lelli, Rv. 261347). I ricorsi insistono sulla prospettata contraddittorietà delle valutazioni inerenti alla contabilità della fallita, ma i termini del tutto generici, tali che non consentono in radice di comprendere se è stato censurato il riferimento al versamento in sé ovvero quello alla sua provenienza oppure quello concernente la sua entità.
3.3. L’ordine di censure appena richiamato è riproposto anche con riguardo al mancato versamento del capitale sociale per euro 37.500, ma esso non mette a fuoco il ragionamento seguito dalle conformi sentenze di merito. Al riguardo, la sentenza di primo grado aveva riqualificato a norma dell’art. 223, secondo comma, n. 1), I. fall., rilevando che il dato risultava dal bilancio approvato il 30/05/2011 e dalla situazione contabile tracciata al 30/04/2012, mentre la
perizia lo rilevava nel bilancio del 30/09/2011. A fronte di tali rilievi, gli att appello, come è confermato anche dalla relativa sintesi offerta dalla sentenza impugnata, contestavano il carattere non omissivo e non distrattivo della condotta degli imputati, ma le deduzioni, come puntualmente rilevato dal giudice di appello, erano del tutto prive di correlazione rispetto al reato così come riqualificato.
3.4. Le doglianze concernenti il finanziamento di 30.955,80 euro erogato da RAGIONE_SOCIALE sono anch’esse inammissibili. Gli appelli, come si desume dalla sentenza impugnata, non contestavano l’an o il quantum del finanziamento, sicché del tutto inammissibili sono le inedite doglianze circa i dati posti a fondamento del ragionamento del giudice di appello. Quanto alla riconducibilità del finanziamento al genus delle operazioni infragruppo, è sufficiente rinviare a quanto già rilevato supra.
4. Il terzo motivo del primo ricorso è fondato, sotto un duplice profilo.
In primo luogo, a fronte della contestazione alternativa delle due figure di bancarotta fraudolenta documentale, i giudici di merito non hanno chiarito con la necessaria chiarezza quale hanno ritenuto sussistente, con la conseguente incertezza in punto, in particolare, di individuazione dell’elemento psicologico.
La sentenza impugnata, inoltre, rivela risposte del tutto carenti rispetto alle questioni poste con i motivi di appello, avuto riguardo, in particolare, ai documenti di cui ai verbali della Guardia di Finanza, puntualmente elencati nel gravame, e a quelli di cui veniva dedotta la disponibilità dei consulenti fiscali di COGNOME, ai quali sarebbero stati trasmessi da COGNOME. Per quanto riguarda questi ultimi, non essendo neppure ipotizzato un collegamento con COGNOME (e tanto meno con COGNOME), il riferimento al ruolo gestorio di fatto risulta inidoneo ad offrire congrua risposta rispetto alla doglianza dell’appello. Ne consegue che, con riferimento alla bancarotta documentale e, per l’effetto al trattamento sanzionatorio la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo, restando assorbito il quinto motivo.
Il quarto motivo è manifestamente infondato. La Corte distrettuale ha confermato la sussistenza della circostanza aggravante del danno di rilevante gravità ponendo in correlazione il totale delle somme distratte (quasi 300 mila euro) con l’esposizione debitoria della fallita come messa in luce dal rilevante passivo (circa 484 mila euro). I ricorsi, in buona sostanza, fanno leva sulle deduzioni proposte con riferimento alle fatidspecie di bancarotta patrimoniale, sicché è sufficiente rinviare a quanto rilevato a questo proposito.
Il sesto motivo è inammissibile, avendo congruamente motivato la Corte distrettuale il carattere niente affatto marginale del contributo concorsuale di COGNOME, in linea con il principio di diritto secondo cui per l’integrazion dell’attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso (Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. 284771 – 01). Il che rende ragione della superfluità dell’esame delle ulteriori argomentazioni della sentenza impugnata.
7. Il secondo ricorso è inammissibile.
7.1. Il primo motivo è inammissibile, per difetto di specificità, allegando una pagina del verbale dell’esame del perito nel giudizio di appello, nella quale lo stesso fa riferimento a una perizia integrativa, rispetto alla quale il ricorso non specifica l’oggetto e non ne esclude la riferibilità alla documentazione sequestrata dalla Guardia di Finanza.
7.2. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili per le ragioni indicate a proposito del secondo, articolato, motivo del primo ricorso.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale e, per l’effetto, al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo, mentre nel resto i ricorsi devono essere rigettati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale e di conseguenza anche al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta i ricorsi nel resto.
Così deciso il 31/01/2024.