Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28101 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAMPAGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/12/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del SostittP:o Procuratore AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 11.12.2023 la Corte di Appello di Salerno ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOME, che lo aveva dichiarato colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite i difensore di fiducia, deducendo quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo lamenta, il ricorrente, la mancanza di motivazione; in particolare, rileva che la Corte territoriale ha omesso di motivare in ordine alle cens di cui al secondo motivo ed al quinto motivo d’appello coi quali si era evidenziata insussistenza della bancarotta fraudolenta patrimoniale, argomentando alla stregua del fatto che i beni ceduti non erano di proprietà della società fallita in quant questa acquistati con patto di riservato dominio che prevedeva il trasferimento dell proprietà al pagamento dell’ultima rata (che alla data della cessione non risultav pagata), e della circostanza che il prezzo fissato in euro 7.500 era interamente imputabile all’avviamento, peraltro di scarso rilievo essendo l’attività iniziata da tempo (avendo dovuto l’imputato cederla subito a causa delle minacce subite), e non alle attrezzature acquistate col patto di riservato dominio.
2.2.Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione, avendo il ricorrente nell’atto di appello formulato ben tredici specifiche doglianze, che si profilav dirimenti ai fini della decisione, sicché la motivazione è priva di completezza, avend trascurato aspetti rilevanti, quali la circostanza che il curatore era stato autorizz proporre azione revocatoria della cessione e non diede seguito ad essa, che i beni oggetto della cessione erano oggetto del patto di riservato dominio e non potevano quindi essere ritenuti elementi attivi del patrimonio, che il contratto dì cess prevedeva l’accollo da parte del cessionario del debito della fallita verso la RAGIONE_SOCIALE ed anche l’obbligazione di manleva relativamente agli obblighi derivanti dall’avvenuta acquisto con il patto di riservato dominio.
2.3. Con il terzo motivo lamenta l’erronea applicazione degli artt. 216 e 217 I. non avendo la Corte territoriale tenuto in conto che il progressivo degrado dell condizioni economiche della RAGIONE_SOCIALE era stato causato dalla revoca della concessione di distribuzione di latticini prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE Saler che il COGNOME aveva consegNOME la documentazione contabile allo studio SeNOMEre di Cava dei Tirreni, e che, dopo averle ritirate, le consegnò al curatore fallimentare; né è considerato che la società non aveva tenuto alcuna contabilità per gli anni 2015 e
2016 a causa dell’inattività, sicchè al più ricorreva l’ipotesi della bancarotta sempl in ogni caso andava verificata la emergenza di elementi a sostegno dell’elemento soggettivo; andava per altro verso considerata l’applicazione de l’art. 131-bis c.p.
2.4.Con il quarto motivo lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità del motivo d’appello relativo alla concessione delle circostan attenuanti generiche, oltre che alla configurazione del danno di lieve entità di all’art. 219 comma 3 I.f,
Il ricorso è stato trattato – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottob 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, d. I. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla I. del 23.2.2024 n. 18, per le impugnazioni proposte sino al 30.6.2024 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi
il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
111 ricorso è nel suo complesso infondato, non sussistendo i vizi denunciati.
La motivazione del provvedimento gravato è congrua, dando, essa, conto, attraverso la ricostruzione complessiva della vicenda, delle ragioni per le quali le questi difensive, che si assumono trascurate, dovessero ritenersi superate e non decisive. Si deve premettere che ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazio struttura giustificativa della sentenza di appello, trattandosi di c.d. doppia conform salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando il giudice del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logica-giuridici della prima sentenza, concordi nell’analisi e n valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Cass. Sez. 3, sent. n. 44418 del 16/07/2013, dep. 04/11/2013, Rv. 257595) e che nel giudizio di appello è consentita la motivazione “per relationem” alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate dall’appellante non contengano elementi di novità rispetto a quelle già condivisibilmente esaminate e disattese dalla sentenza di primo grado.
