LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta e trust: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta a carico del liquidatore di una società che aveva trasferito l’intero patrimonio aziendale in un trust. La Corte ha stabilito che anche uno strumento legale come il trust, se utilizzato per sottrarre beni alla garanzia dei creditori, costituisce un atto di distrazione penalmente rilevante. È stato chiarito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevole volontà di dare ai beni una destinazione diversa, senza che sia necessario l’intento specifico di nuocere ai creditori o la consapevolezza dello stato di insolvenza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta: l’uso del trust non salva dalla condanna

La costituzione di un trust, strumento giuridico flessibile e sempre più diffuso, può trasformarsi in un’arma a doppio taglio se utilizzata per finalità illecite. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di bancarotta fraudolenta patrimoniale, confermando che anche un atto di per sé lecito, come l’istituzione di un trust, può integrare un grave reato quando l’obiettivo è sottrarre il patrimonio sociale alla garanzia dei creditori. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla responsabilità degli amministratori, anche di quelli che si definiscono semplici “prestanome”, e sulla natura dell’elemento psicologico richiesto per il reato.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria riguarda il liquidatore di una società a responsabilità limitata, poi dichiarata fallita. L’imputato, che ricopriva anche il ruolo di trustee di un trust appositamente costituito, era accusato di aver distratto l’intero patrimonio della società, trasferendolo proprio nel trust. L’operazione era avvenuta in un momento in cui l’azienda versava già in uno stato di insolvenza.

In primo grado, l’imputato era stato assolto. La Corte di Appello, tuttavia, aveva ribaltato completamente la decisione, dichiarandolo colpevole di bancarotta fraudolenta. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di essere stato un mero prestanome, privo di un effettivo potere decisionale e, quindi, del dolo necessario per la commissione del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in via definitiva la condanna. I giudici hanno smontato le argomentazioni difensive, chiarendo punti cruciali in materia di reati fallimentari.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su un’analisi rigorosa degli elementi costitutivi del reato, con particolare attenzione al ruolo del trust e alla configurazione del dolo.

Il Trust come Strumento di Distrazione

Il punto centrale della decisione è che la liceità di uno strumento giuridico non ne esclude l’utilizzo per fini fraudolenti. La Cassazione ha affermato che la costituzione di un trust, sebbene astrattamente lecita, può rappresentare una condotta di distrazione quando determina la “stabile fuoriuscita” di un bene dal patrimonio del fallito, impedendone l’acquisizione da parte degli organi fallimentari. Nel caso specifico, tutti i crediti della società, per un valore di circa 500.000 euro, erano stati conferiti nel trust, sottraendoli di fatto alla massa destinata a soddisfare i creditori. L’operazione, voluta e attuata dall’imputato nel suo duplice ruolo di liquidatore e trustee, è stata qualificata come un chiaro atto distrattivo.

La Responsabilità dell’Amministratore e il Dolo nella Bancarotta Fraudolenta

La Corte ha respinto la tesi difensiva del “prestanome”. Essere un amministratore formale non costituisce uno scudo automatico contro la responsabilità penale. Ciò che conta è il contributo materiale alla condotta illecita. L’imputato era stato l'”artefice materiale” di tutte le operazioni, dimostrando una piena consapevolezza. Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per la bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il “dolo generico”. Questo significa che non è necessario provare l’intenzione specifica di danneggiare i creditori (dolo specifico) o la piena consapevolezza dello stato di insolvenza. È sufficiente la coscienza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista dalla legge, ovvero la garanzia delle obbligazioni contratte. L’agente deve solo voler compiere l’atto di distrazione, e questo basta per integrare il reato.

L’Onere della “Motivazione Rafforzata”

Infine, la Corte ha ritenuto che la Corte di Appello avesse correttamente adempiuto all’onere di “motivazione rafforzata”, necessario quando si riforma una sentenza di assoluzione in una di condanna. Il giudice di secondo grado aveva delineato in modo convincente il percorso logico-probatorio alternativo, evidenziando le carenze della prima sentenza e dimostrando la colpevolezza dell’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Le conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro ad amministratori e liquidatori: la responsabilità penale per bancarotta fraudolenta è concreta e non può essere elusa dietro schermi formali come il ruolo di prestanome o l’utilizzo di strumenti giuridici sofisticati come il trust. La volontà consapevole di sottrarre beni alla loro funzione di garanzia per i creditori è sufficiente per configurare il reato. Gli operatori economici devono quindi prestare la massima attenzione alla gestione del patrimonio sociale, poiché ogni atto che ne determini un depauperamento ingiustificato può avere conseguenze penali molto gravi.

L’uso di un trust per gestire i beni di una società può costituire bancarotta fraudolenta?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche un atto di per sé lecito come la costituzione di un trust integra il reato di bancarotta fraudolenta se viene utilizzato come strumento per sottrarre stabilmente i beni dal patrimonio della società, impedendo ai creditori di potersi soddisfare su di essi.

Per la bancarotta fraudolenta patrimoniale è necessario provare l’intenzione di danneggiare i creditori?
No, non è necessario. La giurisprudenza consolidata, confermata in questa sentenza, richiede il cosiddetto “dolo generico”. È sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni, senza che occorra lo scopo specifico di recare pregiudizio ai creditori o la consapevolezza dello stato di insolvenza.

Un amministratore che si dichiara “prestanome” può essere ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta?
Sì. La tesi del prestanome non è una difesa automatica. Se la persona, pur agendo formalmente, è l’artefice materiale delle operazioni di distrazione (come nel caso di specie, dove l’imputato era sia liquidatore della società che trustee), viene ritenuta pienamente responsabile in quanto le sue azioni dimostrano la consapevolezza e la volontà di compiere l’atto illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati