Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24083 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24083 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME il 25/03/1947
avverso la sentenza del 14/11/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del Procuratore generale, COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata deliberata il 14 novembre 2024 dalla Corte di appello di Napoli, che ha riformato in punto di trattamento sanzionatorio – concedendo le circostanze attenuanti generiche e riducendo la durata delle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fall. – la condanna di COGNOME per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, addebitatogli quale legale rappresentante dal marzo 2011 della .società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarata fallita dal Tribunale di Noia il 22 ottobre 2014.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso detta decisione, con il ministero del difensore di fiducia, che ha sviluppato un unico motivo, in cui lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla prova del coefficiente soggettivo necessario per configurare la bancarotta fraudolenta documentale specifica addebitatagli. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, non è possibile – si legge nel ricorso – evincere il dolo specifico dalla sola mancanza delle scritture contabili, ma occorre individuare altri indicatori dimostrativi del fatto che la sottrazione della documentazione fosse stata animata dalla volontà di danneggiare il ceto creditorio.
La Corte distrettuale non avrebbe considerato il basso grado di scolarizzazione dell’imputato – emerso nel procedimento a carico del coimputato – che gli aveva impedito di comprendere quali fossero le scritture contabili che gli dovevano essere consegnate sulla base del verbale sottoscritto e quale fosse il peso da attribuire alle rassicurazioni dell’amministratore uscente circa le condizioni della società della quale doveva assumere la rappresentanza. Il fatto che il ricorrente avesse sporto denunzia contro l’amministratore uscente NOME COGNOME doveva essere valutato al fine di comprendere se avesse veramente ricevuto le scritture contabili. Avere ritenuto provata la disponibilità della documentazione contabile sulla scorta del verbale di assemblea sottoscritto dall’imputato – prosegue il ricorso – sarebbe contraddittorio rispetto al ruolo di testa di legno che gli era stato riconosciuto. L’amministratore testa di legno, secondo la giurisprudenza di legittimità, deve avere almeno la generica consapevolezza dello stato delle scritture contabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato e va, pertanto, respinto.
Le ragioni di ricorso sono incentrate sul dolo della bancarotta ;fraudolenta documentale ritenuta dai Giudici di merito, il che impone di ricostruire, quali siano stati gli snodi decisori, anche al fine di focalizzare quale fosse il coefficiente soggettivo richiesto all’imputato, amministratore, poi liquidatore e poi di nuovo amministratore della fallita dall’8 marzo 2011 al 22 ottobre 2014, data del fallimento.
1.1. Pur nell’ambivalenza del capo di imputazione – ove si legge «al fine di trarne profitto e/o di recare pregiudizio ai creditori sottraeva, distruggeva o
comunque occultava in tutto o in parte i libri e le scritture contabili della fallita in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio della fallita e del movimento degli affari» la sentenza di primo grado aveva operato una precisa scelta di inquadramento della condotta dell’imputato. NOME COGNOME, infatti, era stato riconosciuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta specifica, per aver sottratto la documentazione della fallita, non fornendola al curatore benché istituita e pur essendo obbligato in tal senso. In questa direzione il Tribunale di Noia aveva valorizzato la mancata produzione di gran parte della documentazione, eccetto il libro delle adunanze assembleari parzialmente compilato fino all’8 marzo 2011 e fatte salve alcune stampe informatiche prive dei criteri di forma («meri fogli sciolti estratti dal computer» li definisce il Collegio di prime cure).
Il Tribunale, quindi, aveva reputato configurata la bancarotta ‘fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2) prima parte legge fll., ossia la bancarotta da sottrazione della scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari; come noto, si tratta di un’ipotesi autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650-01; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno e altro, Rv. 269904).
Di fronte a questa scelta ricostruttiva del Tribunale, l’appello non era particolarmente specifico sul punto della decisione riguardante il dolo della fattispecie, giacché sembra avere piuttosto insistito sul preteso ruolo di mera testa di legno del prevenuto e sul difetto di prova che questi avesse ricevuto le scritture contabili dai Marano (almeno le scritture diverse da quelle prive di valore legale prodotte al curatore). E tanto già costituisce un primo limite del ricorso che poi su quella doglianza di merito si è innestato, giacché, secondo Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 268823, «l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato». A questo riguardo, infatti, il Collegio ricorda che questa Corte può rilevare l’inammissibilità
dell’impugnazione di merito ora per allora, a prescindere dalle determinazioni del Giudice a quo, in virtù del principio generale secondo cui l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630 – 01; Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694 – 04; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359; Sez. 4, n. 16399 del 03/10/1990, COGNOME, Rv. 185996; Sez. 1, n. 3462 del 24/09/1987, COGNOME, Rv. 176912).
1.2. In disparte questo aspetto e riguardando da vicino la sentenza impugnata, quel che è certo è che la lettura unitaria delle sentenze di merito sulla classificazione della condotta bancarottiera e sul tema del dolo consente di ricavarne, pur nella parziale vaghezza della sentenza della Corte di appello sul punto, che anche quest’ultima abbia reputato sussistente la bancarotta fraudolenta documentale specifica, per avere l’imputato sottratto alla curatela le scritture contabili. Se così è, allora il fulcro dello scrutinio odierno è verificare s la Corte di appello abbia adeguatamente analizzato il tema del dolo specifico tipico della condotta – che è il tema su cui poi il ricorrente ha particolarmente insistito nell’impugnativa di legittimità, mutando parzialmente il fuoco delle censure rispetto all’appello – adeguatezza che, naturalmente, deve essere rapportata al grado di specificità dell’appello. I
Ebbene, la risposta all’interrogativo anzidetto deve essere positiva.
Quanto al versante soggettivo della condotta la decisione avverata, infatti, una volta richiamata la giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità dell’amministratore testa di legno rispetto alla bancarotta documentale, la Corte di merito ha rappresentato due dati, che rendono ragione – in termini non manifestamente illogici – del grado di coinvolgimento soggettivo del ricorrente e della spinta che poteva averlo animato. Da una parte, la sentenza impugnata attribuisce un peso all’andamento della società dal 2011, cioè proprio dall’anno in cui il ricorrente aveva fatto il suo ingresso in scena, a partire dal quale la fallita aveva sostanzialmente azzerato il suo fatturato, in controtendenza rispetto alle società collegate facenti capo ai Marano, continuando, però, a maturar obbligazioni legate all’acquisto di fattori della produzione; dall’altra, la distrettuale ha valorizzato il coinvolgimento di COGNOME anche in altre soci del “gruppo” Marano.
2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al ‘pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/05/2025.