Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29330 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29330 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a PISTOIA il 12/05/1962
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Lette le conclusioni scritte pervenute in data 20 giugno 2025, del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 novembre 2024 la Corte di appello di Firenze, in riforma della pronuncia in data 13 ottobre 2020 del Tribunale di Pistoia, ha rideterminato la pena accessoria e nel resto confermato la pronuncia con la quale COGNOME NOME era stata condannata alla pena di giustizia:
-per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, nella qualità di amministratrice di fatto della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Pistoia in data 6 novembre 2017;
per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, nella qualità sopra descritta.
Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto ricorso l’imputata attraverso il difensore di fiducia, articolando motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza della bancarotta fraudolenta distrattiva.
La sentenza impugnata non ha fornito esaustiva risposta agli specifici motivi di censura limitandosi a rinviare per relationem alla sentenza di primo grado.
La condotta distrattiva è stata individuata unicamente nello spostamento dei beni aziendali in altra sede dal momento che i locali dovevano essere restituiti alla proprietà a seguito di risoluzione del contratto di locazione, in assenza di qualsivoglia intento fraudolento.
Si trattava di beni obsoleti e di scarsissimo valore economico che, una volta rinvenuti ed acquisiti al fallimento, sono stati venduti per una somma pari ad euro 2.000,00.
In relazione alle ulteriori rimanenze finali indicate nel capo di imputazione quali oggetto di distrazione, il valore delle stesse è stato ricavato unicamente dal mero confronto con le scritture contabili senza un concreto accertamento quanto alla effettiva disponibilità dei beni non rinvenuti in capo all’imputata.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata riqualificazione della condotta distrattiva nella ipotesi di bancarotta semplice patrimoniale.
Alcun intento fraudolento è ravvisabile nella condotta della imputata che al più può essere connotata da incapacità e inettitudine professionale, circostanza quest’ultima che avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a qualificare diversamente la condotta quale ipotesi di bancarotta patrimoniale semplice.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata riqualificazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta documentale semplice.
Nella ricostruzione operata è stata contestata la bancarotta fraudolenta documentale nelle due forme: bancarotta documentale cd. generica in relazione all’anno 2016 e bancarotta documentale cd. specifica in relazione all’anno 2017.
Tuttavia, lamenta la difesa, la giurisprudenza di questa Corte ha delineato con chiarezza le caratteristiche delle due fattispecie e nel caso in esame non vi è prova
delle condotte contestate sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, con particolare riferimento al dolo specifico.
Dalle stesse dichiarazioni del curatore, che ha riferito della consegna di copiosa documentazione contabile ed amministrativa per l’anno 2016, emerge piuttosto che l’imputata non sia stata in grado di curare da sola la contabilità e non si è potuta rivolgere ad un commercialista per le difficoltà economiche in cui versava: da qui la dovuta riqualificazione in bancarotta patrimoniale semplice.
2.4. Con il quarto e quinto motivo la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’eccessività della pena e alla mancata concessione della circostanza attenuante della particolare tenuità.
A fronte di uno specifico motivo di appello la motivazione fornita dalla Corte di appello sull’insussistenza della tenuità del danno appare generica e lacunosa.
Quanto alla richiesta di rideterminazione della pena, la stessa è stata espressamente richiesta ma non vi è motivazione sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato
Il primo motivo è manifestamente infondato dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
1.1. La sentenza impugnata con motivazione in fatto immune da vizi (p.9 e ss.) ha ricostruito in termini chiari e sulla base delle risultanze documentali e testimoniali la condotta distrattiva della ricorrente.
Il patrimonio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE, comprensivo di avviamento, dipendenti e beni strumentali, è stato trasferito alla nuova impresa individuale costituita ‘RAGIONE_SOCIALE Bardi NOME‘, senza alcun corrispettivo.
La distrazione ha riguardato anche una parte rilevante della merce in magazzino; risultava, infatti, dalle scritture contabili regolarmente tenute sino all’anno 2015 un magazzino per un valore di circa 375.000,00 euro, merce che- in ragione dei successivi acquisti e delle successive vendite- doveva essere rinvenuta per un ammontare pari a 230.000,00 euro. Nulla invece è stato ritrovato.
1.2. La sentenza confuta analiticamente le censure già dedotte con l’atto di appello e in questa sede riproposte avuto riguardo:
-all’asserito modesto valore dei beni; in realtà molti altri beni risultanti dal libro cespiti non sono stati rinvenuti e consegnati alla curatela;
-al semplice ‘spostamento’ dei beni; anche in questo caso allo spostamento di sede conseguì una vera e propria trasformazione giuridica della forma societaria in impresa individuale;
-alla errata quantificazione della merce del magazzino; il calcolo effettuato dalla curatela si è basato sugli elementi offerti dalla stessa imputata e non contestati.
Il secondo motivo, relativo alla mancata derubricazione del reato in bancarotta semplice è generico non confrontandosi con le motivazioni della sentenza impugnata, che ha valorizzato gli elementi di fatto e dunque gli indici inequivocabilmente rivelatori della condotta fraudolenta, con ciò escludendo qualsivoglia condotta di semplice imprudenza in capo alla ricorrente.
3. Il terzo motivo è infondato.
Secondo questa Corte territoriale in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., richiedendo il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni. (tra le più recenti, Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175).
In continuità con tale impostazione, si è affermato che nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, la qualificazione della condotta come ‘specifica’ o ‘generica’ richiede un’analisi accurata delle scritture contabili e delle modalità della loro tenuta; il dolo specifico è necessario solo laddove la condotta sia diretta a procurare un ingiusto profitto o a recare pregiudizio ai creditori,
mentre il dolo generico è sufficiente qualora la fraudolenza sia intrinseca nella condotta materiale di alterazione (così la citata Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024).
Nel caso di specie correttamente la Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale cd. generica (p.10/11).
La sentenza impugnata ha quindi motivato come per la condotta tenuta, ovvero la irregolare tenuta della contabilità (cfr. pag.10, regolarmente tenuta nel 2015, parzialmente tenuta per il 2016 e non tenuta i 10 mesi del 2017), l’elemento soggettivo richiesto per ritenere configurabile il reato è il dolo generico e non quello specifico richiesto soltanto in caso di occultamento o distruzione della intera contabilità sociale al fine di recare pregiudizio ai creditori.
Ha correttamente argomentato quanto all’insussistenza della ipotesi di bancarotta documentale semplice e dell’elemento soggettivo della colpa richiamando sia la contemporanea distrazione degli elementi aziendali sia la condotta tenuta successivamente alla dichiarazione di fallimento.
A tal riguardo, convocata dal curatore fallimentare, COGNOME non riferì di avere trasferito i beni aziendali in altro luogo per proseguire l’attività aziendale sotto forma di impresa individuale, ma di averli stoccati presso l’abitazione della suocera e nel furgone della società fallita.
L’imputata è stata inoltre amministratrice di altre tre società e, avendo operato nel campo della piccola imprenditoria, era ben consapevole della importanza della regolare tenuta delle scritture contabili.
Generici risultano infine il quarto e il quinto motivo in punto di trattamento sanzionatorio e di mancata concessione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 219 l. f., non confrontandosi con le specifiche argomentazioni della sentenza impugnata (pag.12, par.5) quanto alla gravità della condotta, alla mancanza di attivo da poter ripartire tra i creditori, alla quantificazione di un debito pari a 400.000,00 euro a fronte di distrazioni operate per circa 250.000,00 euro.
La Corte territoriale ha quindi correttamente applicato il principio fissato da questa Corte secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, COGNOME Rv. 277658).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 26 giugno 2025