Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7357 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7357  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
udito l’AVV_NOTAIO, che in:siste nella richiesta dell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
 Con sentenza del 26 settembre 2022, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la decisione di primo grado nei confronti di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta patrimoniale, riformando la sentenza del Tribunale unicamente in punto di trattamento sanzioNOMErio – avendo escluso la recidiva- con conseguente condanna dell’imputato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione e, in pari misura temporale, alle pene previste dall’art. 216, u.c., I. fall.
Secondo la rubrica, l’imputato, in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 26 maggio 2009, ha tenuto i libri e le scritture contabi della società in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita, omettendo, in particolare, «la tenuta del libro giornale, dei registri Iva acquisti e vendite e dei mastri contabili dal primo gennaio 2007 alla data di dichiarazione del fallimento» (capo a); ha distratto o, comunque, occultato i beni della società che aveva ricevuto in leasing, indicati dettagliatamente nel capi bl), b2), b3) dell’imputazione.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure a undici motivi – i primi nove dei quali dedicati alla contestazione del reato di cui capo a) – di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc pen.
2.1. Con i primi due motivi, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale, erroneamente ravvisato dalla C:orte territoriale. L’asserita omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili della società sarebbe infatti smentita dall’effettiva esistenza di tale documentazione, quale risulta dalla relazione del curatore fallimentare, il cui contenuto sarebbe stato irragionevolmente trascurato dai Giudici d’appello. Immotivatamente trascurato, inoltre, sarebbe stato il bilancio economico-patrimoniale al 31.12.2008, predisposto dal commercialista del ricorrente, AVV_NOTAIO COGNOME.
2.2 Con il terzo motivo, si lamenta violazione di legge, ex novo in relazione all’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta docurnentale. La difesa sostiene che, malgrado la documentazione contabile fosse stata compiutamente redatta, essa fu stampata -e quindi consegnata- con ritardo, a causa di un malfunzionamento della stampante collegata al p.c. della falIta società. Dopo aver richiesto e ottenuto dall’autorità giudiziaria di procedere alla stampa dei documenti -e, precisamente, del libro giornale, dei registri [va e dei mastri
contabili- presso lo studio del commercialista dell’imputato, AVV_NOTAIO COGNOME, a tanto si provvedeva, senza, peraltro, che alcuna variazione ai dati contabili salvati sul software della fallita società fosse apportata; tanto risulterebbe dalla relazione del curatore fallimentare. La difesa ricorda anche che, al tempo delle ascritte condotte, la gestione societaria si era gravemente complicata a causa di seri problemi di salute dell’imputato e di altre impreviste contingenze non ascrivibili alla volontà del COGNOME.
2.3 Col quarto motivo, si eccepisce violazione di legge processuale per contrasto tra quanto previsto nel capo a) dell’imputazione (omessa tenuta delle scritture contabili) e quanto rilevato dalla Corte territoriale (inattendibilità e irregolarità delle scritture contabili), ciò che avrebbe dovuto indurre i Giudici del merito a disporre la trasmissione degli atti al Pubblico ministero. Dal momento che il capo di imputazione si riferisce unicamente all’omessa tenuta delle scritture contabili, il tema dell’inattendibilità delle stesse non avrebbe dovuto essere posto.
2.4 Col quinto e sesto motivo, ci si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente il delitto di cui al capo a) sulla base dell’inattendibilità delle scritture contabili, dato, quest’ultimo, apertamente smentito dalle risultanze processuali. Infatti, il curatore fallimentare, AVV_NOTAIO, aveva riferito di avere ricavato dalla documentazione stampata dal consulente di parte una serie di utili informazioni contabili.
La difesa contesta, inoltre, l’esattezza di talune dichiarazioni del consulente del Pubblico ministero, AVV_NOTAIO, osservando, tra l’altro, che soltanto quattro fatture su ottocento risultavano inesatte, sicché non corrisponderebbe al vero il dato, riscontrato dalla COGNOME, della sistematica emissione di fatture false da parte del ricorrente.
Destituita di fondamento, infine, è la tesi dei Giudici di merito che circoscrive l’attendibilità delle scritture contabili al 31 dicembre 2006, essendo stato invece dimostrato che, anche per gli anni 2007 e 2008, il Collegio sindacale abbia ritenuto attendibili diverse scritture contabili.
2.5 Con i motivi settimo e ottavo, si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui al capo a), non avendo la Corte territoriale dimostrato la sussistenza del dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. A riprova di ciò, la difesa ricorda le numerose dichiarazioni del consulente di parte COGNOME, da cui si evincerebbe la costante premura dell’imputato nel garantire la regolarità della contabilità della società. Le dichiarazioni del consulente troverebbero riscontro nella documentazione acquisita al fascicolo; e, tuttavia,
sia quelle dichiarazioni sia la documentazione sarebbero state illogicamente ignorate dalla Corte d’appello.
2.6 Con il nono motivo, posto in subordine ai precedenti motivi di ricorso, si chiede la riqualificazione dell’ascritto reato, di cui al capo a), in quello di bancarotta documentale semplice, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che ostasse a tale richiesta l’impossibilità di ricostruire il volume d’affari o del patrimonio della società.
n(3
d’appello. Ove questo Collegio non volesse accogliere il motivo di gravame in esame, il ricorrente, alla luce del contrasto giurisprudenziale che emergerebbe tra l’orientamento sostenuto dalla difesa e quello avvalorato dalla Corte territoriale, chiede che la questione sia rimessa alle Sezioni unite ex art. 618, comma 1, del codice di rito.
2.8 L’undicesimo motivo ha ad oggetto il vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per avere ia Corte d’appello asserito la mancanza di qualsivoglia elemento positivo valutabile in favore dell’imputato, malgrado sia stato dimostrato l’impegno profuso da quest’ultimo nella gestione della fallita società.
All’udienza del 24 ottobre 2023, si è svolta trattazione orale del ricorso.
Considerato in diritto
I primi nove motivi, esaminabili congiuntamente in quanto investono, sotto diversi profili, l’affermazione di responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sono privi di specificità, in quanto reiterativi di censure puntualmente affrontate dai giudici di merito, con motivazione che non presenta alcun aspetto di illogicità.
Giova, innanzi tutto, ribadire che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell’imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550).
Ora, si rileva che il capo di imputazione, pur dando atto, in sede di specificazione della contestazione, dell’omissione di talune scritture in relazione ad alcuni esercizi, ha per oggetto la tenuta di libri e scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
In tale contesto, deve muoversi dalla premessa che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (di recente, per una sintesi delle posizioni espresse, v. per tutte, Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 – 0), la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale è strutturata come norma incriminatrice mista alternativa, il che significa che la disposizione incriminatrice prevede un unico reato che, tul;:tavia, può essere commesso con condotte diverse, ma equivalenti, ossia con condotte fungibili. Qualora emerga, sulla scorta di uno specifico accertamento, che la contabilità sia in parte omessa ed in parte irregolarmente tenuta, e che detta ultima situazione renda impossibile o complessa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli
affari, evidentemente proprio la descritta struttura della norma rende possibile non solo la contestazione alternativa, ma anche la sufficienza, ai fini delle individuazione della fattispecie penalmente rilevante, dell’accertamento di una sola delle condotte, ancorché diversamente strutturate, purché risulti possibile configurare anche il relativo elemento soggettivo.
Peraltro, nonostante la differenza strutturale, le due fattispecie di bancarotta documentale descritte dall’art. 216 I. fall., quanto all’elemento soggettivo, risultano accomunate dalla dimensione dell’accertamento, poiché alle diverse configurazioni del dolo nelle due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale non corrisponde una sostanziale diversificazione nell’onere probatorio per l’accusa, perché è pur sempre necessario escludere in entrambi i casi la rilevanza di un atteggiamento psicologico di mera superficialità dell’imprenditore fallito. Infatti un atteggiamento di superficialità caratterizza la bancarotta documentale semplice, che può essere caratterizzata dal dolo o indifferentemente dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta’ rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture.
In questa prospettiva, l’elemento soggettivo del dolo generico ben può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta la modalità fenomenica dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è, di regola’ funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME NOME, Rv. 283659; Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME NOME, Rv. 276910).
Ciò chiarito in linea generale, si osserva che già il Tribunale ha puntualmente descritto le annotazioni non casualmente incomplete (per es., quanto alla documentazione di crediti in realtà soddisfatti) e dei crediti accumulati verso società fornitrici amministrate dal medesimo COGNOME, come pure l’emissione di fatture poi stornate con note di credito per ottenere anticipazioni.
Ne discende che tutte le censure che aspirano a collocare i fatti accertati nell’area della mera colpa (per poi giungere alla conclusione propugnata con il nono motivo, che aspira alla riqualificazione della condotta come bancarotta semplice) o delle difficoltà legate alle condizioni di salute dell’imputato, o a mere contingenze, eludono il tema della univoca direzione finalistica delle anomalie rilevate (ossia dell’inattendibilità delle scritture quale sottolineata anche dalla sentenza di secondo grado), nel senso che le stesse rispondevano al preciso
nfr
intento del ricorrente di non consentire un’agevole ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Ciò dimostra che, nella sostanza, preso atto delle irregolarità contabili e delle omissioni, che strutturano l’elemento oggettivo del reato (ciò che riguarda fondamentalmente i primi sei motivi), i giudici di merito hanno anche colto la sussistenza di un dolo specifico (ciò che vaie per i motivi settimo e ottavo), rendendo manifestamente infondata la pretesa di cui al nono motivo.
2. Il decimo motivo è manifestamente infondato e reiterativo.
Occorre premettere che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di bene pervenuto all’impresa a seguito di contratto di “leasing”, qualsiasi manomissione del medesimo che ne impedisca l’acquisizione alla massa o che comporti per quest’ultima un onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione integra il reato, poiché determina la distrazione dei diritti esercitabili dal fallimento con contestuale pregiudizio per i creditori a causa dell’inadempimento delle obbligazioni assunte verso il concedente (v., ad es., Sez. 5, n. 21933 del 17/04/2018, Farruggio, Rv. 272992 – 01). E il fatto che il contratto sia stato prima del fallimento non assume il rilievo che il dt, ricorrente l’asti-me. E stato infatti chiarito che integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare (Sez. 5, n. 15403 del 13/02/2020, COGNOME, Rv. 279212 – 01).
Le censure del tutto reiterative sviluppate in ricorso non scalfiscono le puntuali conclusioni tratte dalla sentenza impugnata in siffatta cornice interpretativa.
L’undicesimo motivo è inammissibile in quanto la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, nella sentenza impugnata, con motivazione esente da manifesta illogicità, che si sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli att ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2,
n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME, Rv. 248244).
Il Collegio dichiara, pertanto, inammissibile il ricorso. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 24/10/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente