Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11955 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 28/01/2025
R.G.N. 37978/2024
NOME FILOCAMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Pinerolo il 22/03/1980 avverso la sentenza del 04/06/2024 della Corte di Appello di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 04 giugno 2024 la Corte di appello di Torino, decidendo quale giudice del rinvio disposto con la sentenza Sez. 5, n. 12777 del 28/02/2023, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Cuneo in data 13 gennaio 2021, ha condannato NOME COGNOME alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, e alle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, della legge fallimentare per la medesima durata, quale autore del reato di cui all’art. 216, comma 1, n. 1), della legge fallimentare, per avere distratto € 12.596,48 dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, di cui era socio e procuratore, società dichiarata fallita in data 29 dicembre 2012, emettendo un assegno bancario per tale importo in favore di un creditore della diversa società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore e socio.
Il Tribunale di Cuneo aveva condannato il COGNOME alla pena di tre anni di reclusione per il medesimo reato, ritenendo non concedibili le attenuanti generiche per non avere egli ristorato i creditori della società fallita nØ tenuto una condotta processuale collaborativa, e stanti i suoi precedenti penali. La Corte di appello di Torino, con sentenza emessa in data 03 marzo 2022, aveva confermato la condanna, concedendo però le attenuanti generiche e quella di cui all’art. 219, comma 3, della legge fallimentare. La Corte di cassazione, con la sentenza citata, aveva annullato detta pronuncia quanto alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato, affermando che i giudici, pur riconoscendo che la condotta contestata consisteva in una operazione infragruppo, non
avevano valutato la eventuale sussistenza di vantaggi compensativi, e di conseguenza la sussistenza del dolo di distrazione da parte dell’imputato.
La Corte di appello, quale giudice del rinvio, ha ritenuto che nella condotta ritenuta costituire reato non sussistono i requisiti per definirla una operazione infragruppo, perchØ le varie società non erano collegate da un’unica direzione e coordinamento così da costituire un ‘gruppo’ ai sensi dell’art. 2497bis cod. civ., in quanto l’unico loro collegamento derivava dal fatto di essere gestite dalle medesime famiglie e dallo svolgere tutte, tranne la RAGIONE_SOCIALE, un’analoga attività commerciale, e perchØ l’operazione distrattiva in favore di quest’ultima non aveva apportato alcun vantaggio compensativo alla fallita. In particolare, ha ritenuto che non sia stato dimostrato nØ che le due società facessero parte di un ‘gruppo’ in senso tecnico, nØ che l’immobile acquisito in leasing dalla RAGIONE_SOCIALE, per il quale la fallita aveva pagato due rate di leasing, fosse da questa utilizzato quale magazzino, o comunque fosse indispensabile per l’attività sua o delle altre società. Inoltre la fallita, pagando nel 2011 quelle due rate di leasing in favore della RAGIONE_SOCIALE, aveva omesso di pagare il canone dell’affitto di azienda a lei concesso dalla RAGIONE_SOCIALE, così di fatto impedendo la propria attività, tanto che proprio detto creditore aveva chiesto, nel 2012, il suo fallimento. La fallita, pertanto, non aveva tratto alcun vantaggio compensativo dall’operazione compiuta, avendo anzi compiuto un’operazione priva di una giustificazione imprenditoriale.
La Corte di appello, inoltre, ha ritenuto che, per i medesimi motivi, il reato commesso non possa essere qualificato come una bancarotta semplice, ai sensi dell’art. 217 della legge fallimentare. Ha invece concesso le attenuanti generiche e quelle di cui all’art. 219, terzo comma, della legge fallimentare, riducendo la pena e la durata delle sanzioni accessorie nella misura sopra indicata.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo dei suoi difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’elemento oggettivo del delitto di bancarotta.
La sentenza, esorbitando dal devoluto, ha negato la sussistenza di un ‘gruppo’ tra le varie società, gestite dalle medesime famiglie, riunite nel gruppo ‘RAGIONE_SOCIALE‘, mentre l’esistenza di tale gruppo Ł provata dal collegamento imprenditoriale esistente tra tutte le società che ne facevano parte. La RAGIONE_SOCIALE, in favore della quale la fallita aveva effettuato vari pagamenti, dalla cui contestazione come fatti di bancarotta distrattiva il ricorrente Ł stato assolto, era il canale di rifornimento della merce per l’intero gruppo, e quindi anche per la società fallita, che liquidava, in regime di ‘outlet’, tutti i capi di abbigliamento invenduti dalle altre società del gruppo. I pagamenti effettuati dalla fallita in favore di tale società comportavano il vantaggio della continuità aziendale, evitando di perdere il proprio, indiretto fornitore. Secondo il ricorrente, anche il pagamento in favore della società di leasing da cui la RAGIONE_SOCIALE aveva acquisito il capannone utilizzato come magazzino Ł stato effettuato nell’interesse di tutte le società del gruppo, e quindi nell’interesse dei creditori di ciascuna di esse, ragione per cui la sua condotta Ł priva del dolo di distrazione, avendo egli operato in buona fede.
Il giudice di rinvio non poteva negare la sussistenza di un ‘gruppo di fatto’, riconosciuta in via definitiva dalla sentenza di primo grado e confermata dalla Corte di cassazione, e doveva pertanto applicare i principi in tema di vantaggi compensativi. Inoltre, tra le società del gruppo ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sussisteva realmente un ‘gruppo di fatto’, essendo le stesse amministrate da un unico soggetto, che svolgeva di fatto l’attività di indirizzo e coordinamento di tutte le controllate. La sentenza impugnata, invece, si Ł limitata a negare la configurabilità del ‘gruppo di fatto’ societario, ed ha omesso di valutare l’elemento psicologico dell’imputato, che ha agito nella convinzione di apportare un
beneficio all’intero gruppo, salvando il capannone che fungeva da magazzino e così consentendo la continuità aziendale, tra l’altro effettuando un pagamento in favore di una società in bonis , colpita solo da una momentanea crisi di liquidità, che assicurava, quindi, ampie possibilità di restituzione, quanto meno nella prospettiva del ricorrente.
Il curatore fallimentare ha riferito che le società del gruppo operavano in una sorta di ‘mutuo soccorso’, trasferendo la liquidità tra di loro, a seconda delle momentanee necessità, e quindi operando in un contesto di collaborazione continua. La sentenza, travisando la sua dichiarazione, ha invece affermato che l’operazione era scriteriata e del tutto priva di una giustificazione imprenditoriale, così erroneamente attribuendole la natura oggettiva di atto distrattivo.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine all’elemento soggettivo del delitto di bancarotta.
La sentenza impugnata non Ł adeguatamente motivata in merito alla sussistenza, da parte del ricorrente, del dolo di distrazione. L’istruttoria ha dimostrato che l’imputato non intendeva disperdere le risorse della società fallita in favore di sØ stesso o di terzi, o destinarle a scopi estranei alla società stessa. La sentenza, invece, gli attribuisce il dolo distrattivo semplicemente deducendolo dall’asserita natura distrattiva dell’operazione.
La sentenza non ha valutato, quindi, gli elementi idonei a dimostrare la possibile sussistenza dell’elemento soggettivo della mera colpa, quali la finalità dell’operazione, che era diretta ad evitare la risoluzione del contratto di leasing e la perdita del magazzino, posto a servizio di tutte le società del gruppo; la prognosi favorevole di restituzione del prestito, essendo la RAGIONE_SOCIALE in bonis ; la temporaneità della crisi di liquidità della società favorita; la tracciabilità dell’operazione, compiuta con assegno in chiaro e non trasferibile; la sussistenza, nell’operazione, di un interesse di tutto il gruppo societario.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine all’omessa qualificazione del reato come violazione dell’art. 217 della legge fallimentare.
La motivazione Ł del tutto carente in ordine al diniego della diversa qualificazione del reato, come un’ipotesi di bancarotta semplice. La sentenza rinvia alle valutazioni precedenti, che riguardano però l’elemento oggettivo del reato, e non ha valutato la finalità dell’operazione, di apportare vantaggi a tutto il gruppo societario. Tale finalità Ł idonea, anche nel caso di una condotta imprenditoriale spregiudicata e imprudente, ad escludere la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta, non avendo il ricorrente agito con l’intenzione di danneggiare i creditori della fallita e non avendo utilizzato il denaro per fini estranei all’oggetto sociale della stessa.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine all’omessa concessione delle attenuanti generiche nel massimo grado.
La motivazione della sentenza impugnata Ł carente anche quanto al diniego della sospensione condizionale, non concessa senza alcuna motivazione, e quanto alla concessione delle attenuanti generiche, applicate in misura inferiore al massimo solo in base ad un generico riferimento al contesto in cui il ricorrente operava e alle modalità di gestione del gruppo.
I precedenti penali del ricorrente non sono ostativi alla seconda concessione della sospensione condizionale, ed egli non ha piø commesso reati dopo quello qui contestato, il quale Ł anch’esso di modesta entità, nonchØ occasionale.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, con accoglimento del primo motivo di ricorso.
Il ricorrente ha depositato, in data 22 gennaio 2025, una breve memoria difensiva, redatta dai suoi difensori, con la quale si associa alla richiesta del procuratore generale e insiste per
l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto Ł infondato nel merito, e deve essere accolto limitatamente al punto della omessa concessione dei benefici di legge.
Il primo motivo Ł infondato, e deve perciò essere rigettato.
La parte, contenuta nel paragrafo 7, con cui la sentenza impugnata motiva circa l’insussistenza di un gruppo societario di fatto contrasta, in effetti, con la sentenza rescindente che, annullando la sentenza di secondo grado per l’omessa valutazione della possibile sussistenza di vantaggi compensativi, di fatto rende definitiva l’affermazione dell’esistenza di tale gruppo.
All’interno del medesimo paragrafo, però, il giudice di rinvio si conforma al contenuto devolutivo della sentenza rescindente, in quanto valuta la possibile sussistenza di vantaggi compensativi derivanti dall’operazione contestata, cioŁ dal pagamento, da parte della s.r.l. Mini RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, di due rate del leasing gravante sulla RAGIONE_SOCIALE, ed esclude tale sussistenza non con argomentazioni che discendono dalla sua diversa e non dovuta valutazione circa l’esistenza o meno di un gruppo di fatto tra le due società e le altre ricomprese nel cosiddetto gruppo ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ma basandosi sulle prove raccolte.
Secondo i principi dettati da questa Corte, «In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali» (Sez. 1, n. 18333 del 01/12/2022, dep. 2023, Rv.284537). Nello stesso tempo, però, «In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione di trasferimento di somme da una società ad un’altra non Ł sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo “gruppo”, dovendo, invece, l’interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 cod. civ., per la società apparentemente danneggiata» (Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, Rv. 277545). La sentenza impugnata si Ł conformata a questi principi, perchØ ha valutato in concreto se l’operazione negativa, consistente nel pagamento di un debito della diversa società RAGIONE_SOCIALE ha comportato, o poteva prevedibilmente comportare, dei vantaggi per la fallita, tali da riequilibrare l’immediato depauperamento del patrimonio sociale e da neutralizzare lo svantaggio per i suoi creditori.
La motivazione, alla pagina 11, risponde esplicitamente al motivo dell’annullamento della sentenza di secondo grado da parte della sentenza rescindente, quello di non avere esaminato «la tesi difensiva secondo cui il contratto di leasing, onorato dalla fallita, riguardava il magazzino utilizzato come deposito anche da Mini Pa 2». Essa, infatti, afferma che il pagamento delle rate del leasing stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE Ł stato giustificato come finalizzato a mantenere la disponibilità del capannone che veniva utilizzato da tutte le società del ‘gruppo’, ma che in realtà non Ł stato provato che tale immobile fosse utilizzato dalla fallita, e neppure che il suo utilizzo fosse indispensabile per l’attività svolta dalle varie società del gruppo. Tale pagamento, al contrario, ha comportato un immediato effetto negativo per la fallita, che nel medesimo periodo ha omesso di pagare il canone dell’affitto del ramo di azienda, così aumentando il debito verso il proprio maggior creditore, giunto, nel corso dell’anno 2011, ad € 122.528,82. Secondo il giudice del rinvio, pertanto, a fronte di tale operazione sicuramente distrattiva, non Ł stato provato un interesse al suo compimento da parte della società fallita, perchØ non Ł stato provato che il fatto di evitare la
risoluzione del contratto di leasing relativo ad un capannone acquisito dalla diversa società RAGIONE_SOCIALE avesse, o potesse prevedibilmente avere, un effetto positivo per l’attività della fallita stessa o comunque del gruppo societario, effetto che potesse almeno indirettamente riflettersi sulla fallita, non essendo stato dimostrato, come detto, che l’utilizzo di quel capannone fosse indispensabile, o quanto meno necessario, per la prosecuzione dell’attività da parte delle società del gruppo. La conferma dell’assenza di tale vantaggio Ł deducibile dal fatto che la somma distratta non risulta essere stata mai restituita, nØ i debiti della RAGIONE_SOCIALE sono stati almeno in parte onorati, al punto che proprio la società creditrice per i canoni di locazione del ramo di azienda presentò, nell’anno 2012, l’istanza di fallimento poi accolta.
La mancanza di prova della oggettiva esistenza di un vantaggio compensativo Ł motivata, quindi, attraverso un elemento di fatto, cioŁ la mancanza di prova della necessità e utilità del pagamento di quel debito, da parte di una società del ‘gruppo’ che la sentenza rescindente ha ritenuto sussistente, non essendo stato dimostrato che il capannone acquisito con il leasing fosse utilizzato dalle società del gruppo e fosse indispensabile per la loro attività. Tale valutazione non Ł stata contestata dal ricorrente, che in questo primo motivo di ricorso continua a valorizzare i vantaggi indiretti derivanti alla RAGIONE_SOCIALE dalla continuità aziendale assicurata alle altre società del gruppo, in particolare pagando i loro fornitori, come già ritenuto in via definitiva dalla sentenza di primo grado, ma omette del tutto di indicare quale elemento sia stato acquisito, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, idoneo a dimostrare che la disponibilità dell’immobile in questione era indispensabile per la prosecuzione dell’attività, quanto meno da parte delle altre società del gruppo.
La valutazione della sussistenza dell’elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, pertanto, Ł fondata sulla mancanza di prova della esistenza di un vantaggio compensativo, e tale motivazione non presenta, sul punto, i vizi di mancanza, contraddittorietà o manifesta infondatezza dedotti dal ricorrente.
3. Anche il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
La mancanza di prova della esistenza oggettiva di un vantaggio compensativo, per le ragioni esposte alla pagina 11 della sentenza, rende evidente la sussistenza del dolo distrattivo. Non Ł stato dimostrato, infatti, che il pagamento di un creditore della RAGIONE_SOCIALE da parte della RAGIONE_SOCIALE fosse giustificato dall’interesse al mantenimento della disponibilità del capannone, perchØ necessario per l’attività di quest’ultima o di altre società del gruppo: pertanto tale operazione era puramente distrattiva, utilizzandosi la disponibilità economica di una società, peraltro già gravata di un debito rilevante nei confronti del soggetto che, locandole un ramo di azienda, le consentiva di operare, per pagare il debito di una diversa società la cui attività non rivestiva nessun interesse per il soggetto pagatore, e neppure per altre società del gruppo.
Gli elementi indicati dal ricorrente quali prove dell’assenza del dolo non sono tali. Il ricorrente individua tale assenza, e la sussistenza, piuttosto, di un profilo di colpa per avere compiuto un’operazione imprudente, principalmente nel fatto di avere egli agito nell’interesse del gruppo societario, ovvero con la finalità, comune a tutte le società del gruppo stesso, di consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale: tale argomentazione, però, Ł infondata, non essendo stato dimostrato che tale operazione potesse effettivamente raggiungere tale finalità. Il ricorrente, anche in questo motivo di ricorso, afferma come dato processualmente accertato che il mantenimento della disponibilità del capannone fosse necessario per proseguire l’attività imprenditoriale dell’intero gruppo societario e rispondeva, pertanto, ad un interesse della stessa società pagatrice, quanto meno indiretto, e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, al contrario, ha valutato del tutto assente una tale prova.
