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Bancarotta fraudolenta: il ruolo dell’extraneus

Due amministratori, padre e figlio, sono stati condannati per bancarotta fraudolenta per aver distratto quasi un milione di euro da una società, un anno prima della sua dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i loro ricorsi, confermando che l’operazione, mascherata da pagamento di un debito, era un atto deliberato per sottrarre beni ai creditori. La sentenza chiarisce la responsabilità sia dell’amministratore di diritto (il figlio) sia del padre, che ha agito come concorrente esterno (extraneus) ideando e gestendo l’intera operazione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: La Responsabilità dell’Amministratore e del Concorrente Esterno

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1163/2024 offre un’analisi approfondita sulla bancarotta fraudolenta patrimoniale, chiarendo i confini tra lecita gestione aziendale e distrazione illecita di beni. Il caso esaminato riguarda una complessa operazione finanziaria che ha portato alla condanna di un amministratore e di suo padre, quest’ultimo in qualità di concorrente esterno (extraneus), per aver sottratto ingenti somme alla società, poi fallita.

I Fatti: la Distrazione di Quasi un Milione di Euro

Il caso ha origine dalla condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo nei confronti di due imputati, padre e figlio. Il figlio era il legale rappresentante di una S.r.l. immobiliare, dichiarata fallita nel dicembre 2009. L’accusa era di aver distratto 964.000 euro dalle casse sociali.

L’operazione contestata consisteva nel versamento di tale somma su un conto corrente intestato a un terzo soggetto, apparentemente per estinguere un debito della società per “finanziamenti soci”. Successivamente, i fondi venivano trasferiti dal conto del terzo a un’altra società di cui il padre era procuratore speciale. Le indagini hanno rivelato che il credito del terzo era fittizio e che l’intera manovra era stata orchestrata per appropriarsi della liquidità aziendale, proveniente dalla recente vendita di alcuni appartamenti.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, sostenendo diverse tesi difensive. In sintesi, hanno affermato che:

1. L’operazione era lecita, in quanto effettuata un anno prima del fallimento, quando la società era ancora sana, con lo scopo di ridurre l’indebitamento.
2. La valutazione dei giudici di merito era viziata da un’analisi ex post, senza considerare le reali condizioni aziendali al momento dei fatti.
3. Mancava l’elemento soggettivo del reato (il dolo), in quanto non vi era la volontà di danneggiare i creditori.
4. Il ruolo del padre era stato erroneamente qualificato, e la sua responsabilità come extraneus non era stata provata.
5. Il fatto andava riqualificato come bancarotta semplice per operazioni imprudenti, ormai prescritto.

L’Analisi della Corte: la Bancarotta Fraudolenta e il Ruolo dell’Extraneus

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando in toto la sentenza di condanna. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Il fulcro della decisione si basa sulla natura palesemente distrattiva dell’operazione. Non si trattava di una scelta aziendale, per quanto rischiosa, ma di un atto finalizzato a sottrarre patrimonio alla garanzia dei creditori. La Corte ha sottolineato come l’elemento decisivo non fosse la data dell’operazione, ma la sua destinazione finale: i fondi non sono andati a reali creditori, ma sono rientrati nella disponibilità degli imputati attraverso una società a loro riconducibile. Questo dimostra la volontà di depauperare la società.

La responsabilità nella bancarotta fraudolenta

La sentenza è particolarmente chiara nel definire le responsabilità. L’amministratore di diritto (il figlio) risponde per aver formalmente autorizzato l’operazione, mentre il padre risponde a titolo di concorso come extraneus. La Corte ha stabilito che per la configurabilità del concorso dell’esterno è sufficiente la volontarietà del proprio apporto alla condotta dell’amministratore (intraneus), con la consapevolezza che tale condotta determinerà un impoverimento del patrimonio sociale a danno dei creditori.

La Distinzione tra Bancarotta Fraudolenta e Semplice

Un altro punto cruciale riguarda la richiesta di riqualificare il reato in bancarotta semplice. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: si ha bancarotta semplice per operazioni imprudenti quando queste, pur essendo avventate, sono comunque realizzate nell’interesse (seppur mal riposto) dell’impresa. Al contrario, si configura la più grave bancarotta fraudolenta quando l’operazione è palesemente contraria all’interesse sociale e comporta un notevole impegno del patrimonio senza alcuna prospettiva di vantaggio, come nel caso di specie, dove l’unica finalità era privare la società di liquidità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla logicità e coerenza della ricostruzione operata dai giudici di merito. La testimonianza del terzo intestatario del conto, che ha disconosciuto la propria firma e dichiarato di essere stato manovrato dal padre imputato, è stata ritenuta attendibile e decisiva. I giudici hanno ritenuto che il dolo di bancarotta sia di tipo generico, richiedendo solo la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni. La Corte ha evidenziato che, già al momento dell’operazione, la società si trovava in una situazione di “cronica carenza di autonomia finanziaria”, rendendo l’atto distrattivo ancora più grave.

Le Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla bancarotta fraudolenta, ribadendo che la valutazione di un’operazione non deve basarsi solo sul momento in cui viene compiuta, ma sulla sua reale finalità. Un atto che, sotto le spoglie di una normale gestione, sottrae risorse alla società per destinarle agli amministratori o a terzi a loro collegati, costituisce una distrazione penalmente rilevante. Viene inoltre confermata la piena responsabilità del concorrente esterno che, pur non avendo cariche formali, contribuisce consapevolmente all’impoverimento dell’impresa.

Quando un’operazione aziendale diventa bancarotta fraudolenta e non una scelta imprenditoriale sbagliata?
Secondo la sentenza, si ha bancarotta fraudolenta quando l’operazione è contraria all’interesse dell’impresa e la priva di beni o liquidità senza alcuna prospettiva di vantaggio, destinando tali risorse a soggetti collegati agli amministratori. Non è una mera operazione imprudente, ma un atto finalizzato a danneggiare i creditori.

Come risponde del reato di bancarotta chi non è amministratore della società fallita (extraneus)?
La Corte stabilisce che l’extraneus (in questo caso, il padre dell’amministratore) risponde a titolo di concorso nel reato. È sufficiente che egli fornisca un contributo consapevole alla condotta dell’amministratore, sapendo che questa causerà un danno al patrimonio sociale e, di conseguenza, ai creditori.

È sufficiente compiere un’operazione un anno prima del fallimento per escludere il dolo di bancarotta fraudolenta?
No. La sentenza chiarisce che il fattore temporale non è di per sé sufficiente a escludere il reato. Ciò che conta è la finalità distrattiva dell’operazione. Anche se compiuta quando la società è formalmente in bonis, se l’atto è finalizzato a sottrarre beni in previsione di un futuro dissesto, integra pienamente il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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