Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11095 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11095 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato ad ANCONA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nata ad ANCONA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME,
che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 21 febbraio 2023 dalla Corte di appello di Ancona, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, che – in relazione al fallimento della “RAGIONE_SOCIALE” (trasformata in “RAGIONE_SOCIALE“), fallita 1’8 marzo 2016 – aveva condannato COGNOME NOME per più fatti di
bancarotta fraudolenta distrattiva nonché per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e COGNOME NOME (moglie del COGNOME) per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, il COGNOME – nella qualità di socio accomandatario illimitatamente responsabile si sarebbe reso responsabile delle seguenti distrazioni:
in concorso con la moglie, avrebbe distratto beni e attività dal patrimonio della fallita per un valore non inferiore a euro 181.611,28, attraverso il trasferimento di un’imbarcazione alla “RAGIONE_SOCIALE” (di cui era presidente del consiglio di amministrazione COGNOME NOME e vice presidente lo stesso COGNOME NOME) al prezzo di euro 4.000,00, notevolmente inferiore al suo effettivo valore, che era stato notevolmente aumentato attraverso costosi valori di ristrutturazione, manutenzione e allestimento effettuati dalla società fallita (capo A);
avrebbe distratto dal patrimonio della società la somma complessiva di euro 886.904,10, mediante prelievi effettuati nel corso degli anni e precisamente euro 744.644,37, fino alla data del 31 dicembre 2013, ed euro 142.259,73, nel corso degli anni 2014 e 2015 (capo B);
avrebbe distratto la somma complessiva di euro 568.994,00, mediante finanziamenti a favore delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” (a lui riconducibili), pur essendo consapevole che il rimborso delle suddette somme sarebbe stato impossibile o altamente improbabile (capo C).
Il COGNOME, infine, al fine di procurarsi un ingiusto profitto e reca pregiudizio ai creditori, avrebbe sottratto tutte le scritture contabili della soci relative all’anno 2014.
Avverso la sentenza della Corte di appello, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del loro difensore di fiducia.
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME si compone di due motivi.
3.1. Con un primo motivo, articolato con specifico riferimento al reato di cui al capo B, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 2262 cod. civ.
Il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto sarebbe desumibile dal libro giornale, le somme prelevate dall’imputato nel corso degli anni e fino al 2013 costituirebbero non delle distrazioni, ma il prelievo di utili, che poteva essere effettuato senza formalità, in quanto relativi a una società di persone. Tale dato
andrebbe desunto da una particolare lettura del bilancio chiuso al 31 dicembre 2013 e, in modo specifico, dalla parte relativa al patrimonio netto della società.
Per quanto concerne il denaro prelevato dal 2014 in poi, il ricorrente ipotizza che esso sia stato destinato al pagamento di utenze o di canoni mensili legati a spese societarie, in considerazione del fatto che si trattava di addebiti periodici di importo quasi identico.
3.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 216 legge fall.
Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente motivato circa l’esistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale e che il reato avrebbe dovuto essere “derubricato” in bancarotta semplice documentale.
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME si compone di un unico motivo, con il quale la ricorrente deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
La ricorrente contesta la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, sostenendo che l’imputata, semplice casalinga, sarebbe stata del tutto ignara delle vicende della “RAGIONE_SOCIALE“, gestita dal marito, e non avrebbe avuto conoscenza dell’effettivo valore della barca, aumentato a causa di lavori di ristrutturazione di cui lei era all’oscuro. La sussistenza dell’elemento soggettivo andrebbe sicuramente esclusa, atteso che l’imputata sarebbe stata completamente all’oscuro dello stato di decozione della società fallita, alla quale lei era completamente estranea, e dell’esistenza di un concreto rischio di insolvenza della medesima.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare i ricorsi.
AVV_NOTAIO, per gli imputati, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale e ha chiesto di annullare la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3
Con riferimento alle somme distratte nel 2013, il motivo è inammissibile in quanto, con esso, il ricorrente tenta di proporre una valutazione dei dati probatori – in particolare del libro giornale e del bilancio d’esercizio – alternativa e favorevole alla tesi difensiva, senza, però, dedurre alcun travisamento di prova o vizio logico determinante.
Al riguardo, va ribadito che esula «dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME).
Va, peraltro, rilevato che la Corte di appello ha evidenziato che, nel periodo in cui venivano effettuati i prelievi in questione, si era registrato il peggiore bilan di esercizio, con riduzione dei ricavi fin dal 2012 e notevole incremento dei costi (7% nel 2013).
Con riferimento alle somme prelevate a partire dal 2014, il motivo si presenta intrinsecamente generico, non avendo il ricorrente neppure indicato a quali specifici pagamenti sarebbero state destinate le somme in questione e non avendo indicato gli atti dai quali dovrebbero dedursi tali pagamenti.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Esso è intrinsecamente generico, in quanto privo di una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferiment motivazione dell’atto impugnato. Va, in ogni caso, rilevato che la Corte di appello ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (cfr. pagina 11 della sentenza impugnata), ponendo in rilievo come vi fosse una stretta correlazione tra la sottrazione delle scritture contabili e le condotte distrattive dell’imputato.
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile.
3.1. L’unico motivo di ricorso è inammissibile.
Va premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, «in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori» (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, COGNOME, Rv. 278156; Sez. 5, n. 38731 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 271123).
Tanto premesso, va rilevato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza del dolo, facendo leva sul ruolo dell’imputata di presidente del consiglio di amministrazione della “RAGIONE_SOCIALE“, sulla circostanza che l’imputata aveva partecipato personalmente alla stipula dell’atto pubblico di compravendita e sul coinvolgimento di tutti i familiari nella complessiva gestione delle due società (la figlia degli imputati deteneva il 99,99% delle quote della RAGIONE_SOCIALE e la COGNOME e il COGNOME vi svolgevano, rispettivamente, il ruolo di presidente e vicepresidente del consiglio di amministrazione). Si tratta di una motivazione adeguata e priva di vizi logici, rispetto alla quale la ricorrente si è limitata a delle generiche asserzioni, senza indicare alcun elemento dal quale potere desumere la loro fondatezza.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue, ai sensi dell’art 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 11 12 dicembre 2023.