Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4734 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a MISANO ADRIATICO il 01/01/1948
COGNOME nato a BOLOGNA il 12/04/1962
avverso la sentenza del 05/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso COGNOME ed il rigetto dl ricorso COGNOME letta la memoria del difensore del ricorrente COGNOME Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 marzo 2024, la Corte di appello di Bologna confermava, per quanto qui di interesse, la sentenza del Tribunale di Rimini che aveva ritenuto:
NOME COGNOME colpevole del delitto ascrittogli al capo A, di bancarotta fraudolenta patrimoniale, consumato quale amministratore prima e liquidatore poi della srl (già spa) RAGIONE_SOCIALE il cui fallimento era stato dichiarato con sentenza del 31 gennaio 2011 (in concorso con il padre, l’amministratore di fatto NOME COGNOME, separatamente giudicato), in relazione alle sole condotte di prestazione di una fideiussione a favore di srl RAGIONE_SOCIALE e di concessione del diritto di superficie a favore di RAGIONE_SOCIALE entrambe senza adeguata contropartita;
NOME COGNOME colpevole del delitto ascrittogli al capo C, di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere quale amministratore della srl RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 23 giugno 2011, distratto (in concorso con il cognato, l’amministratore di fatto NOME COGNOME) dal patrimonio della medesima somme complessive per euro 832.940,96, versatre ad altre società del gruppo RAGIONE_SOCIALE in assenza di effettiva contropartita.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte di merito osservava quanto segue.
Tutte le società indicate in imputazione erano parte di un gruppo informale determinato dal fare tutte riferimento all’amministratore di fatto NOME COGNOME separatamente giudicato. Gli amministratori di diritto delle medesime agivano, infatti, su sua indicazione.
Quanto alla condotta distrattiva ascritta al COGNOME, il curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva riferito il trasferimento delle somme, il cui totale era stato riportato in imputazione, ad altre società del gruppo, senza che ve ne fosse titolo giustificativo alcuno, neppure prospettato dal prevenuto.
Quanto alle condotte distrattive attribuite a NOME COGNOMEin danno della diversa General music):
era stata prestata fideiussione a favore di RAGIONE_SOCIALE per ben 875.000 euro, a garanzia del debito contratto dalla beneficiata con un istituto di credito della Repubblica di San Marino, senza però che fosse prevista alcuna contropartita economica; il prevedibile dissesto della beneficiata aveva comportato l’esposizione della fallita per la somma indicata (non essendovi prova documentale dell’assunta circostanza che il debito fosse stato assolto dall’amministratore di fatto, con propri fondi personali);
era stato costituito, con atto notarile del 17 giugno 2010, il diritto di superficie su un bene immobile della fallita in capo a srl RAGIONE_SOCIALE per la durata di 25 anni, al canone annuale di euro 6.000, per la costruzione di un impianto fotovoltaico (poi non autorizzato dal comune di Recanati); la cessione del diritto era incompatibile, per la sua durata, con lo stato della fallita, in quel momento in liquidazione, ed aveva, comunque, gravemente intaccato il valore del cespite immobiliare; peraltro il canone non era mai stato corrisposto e anche la società beneficiata era ben presto fallita.
Il pieno coinvolgimento nei fatti dei due imputati era provato dalla evidenza degli atti dispositivi compiuti e dal loro stretto collegamento (dimostrato anche dalla circostanza che COGNOME e COGNOME risultavano essere gli amministratori di altre società del gruppo) con l’amministratore di fatto NOME COGNOME (di cui erano, rispettivamente, il figlio ed il cognato, e, quindi, persone di sua stretta fiducia).
Un contesto che non consentiva di riconoscere agli stessi neppure la circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen..
Né poteva concedersi l’attenuante specifica del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, ult. comma, legge fall., in considerazione del valore economico delle operazioni contestate.
Propone ricorso l’imputato COGNOME a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce, più in generale, il vizio di motivazione per essersi la Corte territoriale riportata alla motivazione del Tribunale senza rispondere alle obiezioni mosse con i motivi di appello.
2.2. Con il secondo motiva lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 216, 219 e 223 legge fall. in relazione alla condotta, ritenuta distrattiva, della prestazione della fideiussione, per euro 875.000, a garanzia del credito vantato da ECM Bank di San Marino nei confronti di srl RAGIONE_SOCIALE
In riferimento a tale operazione non si erano adeguatamente valutate le dichiarazioni testimoniali dei testi COGNOME (curatore fallimentare) e COGNOME (consulente del prevenuto), che avevano entrambi riferito come non fosse affatto ingiustificata la fideiussione della società controllante alla società controllata (al 100%), visto che solo la prima disponeva di quel compendio immobiliare che consentiva di accedere al credito bancario.
La fallita, poi, detenendo l’intero capitale della beneficiata si sarebbe certo giovata del credito bancario concesso alla medesima. Peraltro se non si era
ritenuta distrattiva la cessione d’azienda dalla controllante alla controllata, risultava contraddittorio attribuire la medesima natura all’operazione che ne aveva consentito l’operatività.
Non si era poi accertata la sussistenza, valutata ex ante, dell’elemento soggettivo del reato. In questo senso infatti era stata prestata analoga fideiussione personale anche da parte del coimputato NOME COGNOME che aveva poi estinto il debito con la banca creditrice.
L’imputato si era poi avvalso, per concepire l’operazione in oggetto, dell’apporto consulenziale di vari professionisti, non ultimo l’ing. COGNOME escusso come testimone.
Tutte considerazioni non adeguatamente analizzate dalla Corte d’appello.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 2634 cod. civ., ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata valutazione dei vantaggi compensativi.
Il fatto che la fallita possedesse l’intero capitale della beneficiata rendeva evidenti i vantaggi compensativi per il patrimonio della prima.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 216, 219 e 223 legge fall., in relazione alla ritenuta natura distrattiva dell’altra operazione contestata, il diritto di superficie per 25 anni sullo stabilimento di Recanati costituito in capo alla srl RAGIONE_SOCIALE
Il diritto di superficie era stato costituito per atto notarile del 17 giugno 2010, per la durata indicata e per un canone annuo di euro 6.000, per consentire alla srl RAGIONE_SOCIALE di installarvi un impianto fotovoltaíco, poi, però, non autorizzato dal Comune di Recanati.
Il curatore aveva ritenuto tale concessione incompatibile con la liquidazione in corso costituendo un vincolo di tale durata temporale. Oltre che privo di ogni corrispettivo posto che la diversa società non aveva mai versato il canone pattuito e che era ben presto a sua volta fallita.
Restava comunque che il canone era stato pattuito per tutti i 25 anni relativi alla cessione del diritto e che il successivo inadempimento non costituiva affatto prova della natura distrattiva dell’atto.
2.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 219, comma 3, legge fall. e 114 cod. pen., ed il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle relative ragioni di attenuazione della pena.
Il danno causato alla massa dei creditori era nullo per la prima condotta, posto che la fallita non era stata escussa, e di soli euro 6.400 per i canoni non riscossi in relazione alla seconda.
La Corte distrettuale sul punto si era limitata alla apodittica affermazione che le condotte distrattive avevano causato un danno economico rilevante.
Quanto all’art. 114 cod. pen, era emerso come il prevenuto avesse rivestito un ruolo di amministrazione in modo solo apparente, gestendo la fallita il solo amministratore di fatto NOME COGNOME come avevano riconosciuto anche i professionisti di fiducia della società.
Anche sul punto la motivazione della Corte d’appello era stata meramente apparente.
Propone ricorso l’imputato COGNOME deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
COGNOME, rivestendo il solo ruolo di prestanome dell’amministratore di fatto, non era consapevole degli illeciti da questi consumati, tanto più che questi erano stati effettuati a favore di altre società del gruppo e quindi nell’interesse del COGNOME.
Né vi erano elementi da cui dedurre che il prevenuto si fosse in alcun modo ingerito nell’amministrazione della fallita.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto dott. NOME COGNOME ha inviato memoria con la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso COGNOME e per il rigetto del ricorso COGNOME.
Il difensore del ricorrente COGNOME ha inviato memoria con la quale ha ulteriormente argomentato per l’accoglimento dei motivi di ricorso e in subordine per la declaratoria di prescrizione dei reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è infondato in relazione a tutte le censure diverse da quelle relativa al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 219, comma 3, legge fall., e tuttavia il decorso del tempo impedisce ogni approfondimento su tale questione posto che, nel frattempo, si è consumato il termine di prescrizione del reato (non risultandogli contestata, in imputazione, la circostanza aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fall., erroneamente considerata dal Tribunale).
Diversamente, il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile (così da non potersi considerare maturato il termine di prescrizione, anche considerando che, nei suoi confronti, era stata contestata e ritenuta la citata aggravante specifica, ad effetto speciale)
Le censure mosse dal COGNOME a proposito della natura distrattiva delle operazioni imputategli sono inammissibili sia perché versate in fatto (non tenendo conto della congrua motivazione resa nella sentenza impugnata) sia perché manifestamente infondate in concreto.
Si deve infatti considerare che la prestazione di una fideiussione ad una società pur posseduta al 100 °A) non comporta, in assenza di adeguato corrispettivo (o di concreta contro-garanzia) alcun reale vantaggio compensativo alla massa dei creditori della fallita che l’aveva concessa, posto che costituisce, per la massa medesima solo una ragione di debito (seppure nella prospettiva della inadempienza del debitore principale, qui però sostanzialmente scontata visto l’immediato, e prevedibile, dissesto della beneficiata).
E si è invece affermato che:
in tema di reati fallimentari, integra distrazione rilevante quale ipotesi di bancarotta fraudolenta il finanziamento erogato in favore di una società dello stesso gruppo che presenti una situazione economica tale da non potere corrispondere gli interessi, pur pattuiti, o garantire la conservazione della garanzia del credito e, dunque, in assenza di qualsiasi vantaggio compensativo per la società finanziatrice (Sez. 5, n. 10633 del 30/01/2019, Scambia, Rv. 276029 01);
in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione di trasferimento di somme da una società ad un’altra non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo “gruppo”, dovendo, invece, l’interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 cod. civ., per la società apparentemente danneggiata (Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, COGNOME Rv. 277545 – 01).
Parimenti distrattiva era l’operazione di cessione del diritto di superficie ad altra società del gruppo (peraltro, lo si è detto, solo informale quanto alle società il cui nesso era costituito dalla sola riconducibilità in concreto all’amministratore di fatto) comportando la stessa una stasi, per ben 25 anni, nelle operazioni di liquidazione della fallita, il prevedibile (tanto da essersi immediatamente verificato) inadempimento della beneficiata, la corrispettiva diminuzione di valore del bene immobile oggetto dello scorporo del diritto di superficie.
Manifestamente infondata era anche la cesura relativa al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 114 cod. pen., dato che il concorso dell’amministratore di diritto con l’amministratore di fatto era essenziale alla consumazione delle condotte di depauperamento del patrimonio della fallita.
Si è infatti affermato che, in tema di concorso di persone nel reato, l’attenuante della partecipazione di minima importanza non è configurabile nei confronti dell’amministratore formale della società che abbia omesso qualsiasi controllo sull’attività dell’amministratore di fatto poiché, in tal modo, non solo ha favorito la commissione di condotte criminose di quest’ultimo, ma ha fornito un contributo essenziale e indefettibile per la realizzazione dei reati fallimentari da ultimo: Sez. 5, n. 16109 del 06/02/2024, COGNOME Rv. 286369 – 01).
2.1. E, tuttavia, la Corte d’appello, alla censura, formulata nell’appello del COGNOME, relativa al mancato riconoscimento della diversa diminuente del danno patrimoniale lieve, la circostanza attenuante specifica prevista dall’art. 219, comma 3, legge fall., aveva solo genericamente risposto, affermando che il danno determinato dalla due operazioni non poteva definirsi, appunto, di speciale tenuità.
Tuttavia, l’assenza di ogni dato di dettaglio, a fronte di operazioni complesse – la prestazione di una fideiussione e la concessione di un diritto di superficie – è tale da non consentire di immediatamente apprezzare la concreta diminuzione da esse determinata al patrimonio della fallita, così da non fornire adeguata risposta alla doglianza.
Se ne dovrebbe dedurre l’annullamento della sentenza nei confronti del COGNOME sul punto (che attiene ad entrambe le condotte distrattive) ma il già rilevato decorso del termine di prescrizione di anni dodici e mesi sei, non aumentato per la circostanza aggravante dell’art. 219, comma 1, legge fall., impone l’annullamento senza rinvio dell’impugnata pronuncia.
Il ricorso di Muratori è invece del tutto generico, oltre che interamente versato in fatto, non affrontando alcuna delle ragioni che aveva condotto la Corte d’appello a confermarne la condanna.
Il giudice del merito aveva infatti rilevato come non fosse neppure contestato il prelievo di somme dal patrimonio della fallita, somme che erano state versate ad altre società indicate dall’amministratore di fatto, NOME COGNOME in assenza di qualsivoglia titolo giustificativo.
Senza che la fallita ricevesse alcuna contropartita.
Né vi era dubbio sul concorso del Muratori nel delitto di distrazione essendo egli pienamente consapevole dell’intento dell’amministratore di fatto di
depauperare la fallita a vantaggio di altre società a lui facenti capo, dato che, come amministratore di diritto, non aveva esitato a materialmente effettuare le ridette, reiterate, operazioni senza che ve ne fosse titolo giustificativo alcuno.
All’inammissibilità del ricorso del COGNOME segue la sua condanna al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME NOME, perchè il reato è estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma I’ll dicembre 2024.