La mancanza di prova della sussistenza di un interesse comune del gruppo, almeno potenziale
ovvero fondatamente ipotizzabile, al compimento di quell’operazione oggettivamente distrattiva, rende irrilevanti le ulteriori affermazioni dell’essere stata la somma versata in favore di una società in bonis e che attraversava una crisi di liquidità solo momentanea, ovvero della tracciabilità dell’operazione stessa: se non Ł provato l’interesse del gruppo societario al pagamento del leasing sul capannone, il ricorrente aveva la consapevolezza, nel momento in cui ha effettuato la distrazione contestata, di agire nell’esclusivo interesse della RAGIONE_SOCIALE e non dell’intero gruppo societario, nonchØ la consapevolezza di depauperare una società già gravemente indebitata e di sottrarre a quest’ultima le risorse necessarie per pagare la società che, locandole un ramo di azienda, le consentiva di operare. Conseguentemente, la valutazione dell’avere egli agito con dolo distrattivo Ł logica e non contraddittoria.
La valutazione di infondatezza dei primi due motivi di ricorso rende evidente l’infondatezza anche del terzo motivo, in cui il ricorrente afferma l’erroneità della omessa qualificazione della condotta come un’ipotesi di bancarotta semplice, ai sensi dell’art. 217 della legge fallimentare.
Questa Corte ha costantemente affermato che «Non ricorre l’ipotesi di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma primo, n. 2, legge fall., integrata da operazioni di manifesta imprudenza, ma quella piø grave della bancarotta fraudolenta, allorchØ si tratti di operazioni che comportino un notevole impegno sul patrimonio sociale, essendo quasi del tutto inesistente la prospettiva di un vantaggio per la società, mentre le operazioni realizzate con imprudenza costitutive della fattispecie incriminatrice della bancarotta semplice sono quelle il cui successo dipende in tutto o in parte dall’alea o da scelte avventate e tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato non Ł proporzionato alle possibilità di successo, fermo restando che, in ogni caso, si tratta pur sempre di comportamenti realizzati nell’interesse dell’impresa» (Sez. 5, n. 35716 del 09/06/2015, Rv.265871). L’esistenza di un vantaggio, o almeno di un interesse della società depauperata, pertanto, Ł elemento di discrimine tra la condotta di bancarotta fraudolenta per distrazione e quella di bancarotta semplice, in cui il danno per la società deriva da un errore di valutazione, da parte dell’agente, circa la possibilità di realizzare tale interesse con l’operazione aleatoria compiuta. Quando, come nel presente caso, non Ł accertata la sussistenza di un interesse della società depauperata nell’operazione compiuta, e non Ł provata neppure la ipotizzabilità di un potenziale vantaggio per essa, l’operazione consistita nel sottrarle le risorse necessarie per pagare i suoi già elevati debiti costituisce senza dubbio una condotta distrattiva, ai sensi dell’art. 216, comma 1, n. 1), della legge fallimentare.
Il ricorrente richiama la giurisprudenza consolidata, secondo cui la differenza tra i reati di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice risiede non solo nell’elemento psicologico del reato, ma anche in quello materiale, ricadendo nella seconda ipotesi la gestione imprudente e sconsiderata dei beni aziendali, compiuta però nel rispetto del loro fine istituzionale. Tale considerazione Ł corretta (si veda, ad esempio, Sez. 5, n. 34979 del 10/09/2020, Rv. 280321, secondo cui «Il delitto di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quello di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti sotto il profilo oggettivo, per l’inconciliabilità con lo scopo sociale e l’incoerenza con il soddisfacimento delle esigenze dell’impresa delle operazioni poste in essere, e soggettivo, per la consapevolezza, da parte dell’autore della condotta, di diminuire il patrimonio societario per scopi del tutto estranei all’oggetto sociale»), ma non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, come evidenziato nei paragrafi precedenti, ha escluso che siano state provate la sussistenza di un interesse della società depauperata nell’operazione distrattiva compiuta, e la convergenza di questa con l’oggetto sociale, oggetto sociale la cui estraneità ad operazioni di natura immobiliare era stata già valutata dal giudice di primo grado.
La motivazione della sentenza impugnata, sul punto, Ł pertanto sufficiente, benchØ concisa, dal momento che le valutazioni svolte in merito alla insussistenza di un interesse della società fallita e di un suo vantaggio compensativo, quanto meno plausibile e ipotizzabile, impongono di escludere anche la diversa qualificazione giuridica della condotta.
Anche il terzo motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
5. Il quarto motivo di ricorso, invece, Ł parzialmente fondato.
Il ricorrente lamenta, in primo luogo, l’omessa riduzione della pena al massimo grado per le attenuanti generiche concesse dal giudice del rinvio. Tale motivo Ł manifestamente infondato, dal momento che la sentenza ha ridotto la pena-base di tre anni di reclusione a due anni di reclusione proprio in applicazione delle attenuanti generiche nel massimo grado. Se il ricorrente intendeva contestare la piø contenuta riduzione per l’attenuante di cui all’art. 219, ultimo comma, della legge fallimentare, tale scelta Ł stata motivata richiamando il contesto in cui l’intero gruppo veniva gestito, piø volte valutato, nel corpo della motivazione, come sconsiderato e privo di una logica imprenditoriale: la motivazione Ł sufficiente e non Ł stata impugnata in modo specifico, risultando il ricorso, perciò, generico e privo di specificità.
Questo motivo di ricorso Ł fondato, invece, nella parte in cui deduce l’assenza di motivazione in merito alla concessione dei benefici di legge. Il giudice di primo grado non li aveva concessi in ragione dell’entità della pena irrogata, ma il ricorrente li aveva richiesti nell’atto di appello, formulando in via subordinata una istanza di riduzione della pena complessiva. Anche nel ricorso proposto contro la sentenza di secondo grado aveva nuovamente formulato tale richiesta, come risulta dal testo della sentenza rescindente, che riporta, quale quarto motivo, l’esplicita deduzione di un vizio di motivazione per l’omessa concessione della sospensione condizionale nonostante la già concessa riduzione della pena entro un limite che rendeva non ostativa la sospensione precedentemente concessa in relazione ad una diversa condanna.
Tale motivo di ricorso non Ł stato esaminato dalla sentenza rescindente, che ha accolto i primi due motivi di merito ed ha dichiarato «assorbiti» i motivi ulteriori. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, «In tema di giudizio di rinvio, la cognizione del giudice riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’accoglimento di motivi di ricorso, cui segua l’assorbimento di altre questioni controverse, implica la sospensione della loro valutazione da parte del giudice di legittimità, conseguente al rapporto di pregiudizialità logica del tema assorbente sul quale deve rinnovarsi l’esame, la cui definizione impone la progressiva verifica delle questioni dipendenti che da quella premessa traggono il proprio caposaldo argomentativo)» (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, Rv. 277438).
Pertanto il giudice del rinvio, una volta risolta in una prospettiva di condanna la questione esplicitamente devoluta, circa la sussistenza o meno di vantaggi compensativi per la società depauperata e del dolo distrattivo nella condotta dell’imputato, avrebbe dovuto prendere in esame gli altri motivi di ricorso dichiarati assorbiti, relativi alla derubricazione del reato contestato e alla concessione dei benefici di legge. L’omessa motivazione in merito alla concedibilità di questi ultimi costituisce, perciò, un vizio della sentenza: manca qualunque valutazione sul punto, nØ può ritenersi che la richiesta dei benefici sia stata implicitamente rigettata, dal momento che il ricorrente aveva rilevato la non ostatività delle condanne precedentemente riportate, condizione che dovrà peraltro essere verificata alla luce del certificato penale aggiornato, e dal momento che la concessione delle attenuanti, negate dal giudice di primo grado, impedisce di ritenere che il collegio abbia valutato la sua condotta come grave, ovvero come non meritevole di benefici.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio alla Corte di appello di Torino, per un nuovo giudizio in merito all’omessa valutazione della concedibilità dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, astrattamente applicabili in relazione all’entità della pena inflitta. La decisione di condanna per il delitto di cui all’art. 216, comma 1, n. 1), della legge fallimentare e l’entità della pena irrogata acquistano, invece, carattere di definitività.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, con rinvio per nuovo giudizio su detti punti ad altra sezione della corte di appello di Torino.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 28/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME