Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13614 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13614 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PADOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 10 gennaio 2023, confermava quella del Tribunale bresciano, che aveva accertatc la responsabilità penale di NOME COGNOME in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta societaria documentale di tipo specifico, per aver sottratto o comunque distrutto i libri e le scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE, del quale era amministratore unico, società dichiarata fallita in data 5 marzo 2013.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 216 e 217 legge fall., lamentando l’assoluta carenza di motivazione in ordine al motivo di appello che chiedeva la riqualificazione della condotta in quella di bancarotta documentale semplice, non potendo ritenersi adeguata la motivazione quanto alla sussistenza del dolo specifico richiesto dalla bancarotta documentale.
In particolare, il motivo rappresenta come la Corte non abbia tenuto in conto i parametri di valutazione consolidati, quanto al grado e al numero delle omissioni nella tenuta, come anche in ordine al breve arco temporale interessato, nonché l’assenza di condotte di distrazione, che avrebbero dovuto far escludere la volontà di pregiudicare i creditori, cosicché il rimprovero da muoversi a COGNOME doveva consistere nel volontario disinteresse alla tenuta regolare o in quello colposo, avendo erroneamente la Corte territoriale tralasciato che COGNOME riferiva che le scritture erano tenute da persona di fiducia.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso perché manifestamente infondato.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso come la Corte di appello abbia ritenuto la preesistenza delle scritture e dei libri da conferirsi al momento del subentro di COGNOME nella amministrazione unica della società, circostanza questa neanche contestata.
La Corte di appello ribadiva che le scritture e i libri contabili della società non furono consegnati al curatore all’atto del fallimento da parte di COGNOME.
Le censure mosse con l’odierno motivo replicano il secondo e terzo motivo di appello e si concentrano sul dolo richiesto e sull’assenza di motivazione a riguardo.
Deve osservare questa Corte come la parte del ricorso che fa riferimento alla irregolare tenuta delle scritture contabili risulti «fuori fuo(:o», in quanto contestazione rìfluita nell’imputazione e il delitto ritenuto dai giudici di merito non è la bancarotta fraudolenta documentale generica, bensì quella cd. specifica, che viene integrata dalla condotta di sottrazione accertata, mentre l’irregolare tenuta presuppone l’esistenza e il deposito al curatore delle scritture.
Non contestato il fatto storico, come ritenuto dalla Corte territoriale, che l’imputato detenesse le scritture e i libri contabili, ma non li abbia poi depositati a curatore, integrandosi così la condotta di sottrazione, le doglianze ulteriori si rivolgono in particolare al coefficiente soggettivo richiesto.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comrna primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultim integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01).
Ebbene, la Corte territoriale, con argomentazione corretta e non illogica, trae la prova del dolo specifico – facendo anche proprie le argomentazioni del Tribunale – per un verso dalla condotta di occultamento delle scritture esistenti prima del fallimento, la cui esistenza era certa in quanto erano state consultate anche in vista del concordato, poi non realizzato; per altro verso, dalla circostanza che l’assenza di scritture ha impedito la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti, impedendo anche di rintracciare i beni aziendali o i crediti vantati dalla fallita, non essendo stati rinvenuti dal curatore all’atto del fallimento né gli uni, né accertati come sussistenti gli altri.
Da tale punto di vista, pur in assenza di una condotta distrattiva contestata, la Corte di appello ritiene intervenuta la distrazione, in quanto non erano stati rinvenuti i beni aziendali. Tale argomentazione è in linea con il principio, affermato da ultimo da Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677, che riconosce la ratio dell’incriminazione dell’omessa tenuta della contabilità, o le condotte ad essa equivalenti come la sottrazione, nella funzionalità di tali condotte alla dissimulazione di atti depauperativi, allo scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori o avvantaggiare il fallito, ovvero terzi (tra le altre, Cass., Sez. 5, n. 2661 del 22/02/2019, COGNOME NOME, Rv. 276910; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384).
A tal proposito, aggiunge la Corte territoriale, la circostanza che fossero quasi del tutto assenti insinuazioni al passivo dei privati, ma residuasse solo quella erariale per un notevole importo, evidenziava come COGNOME avesse movimentato le risorse disponibili in modo da danneggiare solo il Fisco, creditore per la quasi totalità dell’importo accertato al passivo, pari ad euro 5.500.000,00.
Si tratta di argomentazioni non manifestamente illogiche, descrittive di condotte depauperative, che risultano sostenere il dolo specifico di pregiudizio per le ragioni creditorie, nel caso di specie erariali, con le quali non si confronta in modo specifico il ricorrente.
Pertanto, manifestamente infondato è il motivo sul punto del dolo specifico richiesto, come anche in ordine alla esclusa riqualificazione della condotta in bancarotta semplice, avendo ritenuto la Corte territoriale l’esistenza di un «disegno» dell’imputato volto a far residuare solo i debiti nei confronti dell’erario e, dunque, con la finalità di pregiudizio del creditore pubblico.
Si tratta di una argomentazione non manifestamente illoclica e del governo corretto dei principi in materia, in quanto in realtà, un atteggiamento di mera superficialità o anche di dolo non specifico dell’imprenditore fallito (Cass., sez. 5^, 6 dicembre 1999, Amata, rv. 216267) proprio della bancarotta semplice viene escluso dalla condotta di sottrazione delle scritture medesime, indicativa di una volontà attiva, direzionata alla realizzazione del cd. «disegno».
Né rileva l’arco temporale di amministrazione da parte dell’imputato, spettandogli comunque la regolare tenuta delle scritture poiché non v’è dubbio che l’omessa tenuta della contabilità, anche se relativa alla fase finale della vita d’impresa, rende quantomeno difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (ex multis Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, Capasso, Rv. 279346), non potendo trasferirsi sul curatore un obbligo che la legga pone a carico dell’amministratore (Sez. 5, n. 39808 del 23/09/2022, COGNOME, Rv. 283801 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma dì euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 06/12/2023
Il Consigliere estensore