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Bancarotta fraudolenta extraneus: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta extraneus di un socio che, attraverso un’altra società, aveva acquistato il parco auto della società poi fallita senza corrispondere il prezzo e senza adeguate garanzie. La Corte ha stabilito che il reato si perfeziona con la spoliazione dei beni, essendo sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di arrecare un danno ai creditori. La successiva parziale restituzione di una somma non esclude la sussistenza del reato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta extraneus: la Cassazione chiarisce responsabilità e dolo

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2122 del 2024 offre importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta extraneus. Il caso analizzato riguarda la responsabilità penale di un soggetto che, pur non essendo amministratore, ha concorso a spogliare una società, poi fallita, dei suoi beni principali. La decisione ribadisce principi consolidati in materia di momento consumativo del reato e di elemento soggettivo (dolo), confermando un approccio rigoroso a tutela dei creditori.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. L’imputato, in qualità di concorrente extraneus, aveva partecipato attivamente alla spoliazione del patrimonio di una società, di cui era peraltro socio storico al 50%.

Nello specifico, attraverso una propria società, l’imputato aveva acquistato l’intero parco automezzi dell’azienda poi dichiarata fallita. L’operazione commerciale si era rivelata puramente distrattiva per diverse ragioni:
* Mancanza di corresponsione del prezzo pattuito.
* Assenza di qualsiasi garanzia a tutela della società venditrice.
* Presenza di clausole contrattuali che permettevano all’acquirente di compensare il prezzo con presunti e generici crediti vantati nei confronti della venditrice.

La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, concedendo un’attenuante per il parziale risarcimento del danno (pari a 80.000 euro versati alla curatela), ma confermando la responsabilità penale per il reato di bancarotta fraudolenta.

I motivi del ricorso per Cassazione e il ruolo della bancarotta fraudolenta extraneus

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi aspetti della decisione dei giudici di merito. I motivi principali del ricorso vertevano su:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità penale: il ricorrente sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato che i pagamenti rateali iniziali erano stati effettuati e poi interrotti a causa di un pignoramento.
2. Insussistenza dell’elemento soggettivo: si lamentava che il dolo fosse stato desunto in modo apodittico unicamente dal suo comportamento.
3. Errata qualificazione giuridica: si chiedeva di derubricare il reato nella meno grave ipotesi di bancarotta semplice, sostenendo che l’operazione presentava delle convenienze per la società e che al massimo poteva essergli addebitata un’imprudenza.
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: si contestava la determinazione della pena.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Le motivazioni della decisione sono cruciali per comprendere i confini della responsabilità nel concorso in bancarotta.

Il perfezionamento del reato al momento della distrazione

La Corte ha chiarito che l’operazione distrattiva si è concretizzata già al momento della stipula del contratto. In quell’istante, il patrimonio della società è stato spogliato di beni strumentali essenziali senza un corrispettivo certo e garantito. Secondo la giurisprudenza consolidata, il reato di bancarotta per distrazione si realizza con il semplice distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore, a prescindere dalla natura dell’atto negoziale utilizzato. Anche la possibilità di recuperare successivamente il bene tramite le azioni della curatela non esclude la sussistenza del reato. Anzi, il recupero parziale della somma di 80.000 euro è stato visto come la prova del pregiudizio effettivo subito dai creditori.

La sussistenza del dolo generico nella bancarotta fraudolenta extraneus

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, la Cassazione ha ribadito che per la bancarotta fraudolenta distrattiva è sufficiente il dolo generico. Non è necessario che l’agente abbia l’intenzione specifica di danneggiare i creditori, ma basta la consapevolezza che l’operazione posta in essere possa depauperare il patrimonio sociale e, di conseguenza, ledere le loro ragioni. Nel caso di specie, il dolo è stato correttamente desunto da elementi oggettivi e inequivocabili, quali:
* La qualità di socio “storico” del ricorrente.
* Le “vicissitudini” pregresse nei rapporti con l’altro socio.
* Il tenore stesso del contratto di cessione, che faceva emergere una situazione debitoria preesistente e non offriva alcuna garanzia.

L’impossibilità di riqualificare il fatto in bancarotta semplice

La richiesta di derubricare il reato è stata respinta come manifestamente infondata. La Corte ha sottolineato che tale richiesta implicava una “rilettura” dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. La ricostruzione operata in sentenza era del tutto incompatibile con un progetto di risanamento aziendale, anche se imprudente, configurando invece una deliberata condotta di sottrazione.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale: la responsabilità per bancarotta fraudolenta extraneus si fonda sulla partecipazione consapevole a un’operazione che svuota il patrimonio di una società in danno dei creditori. Il reato si considera perfezionato nel momento stesso in cui i beni vengono sottratti alla loro garanzia, e la prova del dolo può emergere chiaramente dalle circostanze oggettive dell’operazione, senza necessità di indagare un fine specifico di nuocere. La successiva parziale riparazione del danno può influenzare la determinazione della pena, ma non elimina la rilevanza penale della condotta.

Quando si considera commesso il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione?
Il reato si considera commesso e perfezionato nel momento in cui il bene viene distaccato dal patrimonio dell’imprenditore, causando un depauperamento in danno dei creditori. La natura dell’atto giuridico utilizzato o la possibilità di un successivo recupero del bene non escludono la sussistenza del reato.

Cosa basta per dimostrare il dolo (l’intenzione) nel reato di bancarotta fraudolenta?
Per la configurabilità del reato è sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’. Ciò significa che non è necessaria l’intenzione specifica di causare un danno ai creditori, ma è sufficiente la consapevolezza che l’operazione compiuta sul patrimonio sociale sia idonea a danneggiarli.

Un soggetto esterno alla società (extraneus) può essere condannato per bancarotta fraudolenta?
Sì, chiunque partecipi a un’operazione distrattiva ai danni di una società poi fallita può essere condannato per concorso in bancarotta fraudolenta, anche se non ricopre cariche formali (come quella di amministratore) all’interno della stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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