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Bancarotta fraudolenta: la Cassazione sulla distrazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta a carico dell’amministratore di una nuova società che aveva acquisito l’intero complesso aziendale di un’altra impresa, poi fallita, senza versare un corrispettivo. L’operazione, mascherata da salvataggio, è stata qualificata come una vera e propria distrazione di beni ai danni dei creditori, poiché ha svuotato la società originaria di ogni suo asset, lasciandole solo i debiti.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando la Cessione d’Azienda Nasconde una Distrazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22557/2024, si è pronunciata su un caso emblematico di bancarotta fraudolenta, chiarendo i contorni del reato quando questo si realizza attraverso un’operazione di cessione d’azienda. La decisione sottolinea come il trasferimento di fatto dell’intero complesso aziendale da una società in crisi a una neocostituita, senza un adeguato corrispettivo, configuri una distrazione patrimoniale penalmente rilevante, anche se presentata come un tentativo di salvataggio.

I Fatti del Caso: Un’Operazione di “Svuotamento”

Il caso riguarda l’amministratore di una nuova società, condannato in primo e secondo grado per aver concorso a svuotare un’altra azienda, poi dichiarata fallita. In concreto, la società in crisi, oberata di debiti e in stato di decozione, è stata privata di tutti i suoi asset produttivi: avviamento, beni strumentali, contratti in essere e persino i beni in leasing. L’intero complesso aziendale è stato trasferito, di fatto e senza alcun atto formale di cessione né pagamento di un prezzo, alla nuova società costituita e amministrata dall’imputato.

Quest’ultima ha così potuto proseguire l’attività, beneficiando di tutte le componenti attive dell’azienda fallita, la quale, al contrario, è rimasta un mero guscio vuoto, gravato unicamente dalle posizioni debitorie, inclusi i debiti verso i dipendenti non transitati nella nuova realtà.

La Tesi Difensiva

L’imputato ha tentato di difendersi sostenendo che il suo intervento fosse finalizzato a dare continuità all’attività produttiva e a salvare posti di lavoro, evitando ulteriori debiti per la società già decotta. Ha inoltre affermato di aver sostenuto delle spese, come il pagamento di alcune mensilità arretrate ai dipendenti essenziali per la nuova produzione. Secondo la difesa, queste uscite avrebbero dovuto essere considerate una sorta di corrispettivo. Infine, ha contestato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo, asserendo di aver agito come soggetto esterno (extraneus) senza l’intento di depauperare il patrimonio sociale.

L’Analisi della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito diversi principi fondamentali in materia di bancarotta fraudolenta distrattiva.

In primo luogo, è stato stabilito che il pagamento di alcune spese funzionali al trasferimento e alla continuità operativa della nuova società (come gli stipendi di lavoratori specializzati) non può essere qualificato come corrispettivo per la cessione. Si tratta, al contrario, di costi strumentali alla realizzazione del disegno criminoso, volti a rendere operativa l’azienda beneficiaria della distrazione a svantaggio della massa dei creditori della società fallita.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che per la configurazione del reato è sufficiente il dolo generico. Non è necessario provare un fine specifico di causare un danno ai creditori, ma basta la consapevolezza che la propria condotta (la cessione senza prezzo) determinerà un impoverimento del patrimonio della società destinata al fallimento. L’imputato era pienamente consapevole della situazione, tanto da farsi carico delle spese per il trasferimento, dimostrando un pieno coinvolgimento nel progetto distrattivo.

Infine, è stata confermata la responsabilità dell’imputato anche in qualità di extraneus, poiché ha agito in accordo con gli amministratori della società fallita (intraneus), concorrendo attivamente alla spoliazione dei beni.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sulla palese assenza di una contropartita economica per il trasferimento degli asset. La società fallita è stata spogliata di tutto il suo attivo, lasciando i creditori senza alcuna possibilità di soddisfarsi. L’operazione non è stata un salvataggio, ma una precisa scelta di trasferire il valore altrove, lasciando i debiti dove erano. La mancanza di un corrispettivo è l’elemento decisivo che qualifica l’operazione come distrattiva e non come un legittimo atto di gestione aziendale.

La Corte ha inoltre ritenuto corretta la contestazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, poiché la distrazione ha riguardato l’intero patrimonio attivo dell’impresa, azzerando completamente la massa disponibile per il riparto fallimentare. Il diniego delle attenuanti generiche è stato giustificato sulla base dei precedenti penali dell’imputato e dell’assenza di elementi positivi da valutare.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito contro le cosiddette “operazioni fenice”, in cui si tenta di far risorgere un’attività imprenditoriale attraverso una nuova società, scaricando i debiti su quella vecchia destinata a fallire. La Cassazione riafferma con forza che qualsiasi operazione che svuoti una società del suo patrimonio senza un reale e congruo corrispettivo costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva, indipendentemente dalle giustificazioni addotte circa la volontà di salvare l’azienda o i posti di lavoro. La tutela dei creditori rimane un principio cardine dell’ordinamento, che non può essere sacrificato da manovre elusive e pregiudizievoli.

Una cessione d’azienda senza un corrispettivo adeguato può configurare bancarotta fraudolenta?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che il trasferimento dell’intero complesso aziendale di una società in crisi a una nuova entità, senza il pagamento di un prezzo, costituisce bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto sottrae ai creditori i beni su cui avrebbero potuto soddisfarsi.

Chi non è amministratore della società fallita può essere condannato per bancarotta fraudolenta?
Sì. Un soggetto esterno alla gestione della società fallita (definito extraneus) può essere condannato a titolo di concorso nel reato se agisce in accordo con l’amministratore (intraneus) con la consapevolezza di partecipare a un’operazione che depaupera il patrimonio sociale ai danni dei creditori.

Pagare i debiti di alcuni dipendenti della società fallita esclude il reato di distrazione?
No. Se tali pagamenti sono effettuati non come controprestazione per i beni ricevuti, ma al solo scopo di garantire la continuità dell’attività produttiva nella nuova società (ad esempio, per trattenere personale qualificato), la Corte li considera costi strumentali al piano illecito e non idonei a escludere la natura distrattiva dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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