Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1682 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1682 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Monterubbiano NOME nato a Fermo il 25 agosto 1940;
avverso la sentenza del 22 gennaio 2024 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 9 ottobre 2024 dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commessi nella sua qualità di
liquidatore della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 3 settembre 2015, in concorso con NOME COGNOME, precedente amministratore.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si articola in quattro moti d’impugnazione, tutti formulati sotto i profili della violazione di legge e de connesso vizio di motivazione.
2.1. Con il primo motivo si deduce il difetto della necessaria partecipazione soggettiva richiesta ai fini dell’integrazione della contestata bancarotta documentale. Sostiene la difesa che il ricorrente è rimasto estraneo alla sottrazione delle scritture contabili antecedenti alla sua gestione (pacificamente distrutte dal precedente amministratore) e le operazioni più rilevanti della vita societaria nella fase liquidatoria (da lui gestita) sono state poste in essere con atto pubblico e le relative conseguenze economiche possono essere agevolmente ricostruite, a prescindere dall’esistenza di una formale documentazione. Ciò porterebbe ad escludere, secondo la difesa, l’esistenza di una chiara volontà preordinata ad ostacolare la ricostruzione del patrimonio e degli affari della società.
2.2. Il secondo e il terzo motivo attengono alla bancarotta patrimoniale e deducono la natura non distrattiva delle due operazioni economiche oggetto dei capi B) e C) (la cessione in favore della RAGIONE_SOCIALE del capannone – capo B – e del magazzino e dei due autocarri – capo C).
Il prezzo pattuito per la cessione del capannone sarebbe stato integralmente pagato: 160.000 per compensazione con le somme assegnate nelle procedure esecutive presso terzi incardinate nei confronti della cessionaria (la RAGIONE_SOCIALE) e il residuo mediante il pagamento – da parte di quest’ultima – dei mutui contratti dalla fallita con la Banca Popolare di Ancona e la Banca Etruria, oggetto del precedente accollo pattuito al momento della cessione. Cosicché, al massimo, l’operazione potrebbe avere una valenza preferenziale, ma giammai distrattiva, alla luce della destinazione impressa alle somme, comunque destinate al soddisfacimento dei creditori della fallita. Tant’è che la curatela non ha proposto alcuna azione revocatoria.
Analoghe considerazioni anche per la cessione del magazzino e degli autocarri, peraltro avvenuta, a prescindere dalla data di emissione della fattura, quando il ricorrente non era ancora liquidatore. Anche in questo caso, una parte del prezzo è stato pagato in parte mediante accollo del TFR dovuto ai lavoratori (integralmente onorato dalla cessionaria) e in parte mediante compensazione con le somme assegnate nelle procedure esecutive presso terzi incardinate nei confronti della cessionaria.
2.3. Il quarto motivo attiene al diniego delle circostanze attenuanti generiche e deduce che la Corte d’appello non avrebbe considerato: l’estraneità del ricorrente rispetto alla distruzione delle scritture contabili, alla costituzi della RAGIONE_SOCIALE e all’affitto di azienda a quest’ultima; l’estinzione di rileva passività a fronte degli accolli dei mutui bancari; la tracciabilità delle operazion economiche poste in essere dal ricorrente durante la sua gestione liquidatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Va premesso che il ricorrente è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale specifica, per aver sottratto (o distrutto) i libri contabili della società da lui amministrata, al fine specifico di reca pregiudizio ai creditori e di procurarsi un ingiusto profitto.
Il reato, per come costantemente ritenuto da questa Corte, si caratterizza, sotto il profilo soggettivo, per il dolo specifico, inteso, appunto, come scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali; un profilo, quello della frode, che distingue le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, d bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui secondo comma incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630)
Sotto il profilo probatorio, lo scopo fraudolento che deve caratterizzare il fatto può essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che la caratterizzano, evidenziando gli elementi dai quali dedurre la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283983).
Ebbene, la Corte, a fronte del dato oggettivo, rappresentato dalla (pacifica) mancanza delle scritture contabili, ha individuato il dolo specifico nell’intenzione di occultare le vicende gestionali oggetto delle imputazioni a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
A fronte di ciò, il ricorrente deduce, da un canto, di essere rimasto estraneo alla sottrazione delle scritture contabili antecedenti alla sua gestione e, dall’altr che le operazioni poste in esse durante la sua gestione potrebbero essere comunque agevolmente ricostruite. Da ciò l’invocata mancanza dell’elemento soggettivo.
Ebbene, da un canto, il reato sussiste anche quando la documentazione può essere ricostruita aliunde (Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, COGNOME, Rv.
279346); dall’altro, se l’amministratore cessato rimane responsabile per l’effettiva e regolare tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica, rispondendo dell’eventuale occultamento della stessa, in tutto o in parte, al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore, su quest’ultimo incombe comunque l’autonomo obbligo di verificare l’esatto adempimento da parte del precedente amministratore e, eventualmente, ricostruire la documentazione contabile mancante o inidonea, ripristinare i libri e documenti contabili eventualmente mancanti e regolarizzare le scritture di cui rilevi l’erroneità, lacunosità o falsità (Sez. 5, n. 15988 del 11/03/2019, non massimata).
2. Il secondo e il terzo motivo di censura sono indeducibili.
La Corte territoriale ha dato atto, con riferimento alla cessione del capannone (capo B): a) che la compravendita è stata stipulata il 6 novembre 2011, tre giorni dopo l’investitura del Monterubbiano a liquidatore; b) che non risulta alcun pagamento delle prime rate annuali (il fallimento è intervenuto nel 2015); c) che l’eventuale valenza liberatoria dell’accollo risulta elisa dalla garanzia fideiussoria per oltre 154 mila euro prestata in favore della cessionaria.
Ebbene, da un canto, le censure sollevate dal ricorrente (dirette a sostenere l’intervenuto pagamento dei corrispettivi, medianti accolli o compensazioni) si risolvono in un’inammissibile rivalutazione dei dati probatori acquisiti, incompatibile con i limiti propri del l’indagine di legittimità sul discor giustificativo della decisione (limitato al solo riscontro dell’esistenza di un logi apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’intrinseca adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento); dall’altro, anche a voler prescindere dalla prestazione della garanzia o dalle compensazioni effettuate (peraltro in tempi successivi al fallimento), la condotta dell’amministratore che trasferisce un bene immobile dal patrimonio della società fallita a quello di altra società, la quale si limiti ad assumere l’accollo del mutuo contratto dalla fallita per l’acquisto del predetto immobile, qualora si tratti di mero accollo interno non liberatorio, assume oggettiva valenza distrattiva, in quanto la società fallita si priva di un bene del suo patrimonio senza adeguata contropartita, poiché il debito corrispondente al valore del mutuo continua a gravare su di essa (Sez. 5, n. 55409 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271876). Tanto più che, alla luce delle oggettive carenze documentali, le prospettate compensazioni non risultano oggettivamente riscontrabili, essendo, in sé, privo di valenza significativa il dato della mancata insinuazione al passivo dei creditori (giustificabile, banalmente, con la possibile incapienza del patrimonio della fallita).
3. Il quarto motivo è ugualmente indeducibile.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 del codice penale. Ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). E sotto tale profilo, deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen (Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410)
In questo contesto, le circostanze attenuanti generiche, in sé, non costituiscono oggetto di un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma necessitano, in positivo, di elementi ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio rendendolo coerente rispetto alla concreta gravità del fatto (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Rv. 271315; Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Rv. 252900; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590). Cosicché, la meritevolezza dell’adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, tipica delle circostanze attenuanti generiche, non potendo essere data per presunta, necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata, a fronte di specifica richiesta dell’imputato, anche attraverso la sola indicazione delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda.
Ebbene, la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato le ragioni che hanno giustificato il diniego evidenziando i precedenti penali specifici per bancarotta fraudolenta esistenti a carico dell’imputato. La motivazione è logica e coerente, in difetto di contrarie allegazioni, con i dati processuali richiamati e, in quanto tale, insindacabile in sede di legittimità.
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In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente