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Bancarotta fraudolenta e dolo specifico: il caso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. L’ordinanza conferma che, per integrare il reato, è sufficiente l’impoverimento dell’impresa con dolo specifico, senza che sia necessario un nesso causale diretto tra l’atto distrattivo e il fallimento, e anche se l’atto è stato compiuto molto tempo prima.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando la Distrazione di Beni è Reato?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di bancarotta fraudolenta, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti necessari per configurare questo grave reato. La decisione riguarda il ricorso di un amministratore condannato per aver sottratto risorse alla propria società, poi fallita. L’analisi della Corte si concentra sulla differenza tra bancarotta semplice e fraudolenta, sul nesso causale tra le condotte e il fallimento e sulla rilevanza temporale degli atti distrattivi.

I Fatti del Caso

Un amministratore di società veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali:
1. Errata qualificazione del reato: sosteneva che i fatti dovessero essere inquadrati come bancarotta semplice documentale e non fraudolenta.
2. Mancanza di prova sulla distrazione: contestava la responsabilità per la distrazione di materiale, affermando che non vi era prova di un nesso causale con il fallimento.
3. Irrilevanza di un bonifico: lamentava che un bonifico effettuato a suo favore molti anni prima del fallimento non potesse essere considerato una condotta distrattiva, data la mancata prevedibilità della crisi aziendale.

L’Analisi della Corte e la Bancarotta Fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le argomentazioni della difesa. I giudici hanno chiarito che la distinzione tra bancarotta fraudolenta e semplice risiede nel cosiddetto “dolo specifico”. Nel caso di specie, la condotta fraudolenta è stata ritenuta sussistente perché le operazioni di distrazione delle risorse aziendali, unite all’impossibilità di tracciarne la destinazione finale, dimostravano chiaramente l’intento dell’amministratore di recare pregiudizio ai creditori.

Irrilevanza del Nesso Causale e del Tempo nella Bancarotta Fraudolenta

Uno dei punti più significativi della decisione riguarda il rapporto tra l’atto distrattivo e il dissesto della società. La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando una precedente sentenza delle Sezioni Unite (sent. Passarelli, n. 22474/2016): ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessario dimostrare un nesso causale diretto tra la distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’agente abbia causato un impoverimento del patrimonio sociale, destinando le risorse a scopi estranei all’attività d’impresa.

Inoltre, la Corte ha specificato che anche un atto compiuto molti anni prima della dichiarazione di fallimento può configurare il reato. Ciò che rileva è il distacco ingiustificato di risorse societarie che possa creare un pregiudizio per i creditori, a prescindere dal momento in cui l’atto viene commesso.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha smontato punto per punto le doglianze del ricorrente.
– Sul primo motivo, ha affermato che le condotte distrattive e l’impossibilità di rintracciare i beni sottratti sono elementi sufficienti a dimostrare il dolo specifico, elemento che caratterizza la fattispecie fraudolenta rispetto a quella semplice.
– Sul secondo motivo, ha confermato che il reato si consuma con l’impoverimento dell’impresa a vantaggio di scopi estranei, rendendo irrilevante la prova che quella specifica azione abbia determinato il fallimento.
– Sul terzo motivo, ha concluso che la rilevanza penale di un atto distrattivo non dipende dalla prevedibilità del fallimento al momento del compimento dell’atto stesso. L’ingiustificato depauperamento del patrimonio sociale è di per sé sufficiente a integrare il reato.

Le Conclusioni

L’ordinanza si chiude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione rafforza un’interpretazione rigorosa del reato di bancarotta fraudolenta, inviando un messaggio chiaro agli amministratori di società: qualsiasi atto che impoverisca l’azienda per fini personali o estranei, a prescindere dal momento in cui viene compiuto e dal suo impatto diretto sulla dichiarazione di fallimento, può portare a una grave condanna penale.

Per configurare la bancarotta fraudolenta è necessario che l’atto di distrazione abbia causato il fallimento?
No, la sentenza chiarisce che non è necessaria l’esistenza di un nesso causale diretto tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’amministratore abbia impoverito l’impresa destinando le risorse a scopi estranei all’attività.

Un atto di distrazione di beni commesso molti anni prima della dichiarazione di fallimento può costituire reato di bancarotta fraudolenta?
Sì, la Corte ha stabilito che anche un’azione distrattiva compiuta molto tempo prima può essere penalmente rilevante. Ciò che conta è il distacco ingiustificato di risorse societarie che possa arrecare pregiudizio ai creditori, non la prevedibilità del fallimento al momento dell’atto.

Qual è la differenza tra bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice documentale secondo questa ordinanza?
La differenza risiede nel coefficiente soggettivo. La bancarotta fraudolenta è caratterizzata dal dolo specifico, ovvero l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. In questo caso, il dolo è stato dedotto dalle condotte distrattive e dall’impossibilità di tracciare la destinazione finale delle disponibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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