Nel caso in esame la sentenza di appello ha in premessa richiamato tali principi in punto di redazione della motivazione che, come è agevole desumere dalla sua lettura,
ha condiviso gli argomenti esposti dal primo giudice che aveva già congruamente affrontato gli aspetti riproposti con l’impugnazione.
Si deve, per altro verso, altresì, considerare che secondo la giurisprudenza costante dì questa Corte (cfr. tra tante Sez. 2, n. 46261 del 18/09/20:19, Rv. 277593 – 01) l’omesso esame di un motivo di appello da parte del giudice dell’impugnazione non dà luogo ad un vizio di motivazione rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen. allorchè, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione in quanto incompatibile con la struttura e con l’impianto della stessa nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza medesima.
In definitiva, la Corte di merito (posto che, come lo stesso ricorso rileva, nei sin motivi d’appello erano comprese diverse questioni) ha adempiuto all’onere motivazionale, avendo confutato direttamente, o indirettamente attraverso il richiamo della sentenza del Tribunale, come si dirà specificamente nel prosieguo, le tesi difensive pedissequamente reiterate, non solo in appello, ma anche nella presente sede.
1.1.1 primi due motivi ruotano intorno alla bancarotta fraudolenta patrimoniale che ha ad oggetto l’unico asset aziendale presente nel patrimonio della società fallita ovvero il supermercato sito in Roccadaspide, comprensivo di attrezzature del valore di euro 125.811,00 acquistate, nel 2015, dalla società RAGIONE_SOCIALE con contratto di vendita con riserva di proprietà, poi ceduto – senza il preventivo consenso dell venditrice – al prezzo – evidentemente irrisorio e comunque non versato – di euro 7.500,00 alla RAGIONE_SOCIALE, pochi mesi prima del fallimento (nel maggio del 2016 fronte della dichiarazione di fallimento intervenuta il 6.12.2016 a seguito di rig dell’istanza di ammissione al concordato preventivo).
Essi, nel focalizzare l’attenzione sul dato del mancato versamento del prezzo dei beni acquistati col patto di riservato dominio e quindi sul mancato trasferimento dell proprietà in capo alla RAGIONE_SOCIALE, non considerano che secondo la stessa impostazione difensiva, ulteriormente sviluppata nella memoria pervenuta in atti, la cession contestata all’imputato avrebbe avuto un qualche risvolto positivo per la societ cedente – solo – se la controparte, cessionaria, avesse rispettato gli impegni assun (versamento del prezzo alla RAGIONE_SOCIALE e saldo del debito contratto dalla RAGIONE_SOCIALE con società fornitrice delle attrezzature, entrambi non intervenuti secondo quanto riportano le pronunce di merito anche sulla base di ciò che aveva dichiarato lo stesso imputato al curatore).
Ciò, peraltro, in disparte, la manifesta non congruità della somma di euro 7.500,00, pattuita come prezzo della complessiva cessione del ramo di azienda, aspetto che,
unito alle altre circostanze indicate depone, c:ome hanno congruamente osservato i giudici di merito (cfr. in particolare la sentenza di primo grado), per la na distrattiva dell’operazione, posta in essere – senza che ne fosse derivato un effetti vantaggio per la cedente, che aveva per di più in tal modo perduto l’unico asset per lo svolgimento dell’attività di impresa – allorquando si erano già evidenziati i presuppos del fallimento, che sarebbe poi stato dichiarato solo dopo alcuni mesi dalla cessione.
Soprattutto il ricorrente non considera che il bene acquistato con patto di riserva dominio rientra anch’esso nel complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili facenti capo all’imprenditore, come ha avuto modo di osservare questa Corte nel suo massimo consesso con la pronuncia Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Suraci, Rv. 276286 – 02 (e, sulla base di tale sentenza, ha ben sviluppato l’argomento in questione, in particolare, la sentenza di primo grado).
Ha in particolare affermato la pronuncia delle Sezioni Unite che integra il rea di bancarotta fraudolenta la risoluzione, nell’imminenza della dichiarazione d fallimento, di un contratto di compravendita con patto di riservato dominio, cui segu la consegna al venditore dei beni acquistati, rientrando anch’essi nei complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili facenti capo all’imprenditore (fattispec relativa alla risoluzione del contratto di vendita in esecuzione di un accordo transatt conseguente all’inadempimento, in cui la Corte ha precisato che, in caso di fallimento dell’acquirente con patto di riservato dominio, ai sensi dell’art. 73 legge fall., qualora il curatore ritenga di non subentrare nel contratto, acquisendo i beni fallimento, il venditore può sciogliersi dal contratto, ottenendo la restituzione cosa, corrispondendo al fallimento le rate riscosse ed insinuandosi al passivo per i credito determiNOME dall’utilizzo del bene. Conf. n. 11247/88, RV. 179759).
Nel caso di specie, la società RAGIONE_SOCIALE, in assenza del consenso preventivo della società venditrice RAGIONE_SOCIALE, rimasta estranea alla cessione del contratto di vendita co riservato dominio che la RAGIONE_SOCIALE aveva con essa stipulato, non solo perdeva i beni senza adeguata contropartita, ma rimaneva per di più obbligata nei confronti della venditric per il debito contratto, rilevando, ìn assenza di consenso del contraente-creditor ceduto, l’accollo da parte della cessionaria nei soli rapporti irterni tra le part cessione (come peraltro previsto dallo stesso contratto di cessione secondo quanto si precisa nella sentenza di primo grado).
A nulla rileva, quindi, la circostanza evidenziata dalla difesa – puntualizzano i giu di merito – che i beni strumentali erano stati acquistati con patto di riservato dom e che la società RAGIONE_SOCIALE non era in realtà ancora proprietaria dei beni ceduti, rientran i beni acquistati con patto di riservato dominio nella nozione e categoria di elemen attivi del patrimonio, in quanto tali suscettibili di essere oggetto delle con distrattíve; il patrimonio comprende infatti il complesso dei rapporti giur
economicamente valutabili che fanno capo all’imprenditore, la cui integrità viene tutelata in funzione dell’interesse dei creditori e della possibilità di otten soddisfazione delle loro ragioni nell’ambito della procedura concorsuale.
La disciplina dettata dall’art. 1526 codice civile stabilisce, infatti, che q intervenga la risoluzione del contratto di compravendita con riserva di proprietà sorg per l’acquirente il diritto di credito alla restituzione delle rate già corrisposte. E, di fallimento dell’acquirente, è, poi, rimessa alla valutazione del curatore, ex art. fall., la scelta se acquisire i beni al fallimento subentrando al fallito nel contra l’autorizzazione del giudice delegato e solo nel caso di mancato esercizio di tale facolt il venditore può sciogliersi dal contratto ed ottenere la restituzione della cosa dovrà corrispondere al fallimento le rate riscosse ed insinuare al passivo il cred chirografario per l’utilizzo del bene, salva la c:ompensazione ex art. 56 I. fai!. s ricorrano le condizioni.
Non assume dunque rilievo che, per la mancata completa esecuzione del contratto acquisitivo, i beni non fossero ancora entrati definitivamente nel patrimonio del società fallita, patrimonio che ricomprende non soltanto quanto oggetto del diritto proprietà o di altro diritto reale, ma anche tut:to ciò su cui l’impresa vanta un di personale di godimento di contenuto economico che le assicura la disponibilità giuridica e qualificata, non di fatto, di strumenti ed attrezzature in grado di prod delle utilità di cui il fallimento avrebbe potuto avvalersi.
E soprattutto ciò che maggiormente rileva nel caso di specie – caratterizzato, come detto, da una cessione improduttiva di effetti verso il venditore ceduto ai sensi dell 1406 codice civile – è che, trattandosi di beni entrati a far parte del patrimonio società poi fallita in virtù di contratto di vendita con riserva di proprietà applicazione, in caso di fallimento, la disciplina di cui all’art. 73 I. fall. che delle conseguenze specifiche a carico del curatore: questi ove non opti per il subentr nel contratto deve infatti innanzitutto restituire il bene al venditore, obblig evidentemente non si è potuto adempiere nella fattispecie in esame per essere stato il bene ceduto ad altri.
I beni del contratto erano inoltre ceduti dalla cessionaria ad un’altra soci circostanza che impediva dì fatto al curatore di poter tentare dì recuperare i be attraverso l’azione revocatoria stante la difficoltà a cuì sarebbe andato incontro n dimostrare il dolo dell’ultima acquirente (che aveva acquistato da soggetto diverso dalla società poi fallita).
Ciò senza considerare che in tema di bancarotta fraudolenta, l’eventuale recupero, da parte della curatela, dei beni non consegnati dal fallito non spiega alcun rilievo s sussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta, il quale – perfezioNOME momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore – viene a giuridica
esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della “res” rappresent solo un “posterius” – equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo consumazione del furto – avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta all sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 13820 del 03/03/2020, Rv. 278951 – 01).
Sicché quanto adduce la difesa riguardo alla mancata proposizione dell’azione revocatoria alcun rilievo potrebbe avere ai fini della supposta insussistenza del reato questione.
La cessione contestata all’imputato pertanto – conclude in maniera pertinente già la sentenza di primo grado fornendo dunque già essa risposta esauriente alle questioni nuovamente sollevate, in appello, e col ricorso di scrutinio – ha non solo privato curatore della possibilità di operare le legittime scelte consentite dalla disci dell’art. 73 I. fall., ma ha anche sottratto all’attivo i beni – impedendone la d restituzione al venditore con tutte le conseguenze di legge del caso – oltre che g eventuali ratei già corrisposti alla venditrice (salvo il diritto, di questa, ad u compenso per l’uso della cosa) .
La cessione nel suo complesso ha, peraltro, completamente svuotato dell’unico asset la società fallita, ove si consideri la irrisorietà del prezzo della cessione (euro 7 peraltro neppure rinvenuto nelle classi della società) a fronte solo del valore de attrezzature pari ad euro 125.811.
Del tutto ragionevolmente è stata, pertanto, esclusa l’ipotesi di Dancarotta semplice, i presenza di operazioni dismissive che hanno comportato, in totale assenza di vantaggi, un notevole depauperamento economico-finanziario della società, dichiarata poco dopo fallita, atteso che le operazioni imprudenti, realizzate pur sempr nell’interesse dell’impresa, sono quelle in tutto o in parte aleatorie o frutto di avventate, tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato no proporzioNOME alle possibilità di successo (cfr. Sez. 5, n. 34292 del 02/10/2020 Olivieri, Rv. 279973, nonché, in motivazione Sez. 5, n. 26412 del 26/04/2022, Rv. 283526); caratteri, questi ultimi, esclusi ex se dalla ricostruzione operata n conformi pronunce di merito, in sintesi sopra riportata.
Il carattere fraudolento dell’operazione è stato, quindi, c:orrettamente riten evincibile, con estrema chiarezza, dalle emergenze processuali, con conseguente configurabilità a carico dell’imputato del delitto di bancarotta fraudolenta distrazione, per il quale è sufficiente qualunque operazione diretta a distaccare da patrimonio sociale, senza immettervi corrispettivo e senza alcun utile per il patrimon sociale, beni ed altre attività ìn genere, così da ímpedìrne l’apprensione da parte deg organi fallimentari, in quanto tale depauperamento si risolve in un pregiudizio de creditori della società all’atto del fallimento.
Pregiudizio che ben può derivare anche dalla sottrazione di un bene, non proprio, al fallimento che comporti l’impossibilità di restituirlo al legittimo proprietario da del curatore, il quale, in conseguenza di tale mancato adempimento, vedrà la massa passiva fallimentare gravata da ulteriore debito.
Si può quindi affermare il principio secondo cui integra gli estremi della bancarot fraudolenta patrimoniale anche la cessione, in prossimità del fallimento e senza un’effettiva contropartita, di un bene non ancora di proprietà dell’imprenditore, che trovi nel patrimonio dell’impresa in virtù di una situazione giuridica qualificata, qua quella derivante dalla stipulazione di un contratto di vendita con riserva di propri che trova specifica disciplina nella legge fallimentare all’art. 73, dal momento che curatore, in assenza del bene, non potrà né optare per il subentro nel contratto d vendita con riserva di proprietà come previsto dall’art. 73 I. fall., né, in alter restituire il bene, come avrebbe per legge dovuto, al legittimo proprietario, con tu le pregiudizievoli conseguenze del caso a carico della massa fallimentare, attiva o passiva.
Quanto, poi, alla circostanza, pure qui riproposta genericamente dalla difesa, secondo cui il ricorrente sarebbe stato costretto a cedere l’azienda in favore della RAGIONE_SOCIALE facente capo alla moglie di COGNOME NOME, da cui l’imputato avrebbe ottenuto un prestito – a tassi usurari – per far fronte agli ingenti debiti contratti per l’ nuovo supermercato, come osservano correttamente i giudic di merito, trattasi di profilo che in quanto afferente ad una causa di giustificazione, avrebbe dovuto essere oggetto di ben più adeguata allegazione rispetto agli elementi necessari all’accertamento di fatti altrimenti ignoti che siano in astratto idonei, ove riscontr configurare in concreto la causa di giustificazione, laddove nel caso di specie COGNOME non aveva ritenuto neppure di sottoporsi all’esame richiesto dal suo stess difensore (che peraltro, secondo quanto si afferma nella sentenza di primo grado, non avrebbe depositato nel presente processo atti del procedimento penale pendente nei confronti dei soggetti accusati dal COGNOME, dai quali poter desumere elementi valutazione in ordine a quanto inizialmente riferito dal predetto al curatore).
1.2. Quanto al terzo motivo, sì osserva che la correlazione con la bancarotta patrimoniale esplicita, altresì, nella complessiva ricostruzione dei giudici di mer anche il dolo del reato di bancarotta fraudolenta documentale (ravvisata sotto il prof della tenuta irregolare, anche mediante omissione, delle scritture contabili).
E, quanto alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, è solo il caso di evidenziare che come già sopra ricordato, la sentenza di primo grado aveva dato ampiamente conto della ragioni che militano per la sussistenza della bancarotta fraudolenta patrimonial e non di quella semplice, sicché correttamente la Corte di appello ha ritenuto il moti
A
articolato al riguardo già ampiamente valutato dal Tribunale (ciò nondimeno ha comunque argomentato al riguardo).
1.3. Quanto al quarto motivo si deve, in premessa, ricordare che la tenuta irregolare delle scritture contabili – nel caso di specie, come detto, caratteriz anche dalla omessa consegna/tenuta delle scritture contabili relative proprio agli ultim due anni anteriori al fallimento – non consente l’applicazione della circostan attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, legge qualora, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fall impedisca la stessa dimostrazione del danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilit esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi cre (cfr. Sez. 5, n. 25034 del 16/03/2023, Rv. 284943 – 01 relativa a fattispecie in c questa Corte ha escluso che il danno causato fosse particolarmente tenue in ragione dell’elevato ammontare del passivo accertato, c:he lasciava intendere che le dimensioni dell’impresa non erano contenute); laddove, peraltro, nel caso di specie è emersa la mera possibilità, in astratto, di proporre l’azione revocatoria della cessione contratto di vendita con riserva di proprietà, risultata di fatto impraticabile ragioni sopra dette (e la sentenza di appello si è pronunciata al riguardo ribadendo principio enunciato da questa Corte con la sentenza testé indicata).
Il motivo è dunque nel suo complesso generico e meramente reiterativo di aspetti già ampiamente e diversamente valutati dai giudici di merito, in particolare anche nella sentenza di primo grado, che, nell’affrontare la ricostruzione della vicenda, ha definitiva dato conto anche delle ragioni per le quali non si potessero riconoscere l attenuanti richieste, in assenza di elementi positivi ai fini di una compiuta valutazi al riguardo.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9/5/2024.